La domanda che giustifica la violenza: com’eri vestita?
Una installazione itinerante per sensibilizzare contro la violenza sulle donne. Non riesco a chiamarla mostra. Non riesco ad associarla ad una forma d’arte. So solo che entrando in quella sala adibita per l’esposizione, vengo colta dall’angoscia, dal malessere, dalla sofferenza e dalla rabbia. Tutte le sensazioni che credo abbiano provato quelle donne, vittime di violenza.
Mi trovo nella Pescheria Vecchia, ad Este (PD). “Com’eri vestita?” è il progetto itinerante realizzato dal Centro Antiviolenza Cerchi d’Acqua e presentata per la prima volta nel marzo 2018, ha una nuova tappa ad Este dal 2 al 13 marzo 2023. L’evento, è stato in promosso dal Comune di Este, in collaborazione con il Centro Veneto Progetti Donna.
Ho la sensazione di udire l’eco di voci diverse, anche inaspettate, che in ogni occasione hanno posto la domanda che giustifica la violenza: com’eri vestita?
Ed è proprio una domanda il titolo di questa collezione di storie di donne. Donne sopraffatte mentre erano solo intente a “vivere”; impegnate a svolgere le loro attività quotidiane, come lavorare, badare ai propri figli o studiare. O semplicemente tradite, tra le proprie mura domestiche, da uomini che avevano forse giurato di amarle e proteggerle…
Appesi alle pareti vedo dei jeans, delle camicie, tute di pile, pigiami larghi ed ingombranti, un tailleur, un grembiulino delle scuole elementari, un costumino rosa… un altro colpo al cuore…
Infatti, purtroppo, ad essere tradite e sopraffatte non sono solo donne adulte e mature, ma anche adolescenti e bambine di diverse età. E continuo a provare un profondo dispiacere mentre attraverso la sala e leggo una ad una, le testimonianze anche scritte. Mentre mi rendo conto che quella domanda “Com’eri vestita?” è davvero inutile.
Oltre agli abiti indossati nel momento della violenza, ogni testimone ha lasciato una dichiarazione o ha raccontato sfumature inaspettate degli spiacevoli episodi. Mi ha colpito molto la storia di una ragazza appartenente ad una cosiddetta “buona famiglia”, spinta dagli ignari genitori tra le braccia del carnefice. Sono rimasta colpita dalle frasi di una bambina incapace di sottrarsi alle pressioni di uno zio che abusava ripetutamente di lei. Ma vale la pena soffermarsi tu tutte le testimonianze delle sopravvissute alla violenza.
Di proposito non pongo l’accento sulla tipologia di violenza, perché non si può dire sia solo fisica, sessuale. Sono cicatrici della psiche e dell’anima.
Le voci e le esperienze di queste donne non vogliono solo attirare l’attenzione sul tema, ma si propongono di scardinare quelle idee sbagliate che purtroppo dilagano presso l’opinione pubblica. Sappiamo in quanti casi la domanda “Com’eri vestita?” ha una accezione accusatoria, come a dire che se una donna resta vittima di un abuso se lo sia un po’ cercato.