Cara Gemma
Una donna. Moglie e madre. Ostilità politica. Beni confiscati. La fuga, incinta. Una malsana palude per rifugio. Un Trecento feroce. Un’epoca illuminata e splendente. Castelli, fede e scomuniche. Sposa per amore. Vedova bianca a trent’anni. Mamma di quattro figli. Firenze, duelli e fazioni. Una rivale idealizzata e angelicata. Lei vera, di carne e sangue. L’altra di rarefatta bellezza. Lui sospettoso, spigoloso e ambizioso, un sognatore esaltato divenuto leggenda. Lei rimasta nell’ombra. Un matrimonio come tanti. La presenza ingombrante dell’altra, defunta ma viva nella mente del marito. Un triangolo insolito. Dante, storicamente Sommo. Beatrice, immortale nella storia. Gemma, di importanza storica.
Donna innamorata del proprio uomo, consorte devota e madre dei suoi figli. Gemma Donati è la donna di cui Dante non scrisse mai.
Di lei non ci sono immagini certe, solo qualche breve cenno. Che comunque fanno intendere che fosse una ragazza avvenente.
Gemma si innamora di un ragazzo di 24-25 anni, diverso esteticamente da come ci è stato tramandato. Il Dante di Gemma è lontano dall’immagine del volto magro, glabro, ingrugnato e accusatore. Ammettiamolo: abbastanza antipatico al primo sguardo.
Lui di certo non era il miglior partito su piazza. Non era ricco ed era privo di potere politico. E per di più era un poeta. Però il mio Dante, quello che ho conosciuto e voluto sposare, era un giovane affascinante. Occhi grandi, mascella volitiva, barba e capelli neri e crespi. Con quello sguardo malinconico e pensoso. Era il mio bel tenebroso.
Dante e Gemma. Il loro è un matrimonio combinato. Eppure quella giovane di buona famiglia desidera sul serio prendere per marito proprio quel poeta, che ha così poca voglia di lavorare.
Duecento fiorini è la dote di Gemma per andare in sposa al Sommo Poeta. Gli Alighieri non hanno fortune economiche e sociali. Il nome dei Donati invece è un bel biglietto da visita. La coppia ha quattro figli: Giovanni, Iacopo, Pietro e Antonia, che prende i voti e diventa suora con il nome di suor Beatrice.
Tanto per mettere il dito nella piaga: Beatrice.
Eravamo vicini di casa, non solo in città ma anche in campagna. Lui era il ragazzo della porta accanto, ci incontravamo spesso. Purtroppo eravamo vicini anche dei Portinari, ossia di Bice/Beatrice. Io però ho dato alla cosa il peso che meritava e non mi sono mai arresa, nemmeno davanti all’infatuazione di Dante. L’ho inseguito in ogni dove, voi oggi direste “stalkerato”. Lo pedinavo quando andava in Chiesa oppure agli avvenimenti mondani.
Dopo tanti sguardi finalmente ci trovammo faccia a faccia, a conversare. Devo dire grazie alla falconeria. Fu in uno di quegli incontri che tra noi nacque una certa sintonia.
La pratica della Falconeria in quegli anni è molto apprezzata e praticata anche dalle donne. Dante ha fama di essere un grande falconiere.
Ho dovuto lavorare molto ai fianchi per creare un certo rapporto tra noi, perché nella testa di lui volteggiava Beatrice. Però sapevo che si trattava solo di fantasia. Tra loro non c’è mai stato nulla. Nella realtà c’ero io e solo io. A complicare la cosa purtroppo arrivò la morte di Bice. E la relazione tra Dante e me, che avevo così faticosamente messo in piedi, si interruppe. Di botto. Dovete capirlo, povero. Era sconvolto. Ha addirittura pensato seriamente di farsi frate francescano. E io non mi sono stancata di combattere per averlo, ancora una volta. Per fortuna mi ha aiutata il suo grande amico Guido Cavalcanti.
Dante, come ben sappiamo, non diventa frate. In realtà uno come lui, lo avrei visto male da francescano.
Comunque, scampato anche questo pericolo, Gemma lo sposa. Per stare con lui nella buona e nella cattiva sorte. La seconda soprattutto.
Confidando che ogni cosa si sarebbe sistemata.
Tutto andrà per il verso giusto. No donna, non piangere.
No Woman No Cry – Bob Marley
Questa giovane fiorentina ha una tempra incredibile, con un carattere affatto remissivo e non si lascia spaventare. Neanche quando suo marito si trova sul fronte sbagliato. Quando l’ostilità politica si stringe intorno alla famiglia del nemico Alighieri. Gemma affronta il lungo esilio del coniuge. Gestisce le difficoltà economiche. Si dimostra donna capace e pratica. Si vede confiscare tutti i beni. E’ costretta a fuggire, incinta, dalla città. E si rifugia con i ragazzi in una malsana palude.
Beh non ero certo una sprovveduta. Avevo studiato. Sapevo leggere e scrivere bene, non me la cavavo benissimo col latino ma lì mi aiutavano i miei figli. Conoscevo le regole per stare in società, sapevo come comportarmi. Da buona donna toscana avevo uno spirito vivace e una piacevole conversazione.
E proprio grazie alle sue doti e conoscenze riesce a trattare col notaio, per la sua dote. Ottiene così il grano necessario a sfamare la famiglia. E convince suo padre a riaffittare la casa, che le era stata espropriata.
La famiglia Donati non si tira indietro se c’è da aiutare Gemma, a quanto pare.
Per fortuna nella tragedia e a ogni svolta del destino mi è stato sempre accanto mio cugino, Corso Donati. Lui era davvero bello. E io parecchio invidiata. Era biondo, alto, splendente come un san Michele. Un po’ rude e seduttore ma tanto protettivo e leale. Non pensate male però. Io l’ho sempre considerato un amico e malgrado le sue insistenze l’ho respinto ogni volta. Però lo ammetto, bello era bello.
Malgrado l’indiscutibile fascino di Corso Donati, Gemma non cede. Anche se a distanza, si sente moglie. E come tale incoraggia e comprende suo marito.
Non vacilla nemmeno davanti all’orgoglio senza misura di Dante. Che rifiuta di fare ammenda, rinunciando dunque alla possibilità di tornare a Firenze.
Gemma non esita dinanzi a Beatrice. Non barcolla di fronte ai vari tradimenti. E’ senza eccezione accanto a Dante. Forte nella sventura e artefice delle sue fortune. Costantemente dalla sua parte.
Non ho vissuto di certo un’esistenza noiosa.
Irremovibile e fiera di essere la donna del suo poeta.
Sfortunatamente il tempo ha reso invisibile Gemma. Lei che è stata carne e sangue, intelligenza e dedizione.
Ce la restituisce nella sua grandezza di donna il romanzo La moglie di Dante, scritto da Marina Marazza.
Ho incontrato Marina ad una presentazione del libro.
Sono rimasta affascinata e stregata. Per il suo modo di raccontare la storia, e questa storia in particolare. Per la sua voce vibrante, nel rivelare le ricerche fatte e i documenti notarili ritrovati. E per l’emozione, che traspariva ad ogni parola, mentre narrava una vicenda offuscata da tutti. Episodi fondamentali per i protagonisti ma che riguardano anche tutti noi.
Coinvolgimento, ardore, ironia. Qualche insegnante dovrebbe prendere esempio, per far appassionare gli studenti.
Marina Marazza, con entusiasmo e partecipazione, restituisce vita a Gemma. Le dona tridimensionalità. E così la moglie di Dante da invisibile, sotto la lente d’ingrandimento della rilettura artistica, diventa finalmente la protagonista e si solleva a ruolo di eroina. Le sue vicende diventano la trama di una fiction dei tempi moderni.
Facendo occupare d’altro canto a Beatrice il posto che le compete. Quello del fantasma.
La storia è un romanziere perfetto. Raccontare di Gemma è stato come mettere insieme i pezzi di un puzzle. E lì dove la tessera era mancante, perché non si trovava traccia nei documenti o nelle testimonianze, sono intervenuta io con la fantasia. Sempre però basandomi sulla realtà storica del periodo. Ad esempio ho fatto coincidere l’inizio del rapporto tra Dante e Gemma con la falconeria, pratica molto in uso e a cui anche le donne si dedicavano. Era un momento quello altamente probabile, per l’inizio della loro intesa.
Di Gemma Donati sapevamo molto poco. Quasi nulla, a parte il fatto che crebbe i figli avuti da Dante durante il suo esilio e che era ancora viva all’epoca della morte dell’Alighieri, come dimostra il reclamo presso le autorità fiorentine per riavere i beni confiscati al marito e la sua dote.
Merito di Marina Marazza l’averla potuta conoscere meglio. E comprendere che non è stata affatto una figura marginale nell’esistenza di Dante.
Se è vero il detto che “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”, allora Gemma contribuisce a rendere più alta la statura umana, e non poetica, di Durante Alighieri, conosciuto come Dante.
Quando racconto delle donne nei miei libri, tendo a non mettere mai niente di me. Almeno ci provo, perché poi accade che nello scrivere, nel ricostruire, ritrovo caratteristiche condivise e trasmesse, perché noi siamo in quanto prima ci sono state loro. E quindi inevitabilmente forse ci finisce anche qualche pezzetto di me. Filoni di storia e emozioni ancestrali continuano e si ripetono. Compare così sempre quella resilienza, termine di cui tanto si abusa, che è alla base della forza delle donne. In ogni epoca.
Marina ci restituisce il profilo di una figura femminile fortissima.
Gemma Donati non smette di combattere per se stessa e per i suoi figli, pur non avendo un uomo al suo fianco. Una donna con uno sguardo lucido e diretto all’obiettivo.
E’ stata consapevole anche dei difetti di Dante. Conscia pure dei suoi tradimenti. Ha dimostrato però una capacità d’amare e di saper andare oltre incredibili. Tipiche qualità femminili. E’ stata, allo stesso tempo, una donna d’altri tempi e una donna moderna.
Attraversando i secoli, Beatrice è diventata la donna angelicata per definizione. Dante, il Sommo Poeta, si è trasformato in un essere immortale nel tempo e nello spazio. Gemma invece è stata inghiottita dalla storia.
Eppure, riflettendo, il Dante che conosciamo noi forse non ci sarebbe stato, non avendo lei come moglie, Gemma che pensa a tutto e lo vuole esattamente com’è.
Nell’ascoltare Marina, con quanto affetto ne parlasse, mi è sembrato descrivesse una sua amica. E anche a me allora è venuta voglia di chiacchierare con Gemma. Domandare e investigare sul perché abbia scelto proprio Dante Alighieri. Perché di questo si è trattato, di una scelta. E più d’una volta nella sua vita.
L’Alighieri era sì genialmente poetico ma umanamente lasciava molto a desiderare. Eppure lei gli resta accanto, in un certo modo combatte al suo fianco. Lo appoggia e lo asseconda. Anteponendolo a chi era più bello, più affascinante e più “politicamente corretto”.
Mi sarebbe piaciuto conoscerla.
E una cosa avrei volentieri detto al Sommo Poeta.
Mio caro Dante, che fortuna hai avuto in vita e a posteriori! A 700 anni dalla tua morte, probabilmente appari diverso. Perché tua moglie riesce a rivalutarti. E noi non possiamo che guardarti con i suoi occhi.
Cara Gemma, che temperamento e che amore hai dimostrato!