David Beckham, una storia da conoscere

David Beckham, una storia da conoscere

Va bene, lo ammetto: come molti di voi, anche io ormai sono una vera appassionata di serie TV e documentari dedicati a personaggi famosi. Lo scorso weekend, con un po’ di scetticismo ho guardato quello su David Beckham.

Voglio essere precisa, lo scetticismo non è dato dal fatto che io non ami il calcio. Ma proprio per il contrario, perché amo e ho amato follemente il calcio, non riesco ad immergermi nelle vite raccontate. Per paura, probabilmente, di rimanerne delusa.

Con quello dedicato a David Beckham è stato diverso. Lo confesso, ho deciso di vederlo perché su Instagram, personaggi famosi e non, ne parlavano benissimo. In alcuni casi commossi e allora lo scorso weekend ho dedicato un po’ di tempo a questo documentario.

Beckam è uno di quei giocatori che calcisticamente ho conosciuto perché in quel periodo mi occupavo molto di calcio. Ma devo dire che di lui, i media avevano sempre solo riportato l’aspetto più frivolo e gossipparo. Il nuovo taglio di capelli, la moda per la fidanzata, poi moglie, famosa.

Sì, era un talento, ma era soprattutto Spice Boy. Oggi dopo aver visto le quattro puntate del documentario mi dispiaccio per non aver avuto la curiosità, in quegli anni, di seguire il calcio europeo come seguivo quello italiano.

Da questa mini serie si evince da subito una cosa: David Beckham è nato con un talento unico e da subito, già dall’adolescenza si è capito. Ma la cosa che ancor più si capisce è che è stato cresciuto in una famiglia che ha saputo trasmettere a lui valori che lo hanno accompagnato poi per tutta la carriera calcistica.

Lui nasce e inizia a giocare con un solo scopo, calcare i campi dell’Old Trafford di Manchester. Ci ha messo “un po”” e a 17 anni finalmente ce la fa. Riesce a diventare il calciatore di successo grazie al suo talento ma soprattutto alla sua umiltà e senso di abnegazione. Diventa uno dei calciatori di punta di quel Manchester United che ha vinto tutto.

Come dicevo in quegli anni ho perso molti avvenimenti della sua carriera come ad esempio l’ostracismo, che possiamo tranquillamente definire violenza psicologica, fatto da tutto il tifo inglese dopo che, negli ottavi di finale, durante Inghilterra – Argentina si fa espellere per un fallo di reazione. Ricordo benissimo quel fallo su Diego Pablo Simeone e ricordo benissimo che tutti abbiamo detto “l’argentino ha simulato”.

Ma da lì, inizia il suo calvario. Il tifo inglese in blocco lo offende profondamente, anche i suoi stessi sostenitori del Manchester United, a lui e anche a quella che all’epoca era la sua compagna. Ma mai lui ha reagito. Anzi, è riuscito a mantenere una calma che grazie al suo allenatore Ferguson e i suoi compagni di squadra lo ha portato a risalire quella china che sembrava inarrivabile.

Mi ha sorpreso vedere un talento di quel calibro non arrabbiarsi mai con i tifosi, non rispondere mai alle provocazioni e ai giornalisti. E’ successo in quella occasione.

E’ successo poi quando da giocatore del Real Madrid era stato isolato per volere della società. Per aver scelto di andare a giocare a fine stagione negli States. E dalle parole di Fabio Capello, allora allenatore del Real Madrid: “Ero sconvolto dalla tenacia e dalla regolarità con cui si allenava tutti i giorni da solo sapendo che non sarebbe mai entrato in campo durante una partita. Non ne ha saltato uno di allenamento. Questo mi convinse a comunicare al Presidente che dalla domenica successiva avrebbe disputato tutte le gare fino a fine stagione. Così è stato”.

E’ successo con il Galaxy che quando ha rifiutato di lasciarlo al Milan, lui senza far storie è tornato in America e ha giocato senza mai risparmiarsi fino a fine contratto.

E’ successo così con il Paris Saint German dove ha chiuso la carriera.

Io ho guardato il documentario e ad ogni intervallo. Ad ogni storia raccontata nella storia. Mi aspettavo una reazione violenta e aggressiva, un insulto all’allenatore o ai tifosi. Mai è arrivata.

Forse troppo spesso siamo stati abituati a calciatori che non sapevano controllare le loro reazioni o calciatori specialisti della provocazione. Ed è stato bello invece scoprire che il talento è anche di colui o colei che hanno rispetto anche per chi in primis non rispetta loro.

Io lo consiglio vivamente questo documentario. Che si ami o meno il calcio. E’ bello conoscere la storia di un uomo che ha preso le sue decisioni in base all’amore per la sua famiglia e poi in secondo piano, per il calcio.

#ostinatamenteottimista

SEGUI DISTANTI MA UNITE! Sulle nostre pagine social: Facebook, TwitterInstagram e Telegram. Iscriviti alla nostra newsletter. E partecipa al nostro sondaggio perché La tua opinione conta

Laura Cardilli

Laureata in Sociologia, indirizzo Comunicazione e Mass media, da sempre mette al centro della sua vita proprio la comunicazione sotto tutti i suoi aspetti. Durante l’università prende il tesserino da giornalista pubblicista collaborando con due giornali romani, per molti anni solo la carta stampata le regala la gioia della professione di giornalista, poi, grazie ad un laboratorio di comunicazione incontra quella che per molti anni è stata la sua grande passione, la radio, per diversi anni ne è stata redattrice e anche speaker. La prima formazione è stata quella sportiva, calcio e tennis soprattutto, ma poi soprattutto attualità è stata autrice anche di alcune sue rubriche. Per molti anni abbandona le scene del giornalismo e lavora per una grande azienda italiana sempre nella comunicazione esterna. All’attivo ha la pubblicazione di un suo libro “L’eterna rincorsa” e la pubblicazione di qualche poesia. Appassionata di social media si definisce un’ironia e sarcastica…non sempre compresa. Dopo un po’ di tempo e tanta mancanza decide di riprendere a scrivere per Distanti ma unite. Il suo hashtag è #ostinatamenteottimista perché sostiene che niente e nessuno potrà farle vedere quel mezzo bicchiere vuoto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *