Ti prego, non rivederlo per l’ultima volta da sola.
Ho deciso di scrivere nei giorni in cui ancora si nutriva la quasi incomprensibile speranza che Giulia fosse ancora viva. Scrivo oggi che sappiamo già come è finita, femminicidi li chiamano, e siamo tutti intenti a seguire i vari media che con dovizia di particolari ci descrivono l’atrocità con la quale a Giulia è stata tolta la possibilità di guardare con entusiasmo il futuro e vivere tutte le esperienze che l’avrebbero resa una donna completa e matura.
Quella stessa completezza e maturità che probabilmente le mancavano per poter forse sfuggire al suo assassino, quello che è stato il suo primo, e ultimo, “bravo” ragazzo.
Mentre scrivo il DDL contro la violenza sulle donne diventa legge dopo circa 72 ore dal ritrovamento di questo 105esimo cadavere. Le stesse 72 ore in cui continuano ad arrivare notizie di femminicidi e violenze subite da donne dai propri compagni o ex. Certamente, la nostra società non è sconvolta solo da femminicidi, ma le percentuali rispetto ad altri crimini parlano chiaro. Il caso di Giulia è il medesimo di altre donne che hanno trovato la morte dopo aver accettato quell’invito a vedersi da soli o per l’ultima volta.
E’ chiaro come il solo inasprimento delle leggi o l’introduzione di nuove, non basti. Bisogna agire sulla nostra cultura patriarcale, così difficile da scardinare. Bisogna lavorare sulla coscienza delle donne, renderle capaci di capire che gli uomini non cambiano, quelli “disturbati” men che meno.
Se allarghiamo lo sguardo, e ci allontaniamo dal tema “femminicidio” sono tanti gli altri aspetti su cui siamo chiamati a confrontarci e trovare la retta via: l’educazione familiare e una maggiore incisività da parte dei genitori nei confronti dei figli; la formazione scolastica; la gestione delle relazioni, anche sentimentali; il valore della vita.
Probabilmente non è un problema di maschio o femmina, ma è un problema di valori e di quanto conti la vita oggi per tutti noi, vecchi e giovani.
Ci domandiamo dunque come sia possibile che l’incapacità di gestire un rifiuto porti alla fine della vita di un’altra persona? Come è possibile che alcune “brave persone” possano trasformarsi in mostri capaci di premeditare il triste epilogo in caso di “rifiuto”? Psicopatologia o raptus?
Qualsiasi siano le risposte più giuste, in attesa che le leggi e la nostra società migliorino, invito tutte a salvarsi da sole.
Se avete la sensazione che l’altra persona non sia affidabile o abbia comportamenti strani, non accettate mai “l’ultimo appuntamento” o il “restiamo amici”… il vostro istinto arriva prima della consapevolezza, ascoltatelo! Se proprio non potete evitare l’incontro, non andate mai da sole… avvertite familiari, amici e in caso le forze dell’ordine.
Inoltre segnalo che in alcune parti di Italia sono nate delle iniziative individuali, o proprio delle organizzazioni, a disposizione per accompagnare quelle donne che hanno bisogno di incontrare per l’ultima volta il proprio ex a prescindere dal grado di pericolosità percepito.