L’ultimo dribbling, Vincenzo D’Amico il calcio con il cuore
Ha segnato indelebilmente il panorama calcistico. Ha lasciato un’eredità di passione e dedizione. Che resterà per sempre nel cuore di coloro che hanno avuto il privilegio di incrociare il suo cammino. Calciatore vero. Commentatore televisivo apprezzato nella sua esperienza in Rai, preparato, pacato, gentile ed educato. Stroncato da un male contro cui ha combattuto, con coraggio e determinazione. Un uomo che ha lasciato un segno indelebile nel calcio italiano. Vincenzo D’Amico se n’è andato. Il Golden Boy della Lazio dello scudetto ’74 è morto.
Il 6 maggio scorso aveva annunciato la sua malattia su Facebook, confermando di aver intrapreso, da tempo, la difficile e dura battaglia con il tumore e mostrando una forza d’animo straordinaria unita a un’incredibile voglia di combattere.
Parole che testimoniano il suo coraggio incondizionato, la sua determinazione a non arrendersi di fronte alle avversità. Vincenzo ha affrontato così la malattia, trasmettendo un messaggio di speranza. Fino all’ultimo respiro.
Il suo coraggio ero lo stesso di sempre. Di quello già ammirato in campo.
Un giocatore spavaldo, capace di affrontare qualsiasi avversario senza paura. Il numero 10, genio e sregolatezza.
Il suo talento cristallino insieme alla sua passione per il calcio lo facevano brillare. Non importavano le difficoltà, lui andava vanti, dribblando avversari e superando ostacoli con il sorriso sul volto.
Stavolta dribblare la malattia è stato più faticoso del previsto.
Le parole mancano. Si affollano nella testa. Si mischiano ai ricordi, alle lacrime.
Fanno fatica. Come me.
Vincenzo era un’anima scanzonata, divertente e con un sorriso per tutti. Istrione e capace di sdrammatizzare ed affascinare. Poco importava che si trovasse in mezzo al campo o in un salotto televisivo.
Un eroe dal ginocchio lesionato, un salvatore impavido della patria, forse poco osannato.
Con la sua genialità, chiudeva i baratri.
Con il suo tocco magico, evitava il peggio.
Destro o sinistro non faceva differenza, era imprevedibile per tutti.
Vincenzo dribblava.
Gli avversari, la paura e le leggi della fisica.
Dribblava tutto.
Dribbling = tecnica usata dai giocatori di calcio per superare gli avversari in possesso della palla. Consiste nel controllare e manovrare la palla in modo rapido e abile, utilizzando movimenti agili e imprevedibili per eludere gli avversari e mantenere il possesso della palla. Durante un dribbling, il giocatore può utilizzare varie parti del piede, come la parte interna, esterna o il tallone, per toccare la palla e dribblare gli avversari. Un dribbling efficace richiede una combinazione di velocità, agilità, controllo della palla e capacità di cambiare direzione improvvisamente per superare gli avversari e creare opportunità offensive.
Il dribbling è un’abilità tecnica di alto livello, una delle caratteristiche distintive dei giocatori di calcio più abili e creativi.
Nell’impresa tricolore del 1974, a soli 19 anni Vincenzo D’Amico si laurea campione d’Italia, protagonista indiscusso della Lazio targata Tommaso Maestrelli.
Vincenzino, come ormai tutti lo chiamano, era il cuore di una banda, guidata da un padre buono. Il cucciolo di una squadra fenomenale, coccolato e adorato.
Così piccolo, venti anni nemmeno, e ancora tanto spensierato. Tanto che Maestrelli lo aveva messo sotto tutela e lo controllava a vista.
Con il tempo Vincenzo D’Amico era diventato un campione maturo, capace di gesti eroici e di evitare retrocessioni di un soffio. Entrava in campo e prendeva decisioni. E quando la sua luce brillava, era capace di illuminare ogni singolo filo d’erba. Nulla lo spaventava. Risultati o ferite fisiche. Determinato a giocare fino all’ultimo minuto, dribblando avversari e superando ogni ostacolo sulla strada verso la vittoria.
Fino all’ultimo. E ci hai provato, se ne sono sicura, anche questa volta a giocartela tenacemente. Ti sei confrontato con un avversario temibile, ostico e che non ha riconosciuto la tua smisurata classe.
Hai lasciato il tuo grande talento e l’attaccamento alla maglia e alla tua gente in eredità alla storia, non solo quella della Lazio.
Un calcio d’altri tempi. Romantico e passionale.
Nato a Latina nel 1954, Vincenzo D’Amico arriva nella Lazio nel 1970 dopo aver mosso i primi passi nel Cos Latina e nell’Almas Roma. Qui resta per 16 anni tranne per una breve parentesi di un anno al Torino, 1980-1981. Nel 1981 infatti ritorna, lasciando la serie A e il Torino e riabbracciando la Lazio in serie B.
Dino Viola, presidente della A.S.Roma, aveva provato più volte a portarlo in giallorosso: “Caro D’Amico, Falcao e Liedholm vogliono che la porti alla Roma”. E Vincenzo ripeteva “Presidente, io sto alla Lazio”. Ci è rimasto nella gioia e nel dolore, per 16 anni. Secondo le statistiche ha vestito la maglia della Lazio per 336 volte, segnando 49 gol, ma nessun numero potrà mai raccontare davvero cosa Vincenzo D’Amico abbia rappresentato. Una stella di prima grandezza. Chi ha avuto la fortuna di vederlo giocare si è goduto la sua classe cristallina, i suoi dribbling, i suoi gol e la sua capacità di creare dal nulla un’occasione da rete.
La sua scomparsa lascia un vuoto immenso nel cuore del popolo della Lazio. E lascia pure una gigantesca mancanza nell’intero calcio italiano, che ha perso tanto. Troppo.
Sei stato uno dei più grandi calciatori che abbiano mai calcato i campi. La tua classe e la tua maestria nel gioco ti hanno reso indimenticabile. Un idolo per i tifosi e un punto di riferimento per le giovani generazioni di calciatori. Hai incantato gli spettatori con le tue giocate e i tuoi dribbling mozzafiato.
Uno dei calciatori più belli da vedere, di sempre. E una delle persone più affabili e simpatiche. Non eri solo un calciatore eccezionale, infatti, ma anche una persona straordinaria. La tua umiltà, generosità e simpatia ti hanno fatto voler bene da tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerti. Non importava se tifosi della Lazio o di altre squadre.
Sarai celebrato come è giusto che sia in Campidoglio lunedì 3 Luglio. La camera ardente sarà allestita e aperta al pubblico dalle 13 alle 19. Martedì mattina invece i funerali. L’ultimo saluto ti verrà dato nella chiesa parrocchiale Gran Madre di Dio, a Ponte Milvio, a due passi dall’Olimpico.
Volto umano sorridente, sempre gradevole. La tua dolcezza era la dolcezza di un vero amico. Carismatico e genuino.
A te che sei stato e sempre sarai.
Vince mio
Bandiera, Capitano, Golden Boy, talento puro e scanzonato.
A te che sei stato e sempre sarai.
Ti ho voluto bene, prima perché te ne voleva papà e poi perché ti ho conosciuto e tu eri tu.
Mi hai inondata di affetto e aiutata.
Però, però…
Mi fa strano scrivere al passato.
Per cui, ti voglio bene Vince mio.
Grazie per averci regalato i tuoi dribbling indimenticabili e per averci insegnato che la passione e la volontà possono superare qualsiasi avversità. Grazie per i tuoi abbracci e i tuoi sorrisi.
A te che sei stato e sempre sarai.
Vince mio
Qui manca già il tuo sorriso.
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