101 storie zen, “Imparare a stare zitti”

101 storie zen, “Imparare a stare zitti”

C’è un libriccino che utilizzo ogni tanto la sera come spunto di riflessione: “101 storie zen”, a cura di Nyogen Senzaki e Paul Reps, edito da Adelphi. L’ho consigliato a molte persone e lo trovo estremamente utile grazie alle sue 101 parabole sullo zen che, come scritto sulla quarta di copertina, “non è una setta, ma un’esperienza”. Brevi pennellate per trovare l’illuminazione o tentare di arrivarci.
Ve ne lascio una, intitolata “Imparare a stare zitti”.

Gli allievi della scuola di Tendai solevano studiare meditazione anche prima che lo Zen entrasse in Giappone. Quattro di loro, che erano amici intimi, si ripromisero di osservare sette giorni di silenzio.
Il primo giorno rimasero zitti tutti e quattro. La loro meditazione era cominciata sotto buoni auspici; ma quando scese la notte e le lampade a olio cominciarono a farsi fioche, uno degli allievi non riuscì a tenersi e ordinò a un servo: «Regola quella lampada!».
Il secondo allievo si stupì nel sentire parlare il primo. «Non dovremmo dire neanche una parola» osservò.
«Siete due stupidi. Perché avete parlato?» disse il terzo.
«Io sono l’unico che non ha parlato» concluse il quarto.

Interpretazione

  1. Il primo allievo infrange il silenzio per una necessità pratica, dimostrando come la mente sia facilmente distratta dalle condizioni esterne.
  2. Il secondo allievo sottolinea l’errore del primo, ma così facendo, infrange anche lui il voto di silenzio. Questo evidenzia come il giudizio sugli altri possa distoglierci dal nostro stesso cammino.
  3. Il terzo allievo critica gli altri due, cadendo nella stessa trappola: l’ego che si manifesta nel voler correggere gli errori altrui.
  4. Il quarto allievo, credendosi superiore perché non ha parlato per primo, alla fine parla anch’egli, dimostrando che il desiderio di autoaffermazione è un’ulteriore forma di distrazione.

Il significato

Questa parabola zen illustra il paradosso dell’ego e della disciplina nella pratica della meditazione e del silenzio. Ogni allievo cade in un errore legato alla propria consapevolezza e al desiderio di correggere gli altri, rivelando così l’ironia dell’ego che si insinua anche nella ricerca del silenzio e dell’autocontrollo.
La parabola mostra che spesso l’ego si insinua anche nella disciplina spirituale. La vera pratica del silenzio non è solo l’assenza di parole, ma il superamento del bisogno di affermare il proprio ego, anche nel giudicare gli altri. Il silenzio autentico è interiore, non solo esteriore.

Come sempre, buona lettura.

#FastidiosamentePaziente

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Federica Fiordalice

Classe 1994, da sempre il suo sogno nel cassetto è scrivere libri e vivere grazie ad essi. A furia di stare con la testa tra le pagine, è finita su DmU per scrivere e provare a imitare i tanti autori che legge. Al momento ancora non ha scritto alcuna pagina, ma gli scaffali di casa sua continuano ad accumulare libri in attesa di essere letti. Scout per la vita, tra le sue passioni troviamo la corrispondenza cartacea, collezionare cartoline da tutto il mondo e la sua bignè a quattro zampe di nome Wendy. Figlia di Tosca Tassorosso e Durin, capostipite dei Nani tra le file di Tolkien. Dolce, paziente, un po’ stacanovista (a giuste dosi), perfezionista (q.b.). Maneggiare con cura: potrebbe rifilarti freddure di punto in bianco come strategia di difesa.

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