Tinder, un’app di “scontri”
Vorrei dire che è successo per fare un esperimento sociologico, antropologico ma la verità è che in un momento di magra dovevo giocarmi anche questa carta. Una volta ho scaricato Tinder e l’ho anche usata per una ventina di giorni.
Per chi non la conoscesse – o più verosimilmente facesse finta di non conoscerla – Tinder è un’app che favorisce le conoscenze, insomma un’app di incontri. La scarichi, crei un profilo personale con foto annesse e informazioni più o meno facoltative, inserisci le preferenze ovvero cosa cerchi. Da qui apparirà un numero sconfinato di foto/profili in linea con le tue preferenze tra cui poter scegliere.
Croce se non è di tuo gradimento, cuore se invece gradisci. La situazione si sblocca quando anche l’altro gradisce, a quel punto scatta il match e può iniziare una conversazione. Facile, intuitivo ma attenti al dito con cui fate lo swipe che è un attimo che scartate Jake Gyllenhaal e vi trovate il match con Giancarlo Magalli.
Ma prima di scaricare Tinder avevo provato con qualcosa di più soft, si chiama Bumble. Avevo scelto quest’app perché a differenza delle altre ha un carattere più discreto. La discrezione sta nel fatto che qui solo le donne possono iniziare una chat. In principio ho pensato fosse perfetta, niente scocciature, avrei deciso solo io. Se non fosse per quella regola non scritta che mi guida da quando ho 13 anni: “Mai fare il primo passo a meno che davanti a te non ci sia Stefano Accorsi”. Ho cestinato Bumble dopo 48 ore, praticamente come nuovo.
Quindi mi butto su Tinder. D’altra parte so di gente che si è conosciuta lì, qualche coppia è andata ben oltre il letto ed è addirittura arrivata all’altare. E’ anche vero che la mia amica S. è stata lasciata da sola con un bicchiere di vino in mano al tavolo di un locale dal suo Tinder Date solo perché costui non era d’accordo su alcuni aspetti della professione di lei. Ma ok, questa è un’eccezione, non mi lascio scoraggiare.
Per quanto mi riguarda una dozzina di match e solo cinque conversazioni online. Di queste, due terminate quando ho realizzato che l’altro non avesse le benché minima idea della consecutio temporum, in confronto Nina Moric la padroneggia con disinvoltura.
Un altro match coinvolgeva un tipo davvero basico, uno che di solito rimorchia in discoteca ma con il lockdown ha dovuto ripiegare sul virtuale. Lui, dopo qualche giorno, tira fuori due argomenti imbarazzanti. Uno riguarda una pratica sessuale. L’altro è l’orientamento politico.
Lui è di destra, TANTO. Nessuno mi aveva mai messo così a disagio in vita mia. Mai più sentito.
Ok, ne restano altri due. I decisivi, quelli che mi hanno persuaso a chiudere il profilo, disinstallare l’app, disintegrare e poi bruciare il telefono per essere sicuri di essere definitivamente fuori dalla community.
Il primo è uno a cui non so bene perché ho dato il like. Voi direte: le foto? Più che altro la curiosità di capire chi fosse davvero. Aveva dieci foto nel profilo e in ciascuna era così diverso che risultava impossibile farsi un’idea del suo aspetto. Cambi di look così veloci e radicali non li ho visti fare manco ad Arturo Brachetti.
Comunque iniziamo a sentirci, dopo un quarto d’ora abbiamo già smesso, per sempre. Lui era appena tornato a Milano dopo un lungo periodo in giro per il mondo, voleva conoscere gente nuova e ricominciare con leggerezza a mettere radici nella sua città. Io affronto la conversazione con quel pizzico di sarcasmo che pulsa nelle mie vene. In sostanza lui cercava Francesca Cipriani e ha trovato Daria Bignardi. Leggerezza, sì. Quindi succede che mi pianta, giustamente. Mi dice che ci sta provando a essere carino, a trovare un punto di incontro ma, temendo che, in un climax di aggressività, io arrivi a mandargli qualcuno a picchiarlo si congeda gentilmente.
Con l’ultimo va anche peggio. E’ un giornalista di una testata sportiva. E’ sveglio, ha anche una buona conoscenza della nostra lingua. Dopo un po’ non scrive più, comincia a mandarmi interminabili messaggi vocali. Mi rimprovera che io non faccia lo stesso, che non mi esponga come fa lui. Da qui è tutto un flusso di recriminazioni, lamentele, puntualizzazioni per tutto, su tutto. Decido di patteggiare per mettere fine a questo tormento, sono esausta.
E per me Tinder finisce qui. Di gente con cui litigare ne conosco già molta.