Milano sii buona almeno tu

Milano sii buona almeno tu

Ho sedici anni e una striscia di grasso che svetta, fiera e dura, all’altezza della vita. È pelle. Strizzata dai pantaloni troppo stretti e confezionata a mo’ di salvagente dal tessuto elastico della maglia kombat della Roma. Mi sta di merda ma di togliersela non se ne parla proprio. “Stiamo per vincere lo Scudetto – mi ripeto per diluire la vergogna – devo godermela fino in fondo. Chissà quando mi ricapita…”

Ho festeggiato 40 anni lo scorso martedì: avevo ragione, non è più successo.

Milano, l’Hollywood e il Piccolo

Sono a Milano, con la scuola. I miei compagni discutono dell’Hollywood: ci andranno la sera stessa. Nella città meneghina, a inizio anni 2000, pare sia un must. Io sollevo gli occhi dal libro che sto leggendo e mi gratto l’orecchio. Gli occhiali di plastica comprati da un ambulante a Castel Gandolfo mi hanno causato uno sfogo. Non devo grattarmi, però, o mi provecherò un prurito insopportabile che potrebbe allargarsi alla nuca. Il risultato sarebbe una nevicata di forfora e scaglie di gel secco che voglio evitare: faccio già abbastanza schifo così.

“Ci vorranno €30/40 per entrare. E senza consumazione!”

Faccio dei rapidi conti: è escluso che possa andare anche io. Ho 100 euro in tasca: me li hanno dati i miei, 50 per parte. Non ho avuto il coraggio di ribattere: pur sapendo che non ci avrei potuto comprare nemmeno un gelato, li ho ricevuti sul palmo della mano senza accennare proteste. Avrei potuto spiegare che i pranzi non erano compresi nella quota versata per la gita. Aggiungere che avevo in progetto di andare al Piccolo di Milano dove proprio in quel momento della stagione recitava Mariangela Melato. Avrei potuto urlare di essere un sedicenne lontano da casa, voglioso di scoprirsi e sperimentare il mondo.

Orgoglio


Ho, invece, reagito con il mio solito orogoglio: con un’infinità tenerezza (più per loro che per me: possibile un figlio abbia bisogno di spiegare ai genitori qualsiasi cosa di sé?) ho raccolto le due banconote gialle e stringendomi nelle spalle ho pensato che come al solito me la sarei cavata.

Il biglietto del Piccolo veniva 80 euro, i pranzi a menu fisso 15 l’uno. Ballavano 10 euro: me li sarei fatti prestare da Marta. O da Annalisa. Poi una volta in classe glieli avrei restituiti.

“Contiamoci: tu vieni Ga?”
“No, io no”
“E perché?”
“Non mi piace ballare”
“Che triste oh. Ma che nostro Signore il cazzo glielo vuoi restituire incelofanato?”

Lascio il ritrovo ed entrò in un bar: a farmi da scia le risate degli altri. Ordino un caffè: qualche moneta extra me la posso concedere. Apro La Gazzetta: in Nazionale, Totti ha ricevuto un brutto colpo da Liverani ed è in forte dubbio per il Derby della domenica successiva.

“Non comprare bottigliette d’acqua: le prendiamo nel frigobar” mi suggerisce, avvicinandosi di soppiatto, il mio compagno di stanza: un ragazzo di un’altra classe di cui proprio non riesco a ricordare il nome. Sembra leggermi nel pensiero: “Non ti preoccupare: mica le paghiamo. Al massimo ci pisciamo dentro e le richiudiamo”

Gabriele Ziantoni  #DisperatamenteMalinconico

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Gabriele Ziantoni

Giornalista per hobby, polemico per professione, speaker per necessità. Gabriele Ziantoni nasce a Marino, un piccolo paese in provincia di Roma, il 12 dicembre 1983. Solitario, testardo e vagamente intollerante, vive con una penna in mano e un foglio bianco davanti agli occhi fin da quando ne ha memoria. Dopo varie esperienze nel campo del giornalismo, soprattutto sportivo, dal 2011 affronta in maniera ondivaga il rapporto con il suo secondo amore dopo la scrittura: quello con la radio. Direttore Artistico di New Sound Level 90 FM, ha all’attivo tre libri: “Un secondo dopo l’altro” (L’Erudita, 2017), “Nonostante tutto” (L’Erudita, 2019) e “Rudi Voller. Il Tedesco Volante” (Perrone, 2020).

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