Con la testa sott’acqua. Il mondo visto da chi nuota

Stare in acqua come sentirsi a casa. Un tenero abbraccio primordiale, un ritorno silenzioso a quando il mondo era ovattato e il battito più familiare era quello di un cuore materno.
Per un nuotatore vivere con la testa sott’acqua è come abitare un mondo parallelo, un regno dove il tempo si allunga e il corpo diventa un tutt’uno con il movimento. È la sensazione di scivolare senza peso, di essere padrone di un elemento che per gli altri è ostacolo. E che per lui invece è, appunto, casa.
È libertà pura, una danza perfetta tra potenza e leggerezza, tra controllo e abbandono.
Una vita dedicata al nuoto
Quando anni fa incontrai in vasca Cristina Chiuso in occasione di un’intervista televisiva non sapevo che quell’incontro mi avrebbe fatto scoprire un modo di vivere l’acqua completamente diverso da quello a cui ero stata abituata sin da piccola. Per me stare con la testa sott’acqua era, ed è ancora, un’esperienza sospesa tra istinto e incertezza. Il respiro un pensiero costante, il movimento più un tentativo di equilibrio che un gesto armonioso. Insomma so stare bene a galla più che saper nuotare.

Nel parlarmi del suo rapporto con l’acqua a Cristina, invece, brillavano gli occhi:
Non c’è un solo istante in cui non mi sia sentita un tutt’uno con il fluido. In acqua ho sempre avuto la sensazione di essere sempre e comunque nel posto giusto dove sentirmi libera di muovermi, esprimermi. Fuori dall’acqua, invece, ho spesso l’impressione di trovarmi in un ambiente ostile.
Così quando ha dato alle stampe il suo libro “Con la testa sott’acqua” (Add editore) ho pensato che non ci fosse titolo migliore e più appropriato per un lavoro firmato da quella campionessa così diversa da tutte quelle che avevo incontrato fino a quel momento.
Il perché mi fosse apparsa sin dal primo incrocio davanti a un microfono così speciale credo di poterlo spiegare facendo appello a una sua profonda differenza rispetto a tanti altri atleti, nuotatori e non.
Atleti che, solitamente, sognano già a otto, nove anni, di vincere le Olimpiadi. Obiettivo da conquistare a tutti i costi per potersi sentire davvero realizzati.
Per me, mi spiegò Cristina, il nuoto era un’attività da vivere quotidianamente e non un mezzo per raggiungere un obiettivo futuro. Un luogo dove stavo bene, un modo per stare con le amiche e conoscere altre persone, c’era molta più convivialità che altro.
Possibile, mi dissi? Oggi, a distanza di anni, leggendo con interesse e curiosità le parole contenute nella sua prima avventura editoriale, ho compreso appieno il significato di quelle dichiarazioni.
Lo spirito di Cristina è stato sempre competitivo. E anche tanto. Ma ciò che la spingeva ogni giorno ad entrare in vasca era anche altro.
Da San Donà di Piave, la cittadina dove è nata, cresciuta e ha mosso le sue prime bracciate, Cristina è partita, un po’ inconsapevole, per un’avventura che avrebbe fatto di lei una delle campionesse più longeve di sempre. Una lunghissima carriera grazie alla quale è stata definita la “Dara Torres italiana” (ndr: Torres, americana, a 41 anni ha gareggiato alle Olimpiadi di Pechino, diventando la nuotatrice più anziana a rappresentare gli Stati Uniti in un’Olimpiade e conquistando, persino, tre medaglie d’argento).
Ho avuto la fortuna, racconta Cristina, di fare di ciò amavo una professione. L’essere cresciuta in una realtà che poneva poca attenzione alla competizione, senza toglierle valore, è il fattore principale che mi ha permesso di avere una carriera lunghissima, contribuendo in modo fondamentale a non associare il piacere di nuotare ai risultati che ottenevo. Ho avuto l’opportunità di poter dosare l’impegno con il crescere degli anni e degli obiettivi. Non ho mai fatto, per intenderci, allenamenti alle 5 del mattino prima di andare a scuola.
A 16 anni era in nazionale assoluta.
La sua prima medaglia a livello italiano fu nei 50 stile libero. Con il passare del tempo, “fare i 50” sarebbe diventato per lei il modo in cui affrontare la vita.
“Sbagliare”, confessa tra le pagine del suo libro, “mi mette in difficoltà”.
Avere tutto sotto controllo per Cristina è una condizione indispensabile. “Cambiare direzione può dimostrarsi un buon approccio nella vita, ma non è il mio”. Non a caso le è stato attribuito l’appellativo di “maestrina”.
Diciamo che sono molto precisa e pignola, ammette, e ci tengo a mettere sempre i puntini sulle i.
Una ricerca della perfezione insita nella genesi stessa dei velocisti, degli sprinter puri.
Nuoto e dintorni
Con la testa sott’acqua è un viaggio nella tribù del nuoto, che intreccia autobiografia, tecnica e riflessioni sull’agonismo. L’autrice, già capitana della nazionale italiana e pluriprimatista, esplora il rapporto intimo e antico che abbiamo con l’acqua. Rifugio e al tempo stesso fonte di solitudine.
Il titolo esprime la dualità di significati di cui è intrisa la simbologia legata all’acqua: da una parte fonte di rinascita e di vita, dall’altra forza distruttrice dove albergano oscuri mostri.
Il libro affronta tematiche che vanno dalla storia del nuoto femminile, alle sfide dell’agonismo passando per l’equilibrio tra corpo e mente. Cristina Chiuso condivide non solo aneddoti personali ma anche vicissitudini ed esperienze di altri atleti, offrendo così una visione completa di uno sport che è anche modo di vivere e vedere il mondo.
L’autrice analizza infatti come il nuoto possa influenzare la percezione di sé e del proprio corpo, toccando aspetti psicologici e culturali. Elementi che rendono Con la testa sott’acqua una lettura non solo per gli appassionati di nuoto ma anche per chi è interessato alle dinamiche interne dello sport e alla crescita personale attraverso l’attività fisica.
“E’ il valore dell’ultimo posto a dare significato al primo”
con la testa sott’acqua – cristina chiuso
Fuori e dentro l’acqua
L’acqua è per Cristina elemento naturale, un mondo attorno al quale per molti anni si sono ripetuti riti, abitudini, scaramanzie, sedute di allenamenti.
La doppia cuffia, il costume sempre nuovo, le unghie curate, lunghe e smaltate, alcuni dei suoi vezzi.
In ogni gara di nuoto esiste un prima e un dopo, spiega Cristina. Un momento in cui sei fuori dall’acqua e uno in cui ti immergi e tutto improvvisamente cambia.
In lei, come in altri campioni di nuoto, approccio alla vita reale e modo di stare in vasca si sono compenetrati. Dall’ascolto delle percezioni, al non affrontare gli eventi imparando a volte semplicemente a “scivolare” come dopo una partenza e solo dopo fare il primo, fondamentale movimento.
Non a caso Cristina Chiuso, nel suo libro, pone grande attenzione all’aspetto psicologico, citando grandissimi campioni che nel corso delle loro carriere hanno dovuto fare i conti con il complesso meccanismo di gestire le proprie e le altrui aspettative.
L’oro olimpico è la cosa più fredda in assoluto da indossare. Sembra calda perché è il raggiungimento di un obiettivo, ma a quale prezzo?
tratto da “Con la testa sott’acqua” di cristina chiuso
Il nuoto è uno degli sport che crea maggior pressione sugli atleti. Come in altre discipline simili, non c’è spazio per rimediare a un errore. È uno sport che accende i riflettori sui suoi protagonisti e sulle loro prestazioni solo una volta ogni quattro anni e nel mezzo i riflettori si spengono. Il nuotatore è un eroe solitario che ha nella lotta contro il tempo più che nella lotta con gli avversari il suo fondamento e la sua ragion d’essere. Da qui il tema, delicato, della salute mentale, che accomuna tanti grandi campioni.
La vittoria è solo un istante per lo più difficile da condividere, può anzi aprire un solco tra il campione e gli altri. Ma il punto è nella differenza tra scelte e sacrifici. L’atleta che compie sacrifici in nome di una vittoria pagherà sempre un prezzo troppo alto. L’atleta che sceglie di allenarsi per il piacere di farlo ogni giorno, perché è la sua passione, non porta invece alcun peso, anzi vive un’avventura impagabile al di là di ogni vittoria. Io, per esempio, anche se certo non mi sarebbe dispiaciuto lasciare un segno nella storia dello sport, ho spesso nuotato soltanto per fare una cosa che mi rendeva felice.
Oggi posso dire che i record, le medaglie, le Olimpiadi sono stati più una conseguenza che un vero e proprio obiettivo.
cristina chiuso
Il nuoto come dono, quindi, e non come obbligo, come fece ben intuire un giorno con una sua dichiarazione Michael Phelps: “Vincere tante medaglie non ha reso la mia vita migliore, nuotare sì”.
Le donne nel nuoto
Cenni di storia del nuoto si alternano nel libro a riflessioni profonde. Un intero capitolo è dedicato al ruolo che le donne si sono ritagliate passo dopo passo, ostacolo dopo ostacolo, alla ricerca di una parità di genere difficoltosamente raggiunta e che ha visto Cristina impegnata in prima fila nella battaglia per una maggiore considerazione dell’universo femminile in acqua. Celebre il suo sfogo davanti alla stampa, preludio di un lungo percorso che, dopo anni, alle recenti Olimpiadi di Parigi, ha visto finalmente il CIO prodigarsi per un cambiamento di fatto anche in termini di immagini e di linguaggio. I Giochi francesi sono stati i primi con lo stesso numero di partecipanti al femminile e al maschile, sono state fornite ai media delle linee guida per una corretta ripresa televisiva dell’attività delle atlete e gli operatori sono stati monitorati affinché le direttive fossero rispettate. Un cambio di guardia necessario.
In generale nello sport, riflette Cristina, ma anche nella vita di tutti i giorni siamo ancora lontane dal poter parlare di parità di genere. Il fatto che nello sport le donne dirigenti e allenatrici siano ancora una minima percentuale è solo uno dei tanti esempi che potrei fare, senza considerare temi complessi come le metodologie di allenamento, il rapporto che le donne stesse hanno con lo sport o la visibilità sui media.
La vita fuori dall’acqua
Cristina Chiuso aveva 36 anni quando ha dato l’addio ufficiale alle competizioni. Un passaggio non facile. Per lei, così come per la maggior parte di atleti. Sensazioni che nel suo libro Cristina descrive così:
Senza la mia routine quotidiana fatta di allenamenti in vasca e fuori dall’acqua, senza la certezza di un cronometro che divideva in modo oggettivo le vittorie dai fallimenti, senza la mia amata linea nera, mi sentivo persa.
Cristina si sentiva improvvisamente in pensione, non si riconosceva più nella sua immagine riflessa allo specchio, seppur si fosse preparata al meglio a quel momento: gli studi, la vita personale e un’attività che le permettesse di rimanere all’interno del mondo sportivo. Senza il nuoto, però, si è sentita come privata della sua identità. Una nostalgia che permeava mente e corpo, strappati all’ambiente al quale erano sempre appartenuti. Una sorta di mal d’Africa superato solo grazie alla pratica quotidiana dello Yoga.
Mi piace considerare il nuoto come una meditazione in movimento. C’è il controllo del respiro, la consapevolezza del corpo, la ripetizione del movimento. C’è il fluire dell’energia nel corpo tra forza, mobilità, equilibrio e c’è l’atto meditativo che in realtà è per lo più inconsapevole. E lo stato di pace che raggiungi.
Il nuoto rimane la sua grande famiglia. Oltre che lo stile di vita con cui affronta le sfide quotidiane: “ogni giorno, nella testa, salgo sul blocchetto per fare i 50 stile libero”.
Le emozioni e le avventure che vivi nuotando, mi spiega Cristina, sono così vere e intense che i legami che si formano hanno per forza di cose la stessa intensità. C’è un senso di comunità e di condivisione che purtroppo in molti altri ambienti è andato perduto. Ma chiunque abbia nuotato può ritrovarsi nelle sensazioni che descrivo, proprio come in una grande famiglia.
Perché, anche se non nuota più, Cristina è e sarà sempre una nuotatrice. Non in mare però, sia chiaro:
Adoro il mare. Ma con l’oscurità degli abissi e con la forza della natura di cui bisogna avere rispetto ho davvero poca confidenza!
Oggi Cristina ha cercato altrove la sfida, la disciplina, il senso del qui e ora, la leggerezza del corpo. Continua a insegnare a nuotare. Ama raccontare il nuoto. Ma non nuota più. Ha paura di rompere quel faticoso equilibrio trovato dopo il ritiro dalle competizioni. “Con la testa sott’acqua” ci porta in piscina con lei. Dalla corsia di fianco la vediamo ridere sott’acqua, come quando era piccola. Come quando tutto è iniziato.
Lo sport è molto più di una vittoria. È un viaggio, è inseguire un sogno anche se irrealizzabile, provarci comunque e dare lo stesso il cento per cento ogni giorno, in ogni allenamento, per il solo piacere di farlo. Per vedere quanto il nostro corpo e la nostra mente siano incredibili.
cristina Chiuso
#CaparbiamenteSognatrice
Qui il racconto del mondo del nuoto visto dalla campionessa Federica Pellegrini