Il vaso di Pandoro: Lucarelli svela l’illusione social dei Ferragnez
Chissà se nei momenti in cui la fama dei Ferragnez risplendeva fulgida e apparentemente intoccabile, i due, moglie e marito, abbiano valutato, anche solo per un attimo, che più la salita sarebbe stata vertiginosa più l’eventuale discesa sarebbe diventata rovinosa.
“Attenti a quelli che cercano continuamente la folla”, avvertiva lo scrittore Bukowski, “da soli non sono nessuno”.
E cosa sarebbero Chiara Ferragni e Federico Lucia, in arte Fedez, senza i loro (complessivi) 45 milioni di follower?
La “Royal Coupe” italiana, celebrata, osannata, adorata, di colpo ha visto scomparire l’armatura d’oro di cui si era circondata negli ultimi anni diventando improvvisamente vulnerabile, attaccabile.
Il Pandoro della discordia
Il merito giornalistico di aver aperto il vaso di Pandora dei Ferragnez va alla scrittrice e podcaster Selvaggia Lucarelli.
Siamo alla fine del 2022. Il Domani pubblica un’inchiesta della Lucarelli. Titolo: “Il pandoro benefico di Chiara Ferragni è soltanto marketing e non beneficenza”.
L’inchiesta mette in luce incongruenze e opacità della campagna lanciata a Novembre dall’azienda dolciaria Balocco e dall’imprenditrice digitale.
Un Pandoro limited edition, Pink Christmas, messo sul mercato al prezzo maggiorato di nove euro (anziché di circa 3,70 euro della versione non griffata).
L’operazione è presentata come una collaborazione benefica a favore dell’ospedale Regina Margherita di Torino, che si occupa di ricerca contro i tumori infantili.
Lucarelli fa notare che sul sito di Balocco e sul profilo Instagram di Chiara Ferragni si legge che “l’azienda piemontese e l’influencer sostengono un progetto di ricerca promosso dall’ospedale”, mirato a trovare nuove cure terapeutiche per i bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing.
La notizia viene prontamente ripresa dai media e da molti utenti sui social, che iniziano a comprare il pandoro convinti di contribuire alla causa.
I dubbi di Selvaggia Lucarelli sul Pandoro Balocco Ferragni
La quantità di pandori venduti, però, spiega dettagliatamente la Lucarelli nel suo libro “Il vaso di Pandoro”, non avrebbe inciso in alcun modo sull’entità della donazione. E questo Chiara Ferragni lo sapeva bene.
La beneficienza, infatti, era già stata fatta dalla sola Balocco all’Ospedale Regina Margherita, in cifra fissa (50.000 euro), a maggio 2022, quindi molti mesi prima del lancio dell’iniziativa avvenuto poi a novembre dello stesso anno.
L’imprenditrice digitale, da par suo, aveva chiuso con Balocco un accordo commerciale di un milione di euro circa.
Secondo la ricostruzione dell’autrice, attraverso fonti attendibili, l’azienda dolciaria in un primo momento avrebbe voluto spiegare l’operazione al consumatore con più trasparenza, ma la società di Ferragni avrebbe spinto affinché il comunicato lasciasse intendere che la donazione fosse collegata alle vendite.
Un pasticcio, poco dolce e molto amaro.
La Lucarelli aveva scoperchiato il vaso dorato della fashion blogger perfetta, osannata in Italia e all’estero. Ma non tutti sembrano darle molto peso.
Un anno dopo, l’Antitrust commina una multa da oltre un milione di euro alle due società di Ferragni coinvolte nell’iniziativa, e di 420 mila euro a Balocco. L’accusa è di “pratica commerciale non corretta”.
Perchè “Il vaso di Pandoro”
Il titolo scelto per la pubblicazione, edita da Paper First, è un chiaro riferimento al “vaso di Pandora”. Secondo il mito greco Pandora fu la prima donna mortale creata dagli dei. Le fu dato un vaso che conteneva tutti i mali del mondo. Zeus, il re degli dei, ordinò a Pandora di non aprire il vaso. Ma la curiosità ebbe la meglio. Quando lo apri’ tutti i mali contenuti nel vaso (che erano gli spiriti maligni della “vecchiaia”, “gelosia”, “malattia”, “pazzia” e il “vizio”, si riversarono nel mondo. Sul fondo del vaso rimase soltanto la speranza.
Il mito del “vaso di Pandora” è spesso usato come metafora per indicare un atto o una decisione che, sebbene sembri innocuo, può portare a conseguenze disastrose e irreversibili.
L’analogia con il caso di Chiara Ferragni è evidente. La scelta, assolutamente adeguata ed evocativa, del titolo “Il vaso di Pandoro” indica che, come nel mito, una volta aperto il “vaso”, le verità scomode e i problemi nascosti vengono alla luce.
La caduta dall’Olimpo
La caduta dalla vetta è rovinosa. L’impero crolla come un castello di carte. La coppia The Ferragnez (intesa qui anche come moglie e marito) non esiste più.
Selvaggia Lucarelli ne analizza l’ascesa e la caduta. Descrive nel dettaglio gli eventi che hanno portato al crollo della reputazione e della credibilità dei due personaggi fino a quel momento ritenuti intoccabili. Mette in luce la natura effimera della fama e la rottura del patto di fiducia non scritto con i follower.
Non è un libro di gossip. Non lo è nella misura in cui elenca fatti, episodi noti a tutti o chi ha voluto vedere in questi anni oltre la copertina patinata dei post e delle storie da “fumo negli occhi”.
È semmai un’analisi sociologica di un fenomeno, quello degli influencer, e la destrutturazione dell’assurda referenza di cui negli anni si sono vantati e circondati, osannati da una stampa più che mai acritica e servile in cambio di un incremento di clic e copie vendute.
È una lettura dedicata a tutti quelli che (cito l’autrice) non si accontentano della prima versione della storia.
Il brand Ferragni
Ferragni e Fedez hanno reso la loro stessa vita un brand, hanno mercificato la loro sfera privata e i loro sentimenti.
Cosa c’è dunque di vero in ciò che vediamo?
Al netto dell’accensione continua dei riflettori su ogni aspetto intimo della propria vita (figli e sedute terapeutiche inclusi), di reale, senza il filtro della narrazione e dello storytelling, rimane ben poco.
Un aspetto su cui siamo invitati a riflettere è soprattutto la noncuranza con cui gli ormai ex coniugi hanno postato foto, video e contenuti intimi di famiglia solo per ottenere visibilità e, in alcuni casi, per “pulire la loro immagine” ogni qual volta venivano coinvolti in controversie. Parole molto forti e dichiarazioni piuttosto pesanti, che Selvaggia Lucarelli associa a delle prove concrete.
I segnali del declino c’erano ma erano ben celati dal successo, mediatico e commerciale. L’autrice de “Il vaso di Pandoro” ne ripercorre la genesi: dalla sovraesposizione dei minori alla compulsiva ostentazione del privilegio, dall’attivismo ruffiano alla beneficienza opaca.
Dalle stelle alle stalle è un attimo.
Quando la bolla esplode Chiara Ferragli sceglie prima la via del silenzio e della sparizione dai social. La ri-apparizione è tutt’altro che fulgida. E’ piuttosto grigia, come il maglione che indossa per rifilare al pubblico delle scuse a cui probabilmente non crede nemmeno lei. La giustificazione dell’errore di comunicazione non se la beve nessuno. Un tiepido mea-culpa che si rivela un boomerang per la reputazione dell’imprenditrice digitale.
Selvaggia Lucarelli analizza in che modo e quanto i Ferragnez abbiano influenzato il decennio, segnando l’ascesa dell’influencer marketing, dei soldi facili, dell’apparire a ogni costo a scapito della sostanza e di ogni buon senso.
L’autrice sdogana i termini “condivisione” e “normalizzazione” tanto abusati quanto ormai vuoti di significato quando si tratta di Chiara Ferragni e Fedez. La coppia sbatte in faccia la propria ricchezza alla gente, viola l’intimità dei figli, rende la psicanalisi un palcoscenico a favore di telecamera. Ma guai a mettere in dubbio l’onestà della narrazione, ricorda l’autrice, pena essere additati come “invidiosi” e incapaci di partecipare alla felicità altrui.
Le strategie di compensazione
Ma come sono riusciti i Ferragnez ad ottenere l’accettazione generale dell’esibizione delle loro fortune?
Ce lo spiega sempre la Lucarelli quando elenca dettagliamente alcune delle strategie di compensazione del privilegio: dall’impegno civile all’appropriazione del dolore, passando per la beneficienza (ostentata). Ed è proprio su quest’ultimo tema che il vaso di Pandora si apre, rivelando operazioni talora dubbie e poco corrette. I due, singolarmente o come coppia, sono riusciti negli anni a conciliare abilmente il tema della solidarietà mischiandola a rapporti commerciali con aziende di caratura internazionale.
Lucarelli presenta il meccanismo della beneficenza di Ferragni come uno schema consolidato: ingaggi milionari, molti slogan e pochissimi soldi effettivamente donati agli enti preposti. Non si tratta solo del caso Balocco, né è la sola Ferragni a finire sotto la lente d’ingrandimento, ma anche le attività portate avanti da suo marito (l’avete riconosciuta la falena in copertina?).
Il vaso di pandoro non sarebbe tale senza i riferimenti (espliciti) ai brand, alle collaborazioni e a tutto il mondo legato alle sponsorizzate. La scrittrice, infatti, nel corso delle pagine svela dettagli interessanti sulle modalità di lavoro tra Ferragni e le aziende che, secondo la sua ricostruzione, la maggior parte delle volte non avevano nemmeno la possibilità di visionare gli insight delle campagne pubblicitarie. Come dire: fidatevi solo perché sono Chiara.
Non mancano le testimonianze dirette di chi nel gruppo aziendale dell’imprenditrice digitale ci ha lavorato. Si fanno nomi e cognomi di vecchi e nuovi manager che hanno costruito e de-costruito la fortuna di Chiara Ferragni e dei suoi brand.
Fatti e misfatti che rompono l’incantesimo della fascinazione collettiva che aveva portato ad un vero e proprio paradosso che, come sottolinea Lucarelli, rende il povero grato per le briciole che il ricco così generosamente gli elargisce.
Un diario di bordo attraverso cui viene descritta la bolla di sapone del successo sciolta ormai come neve al sole, nonostante i tiepidi tentativi di entrambi di continuare ostinatamente uno storytelling in cui hotel di lusso, festini e selfie la fanno ancora da padrone.
Una bolla che ha permesso a Chiara Ferragni di creare un impero valutato 75 milioni di euro (giugno 2023) e che ha portato il mondo intero a definirla simbolo dell’empowerment femminile in Italia e non solo.
Non ne escono benissimo i Ferragnez, da “Il vaso di Pandoro”. Non ne esce bene il mondo degli influencer in generale. Ma non ne usciamo benissimo nemmeno noi che abbiamo contribuito in un modo o nell’altro alla costruzione di un successo basato su cosi’ poco solide fondamenta.
Perché l’influencer esiste, vive, e sopravvive grazie all’influenzato che, attraverso l’aspirazione e l’imitazione, orienta i suoi consumi, i suoi interessi, i suoi acquisti verso questo o quel prodotto.
La conclusione lascia il boccino della riflessione proprio nelle nostre mani: quel vaso di Pandoro, che sia sigillato o rovinosamente aperto, riguarda tutti noi.
#CaparbiamenteSognatrice
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