Odiatori seriali, il male nel (e del) web

Odiatori seriali, il male nel (e del) web

Odiatori seriali… sono in mezzo a noi…

Sono pochi i momenti di pausa che ognuno di noi riesce ormai a ritagliarsi durante la giornata e a volte, per staccare, mi ritrovo a scorrere il feed di Facebook con notizie che, per un motivo o per un altro, non andrei mai a cercare di mio.

Tuttavia a volte, spinta dalla mia innata curiosità giornalistica, apro i commenti di questi articoli e l’unica cosa che vedo trapelare è odio, indipendentemente dal tema trattato. In particolare mi ha fatto effetto un articolo su un’attrice molto attiva da bambina fino ai 20 anni e che oggi ha scelto un futuro diverso. Non so quanti abbiano letto effettivamente il pezzo, ma in calce alla preview era un piovere di commenti ‘malati’

ah ma a me non è mai piaciuta, 

è sempre stata brutta

era un’incapace

è sempre stata un’oca 

…e via discorrendo.. per rimanere gentili.

Stiamo parlando del classico pezzo freddo, più che altro di ricordi di un personaggio pubblico che oggi lo è solo in parte. Eppure l’odio serpeggia in maniera dilagante, perché sembra diventato l’unico modo di comunicare la nostra presenza nel mondo. Qui infatti non si tratta di opposte fazioni politiche o di contrapposizioni idealistiche, ma semplicemente della libertà di vomitare giudizi su questo o quello. Quasi per rendere pubblico il nostro male interiore.

Odiatori seriali, uno spazio sempre più ampio

Riflettevamo qualche giorno fa con il mio ex professore di Antropologia Culturale su come un film del 1983, Videodrome di Cronenberg, sia ancora maledettamente attuale e come nel suo (per me) essere anche splatter ci abbia preannunciato come i media avrebbero ‘avvelenato’ la nostra vita. 

Da quando infatti la tv è entrata nelle nostre case abbiamo avuto metodi di paragone molto più ampi del semplice villaggio/quartiere. Aspirazioni sempre più grandi che non sempre il tempo ha saputo mantenere nelle sue promesse. Ad un aumento complessivo del benessere, si è contrapposto per assurdo la creazione di un maggiore distanziamento sociale in cui si è persa buona parte della società. 

Perché in molti sono rimasti indietro, molti più di quelli che pensiamo e per svariati motivi, ma ad oggi in quel buco nero nessuno vuole più starci e non è possibile starci, perché tutto è visibile e deve esserlo. Quindi si creano storie, creiamo narrazioni spesso tossiche, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Il problema ora è riuscire a venirne a capo senza fare ‘la fine’ di Videodrome. Al di là infatti delle tematiche esplicite del film, legate più che altro all’estremizzazione del sesso (che qui viene usato come un mezzo per la visualizzazione di altri ‘vizi), i minuti finali mostrano il protagonista travolto da quello che era iniziato quasi come un gioco. Anche noi sembriamo ormai entrati in un vortice pericoloso e ad oggi, per come vanno le cose, appare difficile sovvertire l’andamento. L’unico appiglio è il ritorno alla cultura e alla creazione di senso, perché l’apparenza è febbrile e distrugge le certezze.

Ad Maiora

distantimaunite

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