Narciso di Selvaggia Lucarelli: la storia del femminicidio di Giulia Ballestri
Narciso, il nuovo podcast di Selvaggia Lucarelli, si apre come uno specchio che riflette una storia d’amore finita in tragedia.
Come nel mito greco in cui il giovane cacciatore famoso per la sua bellezza resta imprigionato nella contemplazione di sé stesso, così il protagonista di questa triste vicenda di cronaca, noto come “dermatologo dei vip”, intrappola per anni sua moglie in un rapporto basato su apparenze e manipolazioni fino a condurla, infine, alla morte.
Narciso, alla luce del tragico epilogo, diventa la perfetta traduzione artistica della personalità di Matteo Cagnoni, emblema di chi vive per il controllo e l‘autocelebrazione, senza mai vedere l’altro per ciò che è veramente.
L‘altro, in questo caso, era sua moglie: Giulia Ballestri.
Quella tra Giulia e Matteo era una relazione che voleva e doveva sembrare perfetta, ma che in realtà era solo un inganno crudele.
Dopo undici anni di matrimonio e tre figli, lei, esasperata, aveva deciso di dire basta a un’unione diventata una prigione.
(…) non voleva più essere moglie del facoltoso, stimato Matteo Cagnoni. Aveva deciso di guardare avanti. Le è stato impedito. Perché per certi uomini la libertà di una donna non è un diritto: è uno sfregio.
Nei cinque episodi del podcast prodotto da Chora Media, l’autrice narra e ricostruisce il femminicidio di Giulia Ballestri. Lo fa con precisione e sensibilità, rispetto e profondità, restituendole il posto che le era stato negato nelle narrazioni di cronaca:
Avevo già seguito il processo sul Fatto, mi spiega. Mi aveva colpito che fosse diventato una specie di show con Cagnoni in veste di star. Non si parlava della vittima, di Giulia Ballestri, che era rimasta quasi una comparsa. Ho voluto quindi capire chi fosse Giulia, rimetterla al centro della storia. E poi avevo letto che il quadro davanti al quale era iniziato il massacro era Narciso. Mi è parsa una coincidenza incredibile.
Selvaggia Lucarelli ricostruisce gli ultimi mesi di vita di Giulia con attenzione ai dettagli, alle sfumature, alle caratteristiche distintive delle personalità dei protagonisti.
Attraverso testimonianze dirette di chi l’ha conosciuta, Narciso dipinge un ritratto intimo di Giulia, lontano dalle fredde immagini delle pagine di cronaca. Dada Emilia, per esempio, offre un ricordo autentico di lei, restituendole un volto umano, oltre le fotografie patinate e le immagini trasmesse sullo schermo della tv dopo il suo omicidio.
Giulia assume finalmente i contorni di ciò che è stata per chi le ha voluto bene: genuina, simpatica, solare, travolgente, affettuosa.
Uno dei momenti più toccanti è il racconto della sua relazione con Stefano Bezzi, uomo con cui nell‘ultimo periodo della sua vita aveva iniziato a immaginare un futuro diverso:
Mi ha molto colpito, mi racconta la Lucarelli, il modo in cui Giulia e Stefano avevano deciso di continuare a vedersi, quando lei pensava di essere pedinata dal marito. Quell’appuntamento al centro commerciale, mentre parlavano al telefono a pochi metri di distanza, guardandosi da lontano. Un passaggio straziante, romantico, che racconta l’urgenza con cui si amavano.
Eppure, confida Lucarelli, su quella relazione rimane un velo di ambiguità, tra reticenze e atteggiamenti che sembrano quasi voler riscrivere la verità dei fatti.
Mi ha colpito la durezza di un‘amica di Giulia, che quando mi ha sentito al telefono per questo podcast mi ha detto solo: “ah no, per carità. Poi quel Bezzi che posta foto felici su Facebook…“. Sono rimasta molto turbata. Mi è parso che ancora qualcuno dia la colpa a Stefano anziché a Cagnoni per la morte di Giulia.
Il femminicidio, il processo e la condanna
La vicenda giudiziaria si è conclusa con la pronuncia della Corte di Cassazione che ha confermato l’ergastolo per Matteo Cagnoni, colpevole di omicidio pluriaggravato. Secondo le indagini coordinate dai PM Alessandro Mancini e Cristina D’Aniello, il dermatologo aveva attirato Giulia in una villa di famiglia disabitata a Ravenna con uno stratagemma. Lí, il 16 settembre 2016, l’ha massacrata con una violenza brutale, occultandone poi il cadavere. Il movente? Il disonore di essere lasciato per un altro uomo.
Nella dimora storica appartenente alla famiglia di storici armatori, “entrarono un marito e una moglie, ne uscì un vedovo“.
Cagnoni non voleva solo ucciderla, racconta la Lucarelli nel suo podcast, ma cancellarne quel bel volto che tutti avevano visto accanto a lui e che per anni aveva dato lustro alla sua immagine ma che ora, dopo averlo disonorato, nessun altro doveva più guardare, secondo il più arcaico precetto della giustizia patriarcale: “o sei mia, o di nessuno”.
Non un raptus, ma una lucida determinazione da parte di Cagnoni di punire Giulia, colpevole solo di aver cercato la sua felicità.
Il narcisismo patologico: il lato oscuro dietro la perfezione
Il titolo Narciso non è solo un riferimento artistico, ma anche psicologico. Il caso di Matteo Cagnoni riflette chiaramente i tratti del disturbo narcisistico di personalità (DNP), evidenti anche durante il processo.
Chi soffre di DNP appare affascinante, carismatico, ma dietro la maschera di nasconde un individuo ossessionato dal controllo e incapace di empatia.
Come riconoscere un narcisista patologico
- Love bombing: all‘inizio il narcisista sembra l‘amore perfetto, sommergendo la vittima di attenzioni.
- Svalutazione: dopo aver conquistato la fiducia della vittima inizia a criticarla e a sminuirla.
- Gaslighting: falsifica la realtà per confondere la vittima, facendola dubitare di sé stessa.
- Ciclo tossico: alterna svalutazione e riconciliazione, mantenendo il controllo sulla vittima.
- Isolamento: porta la vittima a distaccarsi da amici e familiari, rendendola emotivamente dipendente.
Queste dinamiche tossiche si ripetono nei rapporti abusivi, spesso prima che la vittima si renda conto della pericolosità della situazione.
Una condanna esemplare e un messaggio per il futuro
Nel caso di Matteo Cagnoni il disturbo narcisistico non è stato considerato una patologia tale da ridurre la sua responsabilità penale. Il suo comportamento è stato giudicato pienamente consapevole e premeditato.
La condanna all‘ergastolo, spiega l’autrice nel podcast, è stata definita una pena esemplare per un caso di femminicidio, accolta da grand parte dell’opinione pubblica come un cambio di passo nel lento percorso di affermazione dei diritti delle donne contro la violenza di genere e lo strapotere del patriarcato. La morte di di Giulia Ballestri ha dimostrato ancora una volta che il femminicidio è un reato trasversale. Può accadere al nord come al sud, negli ambienti alto borghesi, come in quelli popolari. Per mano di uomini incivili o apparentemente insospettabili.
Alla fine, ciò che resta di questa storia è il contrasto tra i ricordi dolci della vita di Giulia e la ferocia con cui è stata strappata al mondo.
Mi rimarrà dentro l‘animo buono di Giulia. La malinconia con cui guardava i figli pensando che forse non li avrebbe visti crescere i baci al marito malato e allettato della dada Emilia, i messaggi a Bezzi in cui diceva che in fondo l‘ex marito le faceva pena perché era un debole. Giulia ha vissuto dedicando se stessa agli altri, all‘azienda di famiglia, ai figli, a Matteo Cagnoni. Quando ha iniziato a pensare a se stessa, è stata ammazzata.
Perché ascoltare il podcast Narciso
Con un racconto intenso e documentato, Selvaggia Lucarelli riporta al centro della narrazione Giulia Ballestri, troppo a lungo rimasta un’ombra nella vicenda che l’ha riguardata. Narciso non è solo la cronaca di un femminicidio, ma una riflessione sulle dinamiche di potere, sul narcisismo patologico e sulla responsabilità collettiva di riconoscere e contrastare la violenza di genere.
#CaparbiamenteSognatrice
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