Perché farsi pagare una newsletter non è sbagliato?

Perché farsi pagare una newsletter non è sbagliato?

Non c’è niente di male nel far pagare la propria newsletter. Il lavoro creativo merita rispetto e riconoscimento. Morale ed economico.

Una premessa che è già una conclusione. E suona anche un po‘ strano dover spiegare perché.

Ma tant‘è. La signora Sonia Bruganelli, concorrente di Ballando con le stelle, ha sollevato (volontariamente?) un polverone accusando Selvaggia Lucarelli di farsi pagare per leggere i suoi articoli su di lei.

Una polemica che mette in luce una dinamica interessante sul valore del lavoro intellettuale e creativo.

Perché è giusto farsi pagare per una newsletter?

1. Il lavoro creativo ha un valore

Scrivere una newsletter, soprattutto se offre contenuti di qualità, richiede tempo, ricerca, analisi e competenze. È un lavoro intellettuale che va remunerato come qualsiasi altro. Chi è disposto a pagare per leggere quei contenuti riconosce il valore del lavoro dell’autore, che non è meno legittimo di quello di un artigiano, un professionista o un artista.

2. Modello di sostenibilità

In un’epoca in cui i contenuti digitali sono spesso gratuiti, il rischio è quello di sottovalutare il lavoro dietro di essi. Far pagare una newsletter garantisce un modello di sostenibilità per chi la crea, permettendo all’autore di dedicarsi con continuità e professionalità al progetto.

3. Filtrare il pubblico realmente interessato

Una newsletter a pagamento attrae lettori che apprezzano il valore del contenuto e vogliono supportare attivamente l’autore. Questo crea una comunità più solida e coinvolta, anziché un pubblico passivo.

4. Non è diverso da altre forme di intrattenimento

Paghiamo per guardare un film, ascoltare musica o accedere a piattaforme di streaming. Una newsletter offre informazioni, opinioni o storie che possono intrattenere o arricchire il lettore, e quindi merita lo stesso rispetto economico.

La diffusione delle newsletter a pagamento

Newsletter a pagamento

Le newsletter a pagamento stanno guadagnando popolarità in Europa, con una crescente adozione da parte di creatori di contenuti e lettori disposti a investire in informazioni di qualità.

Una tendenza che, in generale, riflette un cambiamento nel consumo di contenuti digitali, con un pubblico disposto a pagare per avere in cambio contenuti di valore e personalizzati.

Le newsletter a pagamento coprono una vasta gamma di argomenti, tra cui politica, tecnologia, finanza personale e cultura pop. Il panorama mediatico sta cosi‘ cambiando pelle. Sempre più giornalisti lasciano le testate tradizionali per avviare newsletter indipendenti, attratti dalla possibilità di una maggiore autonomia e potenziale di guadagno.

Le polemiche e i pregiudizi

La battuta, infelice, di Sonia Bruganelli sembra riflettere un pregiudizio culturale verso chi cerca di monetizzare il proprio lavoro creativo in modo diretto. Spesso si percepisce che tutto ciò che avviene online debba essere gratuito, o che chi già gode di visibilità non abbia “bisogno” di ulteriori entrate. Questa visione non solo sminuisce il lavoro di chi scrive, ma perpetua l’idea che il valore del lavoro intellettuale debba essere secondario rispetto alla visibilità o al successo già acquisiti.

In realtà, farsi pagare per una newsletter è un atto di trasparenza: si offre un servizio chiaro a un pubblico consapevole, senza nascondersi dietro pubblicità invasive o compromessi editoriali.

Conclusione

Non c’è niente di male nel far pagare la propria newsletter. Anzi, è un modo onesto e diretto per dare valore al proprio lavoro e per costruire una relazione autentica con i lettori. Le polemiche rischiano di scoraggiare chi vuole intraprendere questa strada, ma è importante ricordare che monetizzare il proprio lavoro creativo non è solo legittimo: è un segno di rispetto verso sé stessi e verso il pubblico che ne beneficia.

#CaparbiamenteSognatrice

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Elisabetta Mazzeo

Elisabetta, classe 1981. Ogni 18 anni un cambiamento. Prima la Calabria, poi Roma, ora Zurigo. Domani chissà. La mia sfida quotidiana? Riuscire nell’impresa di essere contemporaneamente mamma, moglie, giornalista, scrittrice e ora anche blogger. Ore di sonno: poche. Idee: tante. Entusiasta, curiosa, caparbia, sognatrice. Scrivere è un’esigenza. Una lunga gavetta nei quotidiani e nelle tv locali, poi l'approdo come inviata di Sport Mediaset. Non ho dubbi: il mio è il mestiere più bello del mondo. Una passione prima che un lavoro. Oggi ricopro l'inedito ruolo di vicedirettore a distanza di Retesole, l’emittente che mi ha visto crescere umanamente e professionalmente. Divoro libri e due li ho anche scritti, mi nutro di storie di sport, ma non solo. Scatto e colleziono foto, mi alleno quanto basta per non sentirmi in colpa e in compenso macino chilometri armata di scarpe da ginnastica e passeggino. L'arrivo delle mie due figlie ha rimodulato le priorità della mia vita. E adesso è con loro e per loro che continuo a mettere le mie passioni in campo. #CaparbiamenteSognatrice

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