La stoccata vincente di Paolo Pizzo: dalla malattia agli ori mondiali
Conosco Paolo Pizzo nel gennaio 2011. Una giovane promessa della scherma italiana, reduce dagli sfortunati mondiali di Parigi, proiettato alla competizione iridata che da lì a poco sarebbe stata ospitata nella sua città: Catania. Un ragazzo semplice e genuino. Nei suoi occhi il desiderio di vincere, di diventare qualcuno. Un sogno cullato sin da piccolo. Sin da quella prima sconfitta in pedana in una competizione ufficiale, a Frascati. Le lacrime di quel bambino di 7 anni le ricorda con tenerezza. Le prime di tante.
Riguardo quell‘intervista dopo 12 anni, proprio prima di scrivere questo pezzo. Con nostalgia ed emozione rivedo quel ragazzo timido e introverso ma con le idee chiare: la spada è la sua vita. Non so ancora cosa si nasconde dietro quegli occhi. Non conosco ancora il dolore e la sofferenza che ha dovuto affrontare. E non lo saprò fino a quell‘annuncio ufficiale dato alla stampa e al pubblico dopo la vittoria iridata al campionato mondiale di Catania nel 2011…
Quell‘intervista è solo l‘inizio di un rapporto professionale che ci vedrà davanti a microfono e telecamera in più occasioni. Paolo Pizzo sarà anche uno dei protagonisti del mio libro Vite da Campioni nonché il testimonial dell‘omonima trasmissione in onda su Retesole.
Perché per me Paolo è l‘esempio migliore di cosa voglia dire diventare ed essere un campione, nello sport e nella vita. Sudore e sacrifici e voglia di combattere. E sono anche le sue imperfezioni, i suoi scatti d‘orgoglio, i suoi sbagli a farmelo sentire più vicino. Abbiamo tanto in comune.
Crediamo entrambi nelle nostre capacità. Abbiamo “fame”, abbiamo il fuoco della passione che arde in noi. Abbiamo la smania di dimostrare chi siamo. I sacrifici sono il nostro bagaglio in un viaggio che ci ha portato lontani da casa (Sicilia lui, Calabria io). La palestra di scherma del centro sportivo Giulio Onesti diventa lo scenario ideale delle nostre interviste. È grazie a lui e con lui che imbraccio una spada per la prima volta. Che indosso una divisa da scherma, che nascondo il volto dietro una maschera. Che capisco quanto la rabbia agonistica sia croce e delizia allo stesso tempo.
C’è una vita prima. E c’è una vita dopo il cancro al cervello, mi confiderà Paolo negli anni seguenti.
Dal tumore agli ori mondiali.
Come in un film. Anzi. Come una vita che diventa un film.
Paolo Pizzo è attaccante nato, combattente di razza. Esplosivo, fumantino e “un po’ rompiscatole”.
Due volte campione del mondo, nel 2011 e nel 2017. Un argento olimpico con la squadra a Rio 2016.
“La stoccata vincente” per la regia di Nicola Campiotti, film andato in onda in prima serata sulla Rai, celebra il suo percorso, la sua crescita. Il suo riscatto. Le sue debolezze, le cadute. Gli urli sospesi. Gli scatti d’ira. La fragilità che diventa forza.
Il dolore dell’adolescenza. I forti mal di testa, gli attacchi epilettici, le nausee inspiegabili, la vista offuscata, i capogiri. Tutti ostacoli che ovviamente gli impediscono di controllare i movimenti del suo corpo correttamente e anche di praticare lo sport che ama e per cui vive. Gli esami, i ricoveri forzati, l’operazione. Un vero e proprio calvario reso più lieve solo dall’amore e dalla dedizione della sua famiglia. Di papà Piero (interpretato nel film da Flavio Insinna), di mamma Patrizia (portata in scena da Egle Doria), e della sorella Marina (Chiara Cavaliere).
Un vulcano in eruzione. Il fuoco che brucia dentro. Il desiderio di rivincita sulla vita, sugli scherni dei compagni, sulla paura in pedana.
Nel film Paolo Pizzo è interpretato dall’attore Alessio Vassallo, siciliano come lui:
Ci siamo frequentati molto, mi spiega Paolo, e per tanti mesi prima di iniziare le riprese: Alessio doveva riuscire a tratteggiare e portare in scena un carattere molto forte. Doveva far trasparire attraverso sguardi e gesti la mia voglia di vincere, di arrivare, di realizzarmi. E alla fine ci è riuscito al meglio.
Nella scherma di Pizzo c’è tanta rabbia, come gli fa notare spesso il suo amato allenatore Oleg Pouzanov (che nel film ha il volto del polacco Maciej Robakiewicz). Solo controllandola riuscirà a trasformarla in arma in più. Imparare a non vergognarsi più della sua malattia è la sua stoccata vincente.
Paolo ha lo sport nel sangue. Papà allenatore di pallavolo. Nonno Paolo, nuotatore, pallavolista, apneista e schermidore. Nonna Liliana da giovane campionessa di nuoto e di lancio del disco e poi allenatrice di squadre di pallavolo fino ai suoi 80 anni.
Oggi è marito (di Lavinia Bonessio) e padre di due bambine (Elena e Nicole).
Proprio l’amore verso la sua futura compagna di vita (interpretata nel film da Elena Funari) sarà un balsamo per le sue ferite.
Lavinia nella vita reale è molto più timida del personaggio rappresentato sullo schermo. Ragazza introversa, delicata, gentile, misurata.
Sono poli opposti Paolo e Lavinia. Eppure non possono fare a meno di attrarsi.
La proposta di matrimonio arriva in pedana, davanti ad un pubblico emozionato e incredulo.
Il loro amore è la roccia a cui Paolo continua ad aggrapparsi, oggi come allora, anche o forse soprattutto adesso che ha raggiunto un successo mediatico oltre che sportivo.
Stavolta credo proprio di averla fatta emozionare, mi confida. Le è spuntata anche qualche lacrimuccia quando ha visto il film.
La stoccata vincente: dal libro al film
La Stoccata Vincente è ispirato all’autobiografia dell’atleta raccontata nel libro omonimo scritto con il giornalista Maurizio Nicita e pubblicato nel 2016 da Sperling & Kupfer, ora disponibile nelle librerie con una nuova edizione rivista e aggiornata.
L’idea di realizzare un film, mi racconta Paolo al telefono, nasce proprio da qui.
Attraverso flashback legati alla sua infanzia, il film ripercorre la sua storia sportiva e umana fino alla consacrazione come Campione del Mondo, il 12 ottobre 2011, nella sua Catania. Una vittoria conquistata dopo aver attraversato dolori, delusioni, sconfitte, rivalità, rinascite e rivincite.
“La stoccata vincente” è stato girato a Catania, Aci Castello, Acitrezza e sull’Etna, con i suoi Crateri Silvestri a 2.000 metri. Tra le altre location: Roma, Genzano di Roma, Guidonia Montecelio e le sponde del Lago di Bracciano, tra Vigna di Valle e Anguillara Sabazia.
Paolo Pizzo era continuamente presente sul set del lungometraggio per supportare e assistere le riprese in prima persona così da dare preziosi consigli a tutti. In particolare il suo ruolo è stato quello di consulente per le scene di scherma.
La difficoltà è stata condensare una vita così ricca di episodi ed eventi in soli 100 minuti, mi spiega Paolo. Nel mio ruolo di consulente, poi, ho avuto l’onore di seguire passo dopo passo tutto ciò che c’è stato dietro alla realizzazione di questo film. Le difficoltà burocratiche e tecniche, su tutte. Per girare sull’Etna per esempio avevamo ottenuto l’autorizzazione per una finestra temporale di 48 ore. Dovevamo sperare di essere assistiti dal bel tempo e che non ci fossero complicazioni altrimenti sarebbe saltato tutto.
Difficoltà ripagate dalla riuscita di un film, gradito dal pubblico che l‘ha premiato con un 17,49% di share. Oltre due milioni di telespettatori hanno seguito la sua storia in tv.
Io ho visto il film in prima serata con tutto il cast e le nostre rispettive compagne a casa di Vassallo, mi confida. È stato un momento di condivisione molto emozionante. Ci siamo abbracciati. E in quell‘abbraccio c‘era un‘emozione sincera da parte di tutti. Mi sono sentito parte di qualcosa. Come stare in famiglia. Tra di noi è nato un rapporto profondo che va oltre l’aspetto lavorativo.
Spero che un giorno le mie figlie, vedendo questo film, possano sentirsi orgogliosi del loro padre. Non so ancora quando sarà il momento giusto. E sicuramente prima vorrò parlargli io per prepararle a ciò che vedranno. Ma di certo La stoccata vincente è un‘eredità che lascio a loro a futura memoria.
Ora che i sogni sportivi sono stati conquistati, Paolo guarda a nuovi obiettivi e nuove sfide.
Essere un buon padre, e sicuramente più presente su tutti. Ma anche realizzarmi personalmente. Come dirigente, come allenatore; come personaggio radio/tv. Ancora non so bene quale strada sceglierò. Per ora mi sento molto a mio agio nel mio ruolo di mental coach, ma per il futuro non mi precludo nulla.
Paolo mi saluta così, con un appello…
Un desiderio a breve termine ce l’ho: mi piacerebbe che tutti i ministri di questo governo trovassero tempo e modo di vedere il film. Soprattutto ora che lo sport è entrato in costituzione (20 settembre 2023). E lo vorrei perché solo conoscendo storie come la mia si può realmente capire cosa noi sportivi siamo capaci di fare per il nostro Paese.
Una stoccata alla politica. Che speriamo si riveli, anche stavolta, vincente.
#CaparbiamenteSognatrice
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CURIOSITÀ:
Il saluto di Paolo Pizzo a Distanti ma Unite nel periodo del Covid.