Comunicazione per scelta: intervista a Alex Moscetta
“Che giri fanno due vite?”
Non ce ne voglia Marco Mengoni se prenderemo in prestito la frase centrale del brano che lo ha portato alla vittoria nell’ultimo Festival di San Remo… ma fa proprio al caso della storia di Alex Moscetta.
Senza fare troppi giri di parole, ma lasciandovi la possibilità di leggere le sue emozioni, raccontiamo come un uomo, scoprendo che il suo lavoro da impiegato non avrebbe soddisfatto la sua necessità di sentirsi vivo, lascia la certezza per l’incertezza.
Alex Moscetta sceglie di dare priorità alla sua attività di volontario per la Comunità di Sant’Egidio. È da volontario che poi passa “naturalmente” ad occuparsi delle Relazioni e Comunicazione della stessa Comunità di Sant’Egidio. Sente che è ciò che più gli riesce, che più lo fa sentire vivo, che più gli da la sensazione di essere concretamente su questa terra.
Cosa ha significato per te scoprire che il lavoro da impiegato non sarebbe bastato a soddisfare la tua esigenza di avere un impatto sulla realtà, cosa che ti permette la tua attività di Comunicazione e Relazioni pubbliche in Sant’Egidio?
Sant’Egidio per me è la vita da quasi 30 anni. Prima i bambini delle periferie, poi il mondo dei senza dimora, l’accoglienza dei rifugiati e i progetti all’estero in Africa, in Grecia e a Cipro nei campi profughi. Sempre più ho visto l’importanza e la passione di comunicare e creare legami con le relazioni pubbliche. Caratteristiche molto difficili da vivere nel lavoro in banca. Ma non basta la passione e per questo ho deciso di studiare per prendere una seconda laurea, fare corsi specifici per affinare le capacità comunicative e nella creazione di ponti e network.
Dalla passione alla formazione: quanto è importante per te studiare e approfondire le tecniche di comunicazione?
Nella vita ho compreso il valore della cultura, dell’ascolto e dello studio. In fondo la vita può essere – e a mio avviso è una scelta vincente – una continua formazione. Dedicare una parte della giornata alla lettura, all’approfondimento e aumentare le competenze nella comunicazione è per me fonte di ispirazione e impegno. Inoltre, la mia vita con la Comunità di Sant’Egidio mi ha insegnato che bisogna conoscere il mondo, sia quello più vicino nella vita quotidiana ma anche a livello globale.
Quali sono le prospettive per te e Sant’Egidio?
Festeggiamo in questo periodo i 55 anni della nascita della Comunità di Sant’Egidio grazie al sogno e alla visione di Andrea Riccardi. Le prospettive allora sono quelle di vivere le 3P di Sant’Egidio: Preghiera, Poveri e Pace come definite da Papa Francesco. Essere una realtà di pacificatori, di amici dei poveri, di persone che vivono la responsabilità di rendere più umane le nostre società. Personalmente questo tempo di guerra in Ucraina, di aumento della povertà in Italia è una domanda profonda per non rassegnarsi, ma lottare per trovare tanti compagni di strada nella solidarietà.
Sant’Egidio in prima linea per il terremoto in Turchia e Siria vuoi raccontarci in che modo e perché?
Da alcuni anni i corridoi umanitari che Sant’Egidio organizza dal Libano per i profughi siriani ci hanno permesso di conoscere e accogliere tanti siriani. Loro stessi hanno persone familiari e amici e ci hanno chiesto di aiutare la loro terra. I nostri contatti con le diverse comunità cristiane in Siria ci hanno permesso sin da subito di attivare la nostra rete di aiuti e di organizzare raccolte da destinare all’aiuto di tante persone già colpite da una guerra terribile che dura da oltre 10 anni. Inoltre, siamo felici che sia stato accolto l’appello a revocare l’embargo. Questa tragedia ci dimostra come nel mondo ci sia bisogno di più pace, di attenzione ai più poveri e di tantissima solidarietà verso i paesi più fragili.