Gli acquedotti Romani

Gli acquedotti Romani

Quando si parla di acqua, non si può fare a meno di rivolgere lo sguardo “storico” agli acquedotti romani.

Gli acquedotti romani rappresentano alcune delle prime grandi opere ingegneristiche realizzate dall’Impero Romano, capaci di rivoluzionare la vita quotidiana del popolo.

All’epoca in cui Roma era poco più di un villaggio, l’acqua utilizzata per dissetarsi proveniva da piccole sorgenti collinari, ma soprattutto dal Tevere, che però era inquinato e dal sapore sgradevole. Con l’espansione della città, intorno al 300 a.C., le esigenze della popolazione iniziarono a cambiare.

Gli acquedotti romani: un racconto di storia

Fu allora che Appio Claudio Cieco ordinò la costruzione dell’Acquedotto Appio, le cui sorgenti si trovavano lungo l’attuale via Prenestina, a circa 20 chilometri da Roma.

Lo stesso Appio Claudio Cieco, celebre anche per la realizzazione della Via Appia, autorizzò la costruzione di archi monumentali ai confini della città per permettere il passaggio dell’acqua.

Si intuì infatti che, per trasportare l’acqua su lunghe distanze, fosse necessario sollevarla dal terreno. Gli archi, grazie alla loro altezza, permettevano di mantenere la pressione e la continuità del flusso. Il termine “acquedotto” indica proprio l’intera rete di canalizzazioni e condotti destinati a questo scopo.

L’acqua trasportata non serviva solo per bere o cucinare, ma alimentava anche terme, latrine e fontane pubbliche. Le acque reflue venivano smaltite attraverso complessi sistemi fognari, che le convogliavano in pendenza verso il basso all’interno di condotti in pietra, mattoni o cemento.

Fu così che molte province dell’Impero Romano iniziarono a investire negli acquedotti, finanziandoli come infrastrutture di rilevanza sia pubblica che privata. In diversi casi venivano descritti come: «un lusso costoso ma necessario, a cui tutti potevano – e hanno voluto – ambire».

La storia di Roma e della sua acqua

Come accaduto per molte opere dell’ingegneria romana, anche (e forse soprattutto) gli acquedotti hanno dimostrato la loro straordinaria durabilità, arrivando in parte fino all’età moderna. Basti pensare che alcuni tratti dell’antico acquedotto romano sono ancora oggi parzialmente in uso nella città.

Va ricordato che gli ingegneri e architetti romani si ispirarono agli studi precedenti condotti da Greci ed Etruschi sul trasporto dell’acqua. Partendo da quelle conoscenze, riuscirono a dar vita a una delle più rivoluzionarie reti idriche della storia.

Ancora oggi a Roma sono presenti 16 acquedotti: 11 antichi e 5 moderni. Il più lungo tra quelli romani è l’Acquedotto dell’Acqua Marcia, così chiamato in onore del pretore Quinto Marcio Re, che lo fece costruire tra il 144 e il 140 a.C.

Roma resta, a pieno titolo, la città dell’acqua per eccellenza: la prima a comprendere e sfruttare appieno il valore delle risorse idriche.

Gli acquedotti Romani sono stati tra i primi progetti di ingegneria che l’impero romano ha realizzato e che hanno realmente cambiato la vita del popolo.

#ostinatamenteottimista

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Laura Cardilli

Laureata in Sociologia, indirizzo Comunicazione e Mass media, da sempre mette al centro della sua vita proprio la comunicazione sotto tutti i suoi aspetti. Durante l’università prende il tesserino da giornalista pubblicista collaborando con due giornali romani, per molti anni solo la carta stampata le regala la gioia della professione di giornalista, poi, grazie ad un laboratorio di comunicazione incontra quella che per molti anni è stata la sua grande passione, la radio, per diversi anni ne è stata redattrice e anche speaker. La prima formazione è stata quella sportiva, calcio e tennis soprattutto, ma poi soprattutto attualità è stata autrice anche di alcune sue rubriche. Per molti anni abbandona le scene del giornalismo e lavora per una grande azienda italiana sempre nella comunicazione esterna. All’attivo ha la pubblicazione di un suo libro “L’eterna rincorsa” e la pubblicazione di qualche poesia. Appassionata di social media si definisce un’ironia e sarcastica…non sempre compresa. Dopo un po’ di tempo e tanta mancanza decide di riprendere a scrivere per Distanti ma unite. Il suo hashtag è #ostinatamenteottimista perché sostiene che niente e nessuno potrà farle vedere quel mezzo bicchiere vuoto.

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