Viaggi DiVini: I vini umbri
Ieri, nel nostro appuntamento settimanale con le bellezze d’Italia, vi ho portato in Umbria, eletta per destino a terra d’adozione. Quello è stato senza dubbio un excursus generale ed oggi vorrei concentrarmi sui vini umbri, oro nascosto di questa regione. Non sono diventata monotematica, ma complice è stato un appuntamento di qualche ora fa, che ora vorrei condividere con voi.
Prima d’addentrarmi in questa selva oscura due premesse: fino alla veneranda età di anni 24 non ho mai toccato una sola goccia di vino. Dopo i 24, e un viaggio fatto a Monaco di Baviera complice la Camera di Commercio di Verona che mi ha stordita con il suo Valpolicella, la mia vita non è stata più la stessa. Bevo meno e bevo meglio.
Il vino è stato decantato dai poeti antichi e dalle scritte di quartiere. Tuttavia in questi ultimi anni ha acquisito un fascino non indifferente, al di là dei circoli letterali. Oggi, se il calice chiama, siamo un po’ tutti sommelier, proprio come quando vestiamo i panni del ct della Nazionale, pronti a decretare l’ultimo cambio.
Senza voler arrivare a tanto, e sospinta dalla mia umile esperienza di giornalista errante, vi consiglio di aprire la vostra cantina anche ai vini umbri.
Vini umbri: l’altra metà della mela
Non amate il vino? Dalla montagna al lago la varietà dei paesaggi, ma soprattutto dei terreni vi farà incontrare l’amore della vostra vita. Un vino è come l’anima gemella, mi diceva stamane la sommelier che ho intervistato, e forse proprio grazie ad un viaggio in Umbria potrete cambiare il vostro punto di vista sul Nettare degli Dei.
Il gran fattaccio del Gamay del Trasimeno.
Vitigno a bacca rossa è stato introdotto sulle rive del Trasimeno nel XVI secolo. Nonostante abbia radici nella penisola iberica, grazie alla dominazione spagnola dell’epoca, il vitigno ha trovato pace sulle sponde del lago. Fino a qualche tempo fa si pensava erroneamente legato alla produzione omonima francese, della zona di Bordeaux, un ‘fattaccio’ ormai risolto con buona pace di storici e amanti del vino. In questa guerra di radici a vincere è stato pero’ il gusto autoctono, unico e particolare grazie al microclima del lago. Un vero peccato mortale perderlo.
Il rosé osé
Se i rossi sapranno inebriarvi da Montefalco in giù (ma anche in su o a est o ovest), non perdetevi i rosé. Da queste parti gli è stato dedicato anche un Festival nel mese di giugno. Quest’anno purtroppo bisognerà fare ammenda a causa covid, ma cogliete comunque l’occasione di un viaggio in queste lande per scoprire nuove varietà. Bisogna dare atto ai francesi che il rosé d’estate è un must.
Per questo primo assaggio è tutto, ora vado che il calice mi aspetta.
Ad maiora