Il mondo lavorativo “post Covid”: smart working, si o no?
L’epidemia ha stravolto il nostro stile di vita e, inevitabilmente, anche l’approccio con il mondo del lavoro è cambiato.
Facendo la giornalista, per quanto mi riguarda, poco è cambiato. Da quando faccio questo lavoro non ho mai avuto una sede fissa: il mio ufficio è spesso il mio salotto, qualche volta la mia auto ed altre una sala che ospita eventi o, semplicemente, una panchina.
Ma tantissimi lavoratori, abituati ad un open space, ad un piccolo ufficio e a lavorare in orari stabiliti, sono stati costretti ad adeguarsi.
La crisi pandemica ha aperto nuovi scenari (o forse ne ha solo accelerati i tempi?) e ha obbligato molte aziende a ripiegare su questa moderna modalità di lavoro: in Italia quasi la metà delle aziende esistenti ha permesso ai propri dipendenti di lavorare da casa e, così, abbiamo iniziato a sentir parlare più frequentemente di “smart working”
Lo smart working è diventata una nuova frontiera del lavoro, viviamo in un’era digitalizzata e molti lavori possono essere svolti da qualsiasi angolo del mondo, l’importante è avere una buona connessione a internet!
Lo stop forzato ci ha fatto fermare e riflettere anche su questo tema: molti hanno scoperto il bisogno di stare a contatto con la natura e che è possibile farlo anche conciliando l’attività lavorativa.
Secondo Tito Boeri, ex presidente Inps, il 24% della forza lavoro nazionale può essere potenzialmente impiegata in smart working. Infatti, ancora oggi tante imprese continuano a far lavorare i propri dipendenti da casa, almeno fino a quando il virus non cesserà di circolare e, probabilmente, in futuro le aziende (pubbliche e private) spingeranno per adottare il lavoro da remoto anche per abbattere i costi.
“Una persona che lavora dovrebbe avere anche il tempo per ritemprarsi, stare con la famiglia, divertirsi, leggere, ascoltaremusica, praticare uno sport.
Quando un’attività non lascia spazio a uno svagosalutare, a un riposo riparatore, allora diventa una schiavitù.”
Papa Francesco
Effetti dello Smart Working
Studi recenti sullo smart working (fonte: Il Sole 24 Ore) hanno evidenziato che c’è un impatto positivo sulla parità di genere e fertilità. Inoltre in questi mesi si sono registrati risparmi economici ed energetici che stanno già convincendo sempre più aziende a favorire lo smart working.
In alcuni Paesi del nord Europa si favorisce il dipendente a svolgere le proprie mansioni da casa, in quanto gli imprenditori hanno constatato che si produce di più.
A favorire la produzione sarebbero diversi fattori: non si perde tempo per raggiungere l’ufficio, si evita il traffico e lo stress dei mezzi pubblici. Inoltre, avere a disposizione i propri spazi, gestire il tempo in autonomia, non dovendo necessariamente rispettare gli orari precisi, sarebbero dei grandi vantaggi anche per la produttività.
Altre ricerche, però, mettono in risalto che ci sono anche degli effetti negativi e questi vanno dall’impatto psicologico nel lavorare da soli, all’isolamento e alla mancanza di relazioni.
Ridare vita ai borghi
Ho appreso, attraverso un articolo pubblicato su “Il sole 24 ore”, che nel nostro amato Paese lo smart working potrebbe contribuire a rilanciare i borghi italiani, come?
In Italia il 72% degli oltre 8mila Comuni italiani conta oggi meno di 5mila abitanti e ben 2.381 Comuni, dei 5.383 piccoli centri a rischio, sono in avanzato stato di abbandono e i rimanenti sono spopolati. Si tratta di un patrimonio storico che può ritrovare vita grazie alle nuove tecnologie digitali, che consentono di vivere e lavorare in queste piccole realtà.
Lavorare, essere produttivi, lavorando con vista mare o montagna
non sarebbe un sogno?
O voi preferite andare in ufficio?