Siamo l’esercito del selfie
Nella guerra per la visibilità a tutti i costi, l’esercito del selfie è sempre pronto a sferrare il suo attacco. Nella speranza della conquista di un like, di un commento o di un follower in più.
Non importa chi sia il “famoso” di turno. O dove si trovi. Se in una situazione pubblica o privata.
E non importa nemmeno se quella fotografata sia la scena di una tragedia. O di un incidente. All’esercito del selfie importa solo una cosa: quello scatto. A tutti i costi. Che renda immortale quel momento per poter un giorno dire: “io c’ero” e, nell’immediato, per rendere più instagrammabile la propria “social life”.
Così accade che…
nel silenzio di una sala del Campidoglio allestita come camera ardente per il defunto giornalista Maurizio Costanzo, irrompe una voce:
“Maria, possiamo farci un selfie?”
Maria De Filippi è la signora della tv. Ma in quel momento, in quel luogo, rappresenta solo una vedova, seppur illustre; una donna che ha voglia di piangere suo marito.
Lei non si sottrae. Anzi abbozza quasi un sorriso. Con dignità ed eleganza. E si presta a quello scatto. Con imbarazzo sì, ma con garbo. Come in pochi avrebbero fatto.
E tac: il selfie è servito.
Una scena disgustosa, criticata dai più. Anche se, a voler essere del tutto onesti, tra quei più si nascondono anche i tanti che si sarebbero comportati allo stesso modo. Perché, mi sembra di sentirli:
“Vuoi mettere un selfie con Maria De Filippi”?
“E quando mi ricapita?”
L’esercito del selfie è sempre in agguato. E colpisce. Incurante delle circostanze, irrispettoso persino del lutto. O di una tragedia, come accadde all’epoca del naufragio della Costa Concordia al largo dell’isola del Giglio. Il famoso “selfie con il relitto”.
L’esercito del selfie non ha rimorsi. Anzi ben vengano i commenti degli haters. Creano hype, aumentano la visibilità del post, attivano l’algoritmo.
Non a caso un giornalista, che ha raccontato di aver incontrato sul treno uno dei due protagonisti del selfie incriminato, sostiene di avergli sentito dire che senza quel selfie con Maria De Filippi mai avrebbe fatto così tante visualizzazioni sui social…
Ecco. Questo è l’esatto confine in cui la social life dimentica buon senso e rispetto e supera la linea della decenza.
Non me ne stupisco più di tanto. Non sono “allibita”, come ho letto da più parti.
Sono disgustata, quello sì. Ma poco sorpresa.
Mi aspetto questo ed altro da chi, oramai da tempo, ha messo in pausa la propria “real life” per ingrassare la sua realtà virtuale e vivere la propria vita (e quella degli altri) solo attraverso lo schermo di un computer o di un PC.
Credo sinceramente che persino la stessa Maria De Filippi non sia rimasta stupita dal gesto di quei due ragazzi. Lei che di giovani ne ha conosciuti e visti passare a migliaia nel corso delle sue trasmissioni.
Quei due giovani, protagonisti della deprecabile richiesta di un selfie tra una condoglianza e l’altra sono esattamente lo specchio di ciò che siamo diventati.
Figuriamoci: viviamo in un momento storico e sociale in cui si prova addirittura a diventare “famosi” esibendo sui social le gravissime patologie dei propri figli. Dove si mettono in vetrina le gesta dei propri bambini perché “portano un sacco di like”.
Dove piuttosto che vivere il momento, noi quel momento pensiamo a fotografarlo, a riprenderlo. A volte dimenticandoci di apprezzarlo.
Siamo di fronte alla decadenza morale di un’intera generazione? Sì e no. Forse semplicemente assistiamo ad una nuova forma moderna di decadenza morale. Quella che si esprime attraverso i social appunto.
Per i quali sono milioni le persone disposte a fare di tutto.
Per diventare qualcuno. Avere più follower. Aumentare la propria visibilità.
Non sorprendiamoci quindi.
Quelli siamo noi. Forse non tu che mi stai leggendo e ti tiri fuori da questa brutta deriva. Ma, ammettiamolo: quei due ragazzi non sono casi isolati.
Siamo l’esercito del selfie, come cantavano Arisa e Lorenzo Fragola qualche hit estiva fa.
I due ragazzi da una parte. I leoni da tastiera, pronti a puntate il dito dall’alto della propria presunta innocenza, dall’altra. Faccia della stessa medaglia.
In una società costruita sull’ego personale, dove il “noi” ha lasciato il posto all’”io a tutti i costi”, ecco che un selfie con la vedova famosa vale più del dolore, della tristezza, delle lacrime.
Maurizio Costanzo, che con grande acume ha attraversato le varie epoche della tv dando voce a personaggi di ogni genere, sicuramente oggi troverebbe parole migliori delle mie. Ma sono certa che fornirebbe ai propri spettatori un’analisi poco scontata e molto realistica di ciò a cui abbiamo assistito.
Mi piace immaginarlo mentre prepara un’altra puntata del Maurizio Costanzo Show lassù in cielo.
Bboni state bboni.
Lo avrebbe detto con quel tono che lo ha reso famoso. Che tante volte ho sentito dal vivo durante una delle sue lezioni alla facoltà di Scienze della Comunicazione. Perché sì, anche io l’ho conosciuto. Sono stata sua studentessa.
Maurizio Costanzo era diverso eppure come noi. Ci guardava e scrutava dall’alto della sua esperienza e della sua carriera, ma riusciva a parlare il nostro stesso linguaggio e a cogliere sfumature nei nostri comportamenti, nella nostra esposizione di quell’affascinante materia che è “Teoria e tecniche del linguaggio radio-televisivo”.
Bboni, state Bboni.
Indigniamoci pure. Condanniamo. Ma non dimentichiamo che quei ragazzi sono lo specchio delle loro famiglie, dell’educazione ricevuta, della società in cui viviamo.
Piuttosto che insultare, odiare, recriminare. Iniziamo da noi. Dai nostri figli. Dai nostri amici.
Promettiamoci reciprocamente che la vita reale sarà sempre più importante della nostra “social life”.
E che un selfie potrà aspettare. Sempre e comunque.
#CaparbiamenteSognatrice
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