Tutti abbiamo un padre, i più fortunati hanno il papà
Mamma e papà, a ognuno la sua parte. La paternità, il 19 marzo e il politicamente corretto. Una festa senza polemiche da parte dei papà. Senza diritti rivendicati, né prese di posizione. Priva di discorsi in parlamento oppure manifestazioni in piazza. Per i papà nulla di tutto questo. Ci sono invece la dolcezza dei bignè di San Giuseppe, il sorriso dei bambini e la tenerezza dei cuori che si sciolgono. Una festa particolare per una figura speciale.
Si festeggia ovunque nel mondo, la festa del papà, ma in date diverse. In Italia e in alcuni paesi di tradizione cattolica, come Spagna e Portogallo, cade sempre il 19 marzo, per ragioni che rimandano alle origini religiose dell’evento.
Il 19 marzo è infatti il giorno di San Giuseppe, padre “adottivo” di Gesù e come tale considerato dalla Chiesa il simbolo della paternità.
Quello che di specifico ha il 19 marzo, balza subito agli occhi.
Ad ogni festa c’è sempre qualcuno che si lamenta, reclamando ed esigendo benefici e riconoscimenti.
A San Valentino, oltre a fiori e cioccolatini, escono fuori battutine su tradimenti e falsità.
L’8 marzo le donne non si fermano ai diritti ma esigono, spesso con cattiveria, desideri e volontà.
Alla festa della Mamma, le mamme rivendicano il loro status che vale 365 giorni l’anno.
Insomma… proteste, lotte, puntini sulle i, toni alti e visi ingrugniti.
L’unica categoria che accetta gli auguri con il sorriso, senza chiedere nulla in più, è quella dei papà, a cui importa solo che i figli rivolgano loro un pensiero e un abbraccio.
In questo senso è la festa più silenziosa e delicata. Quella che non ha bisogno di clamore per essere uno dei giorni più importanti dell’anno.
Le polemiche semmai arrivano dall’esterno. Con scuole dell’infanzia dove non si celebra la festa del papà, per una forma di rispetto alle coppie dello stesso sesso, formate da due donne o da due uomini. E discussioni sull’opportunità di eliminare la ricorrenza, stretta tra le mimose della festa della donna e le prime uova di Pasqua.
A loro, ai papà, non interessa nulla. Non si fanno sviare da discussioni che niente hanno a che fare con il bene immenso.
A loro basta stringere la mano delle proprie figlie e dei propri figli.
Negli ultimi cinquant’anni la famiglia è cambiata molto rapidamente, rispetto a quanto successo nei secoli precedenti.
Ed è stato dimostrato che un papà porta un contributo unico, al lavoro di genitore, che nessun altro può fornire.
Papà è colui che deve giocare a pallone, proprio quando ha deciso di sedersi sul divano. E’ chi dorme due ore a notte, tenuto sveglio dai pianti e dai problemi. Oppure è il contorsionista che cerca di vedere la partita, mentre sua figlia sta improvvisando il balletto più strepitoso della storia della danza.
Papà è forse l’essere più immaturo in famiglia, a cui piace ancora giocare e che combina guai. Che compra modellini di aerei, trenini e i Lego, con la scusa di regalarli ai figli quando in realtà sarà il primo a giocarci. E’ chi ti regala un pallone, che ti porta allo stadio e ti trasmette una passione.
Per questo è così divertente stare con papà.
Però essere papà richiede impegno. E non tutti ne sono capaci.
La mamma ha un vantaggio indiscutibile. Nove intensi mesi di contatto stretto, fisico e di cuore.
La gravidanza del papà invece è una gravidanza mentale, attuata attraverso il corpo di un altro. Ed è per questo motivo che la psicoanalisi sostiene che ogni padre, anche quello biologico, deve sempre “adottare” il proprio figlio. E qui ritorna la figura portentosa di San Giuseppe e il suo esempio di paternità.
D’altronde diventare padre è diverso da saper fare il papà, che significa sentirsi parte di un progetto di famiglia e investire tempo, premura ed emozioni forti.
Per questo non tutti gli uomini ne sono all’altezza. Quelli che ce la fanno sono un vero dono. Per i figli.
E ce ne sono tanti di papà così. Magari un po’ sgualciti, distratti, pigri e infantili, ma ci sono. Anche quando non sembra, loro ci sono sempre. Perché sono i papà.
E sì, è vero la mamma è sempre la mamma. E non è per nulla in discussione la sua figura. Tantomeno ho intenzione di provocare proteste fuori luogo sui ruoli genitoriali.
E’ questo solo un omaggio e un doveroso riconoscimento a quell’essere speciale, che non si limita a procreare. Che non porta in grembo una vita ma che sa creare un legame ineguagliabile. Che sa crescere con affetto e decisione, dire di no quando è necessario, porre poche regole essenziali e sa anche rimproverare. Sempre comunque pronto all’accoglienza e al perdono. Una persona, povera o ricca, giovane o anziana, che sa essere un punto di riferimento insostituibile nella crescita di un figlio e di una figlia.
Essere papà è un universo a parte.
E’ un viaggio meraviglioso.
Che verrà ricordato con la mente e con il cuore.
Dedicato a tutti i papà, quelli che ci sono, ci sono stati e ci saranno.
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