Il coraggio non si compra. I calciatori Iraniani per le donne
Undici ragazzi. Iraniani. Che si rifiutano di cantare l’inno nazionale. Una squadra di calcio. I Campionati del Mondo e il Qatar. Un gesto per esprimere dissenso. Un comportamento inatteso. Una bella storia che potrebbe finire molto male. Perché il coraggio non si compra, è strettamente connesso con la libertà di scelta. E troppo spesso scegliere vuol dire mettersi dalla parte del più debole.
Sì parliamo di calcio, sì parliamo dei Mondiali di calcio e sì parliamo di quelli in Qatar, dove già sono alte le polemiche in temi di diritti violati.
E’ il 21 novembre e allo Stadio Internazionale Khalifa sta per giocarsi Inghilterra-Iran.
E’ il momento degli Inni Nazionali.
E’ il momento dell’Inno dell’Iran.
E tutti, tutti, gli undici titolari rimangono in silenzio.
Dai tifosi arrivano i fischi. Mentre sugli spalti campeggiano striscioni a sostegno dei diritti umani e delle donne.
Alla vigilia del mondiale il difensore Ehsan Hajsafi aveva dichiarato in conferenza stampa che
Ed ecco come la voce del popolo si fa sentire.
In silenzio, ma facendosi ascoltare ovunque.
A supporto della lotta contro il regime che opprime l’Iran, prima della sfida con l’Inghilterra, questi 11 uomini si assumono il coraggio di scegliere e non sapendo cosa li aspetterà, quando l’aereo atterrerà a Teheran una volta eliminati dal mondiale, decidono di opporsi. Con un gesto simbolico quanto plateale.
La situazione in Iran è precipitata a metà settembre, quando si è diffusa la notizia della morte in carcere di Mahsa Amini, la ragazza di 22 anni arrestata dalla polizia morale per aver violato il rigido codice di abbigliamento islamico. Perché indossava il velo in maniera non corretta.
Il giorno dei suoi funerali, il 17 settembre, è partita una lunga protesta che col passare delle settimane è cresciuta sempre più.
Così come è aumentata la repressione.
Secondo le ong locali le vittime fra i manifestanti sarebbero 342, fra cui una quarantina di minori.
L’Onu parla però di circa 14mila persone arrestate.
E le cose potrebbero ancora peggiorare. Perché il parlamento ha votato una legge che condanna a morte chi si macchia di crimini contro lo Stato.
Le tensioni che stanno incendiando l’Iran hanno surriscaldato anche lo spogliatoio della squadra di Queiroz.
Alcuni calciatori hanno preso apertamente posizione contro il regime teocratico.
Altri hanno preferito stare zitti.
A fine settembre la Nazionale gioca due amichevoli in Austria, contro Uruguay e Senegal.
Dopo la vittoria per 1-0 sull’Uruguay, Sardar Azmoun, attaccante del Bayer Leverkusen, pubblica un post sul suo profilo Instagram. Con parole che non lasciano spazio a dubbi.
Che coraggio!
E mentre per paura di squalifiche ai loro giocatori più forti, le nazionali di Inghilterra, Danimarca, Galles, Belgio, Olanda ubbidiscono alla FIFA e si adeguano a non mettere una fascetta sul braccio contro le discriminazioni. Che poi si arrabbiano gli sceicchi.
Questi 11 giocatori si mettono contro tutto e tutti. Incuranti di ciò che potrebbe accadere loro.
Erano stati accusati di non aver preso posizioni, e invece no!
I calciatori iraniani non hanno chinato la testa e hanno dimostrato davanti a tutto il mondo di essere contro. Contro la violenza e la repressione. Hanno urlato il loro dissenso, senza nemmeno aprire la bocca.
Hanno screditato un regime. Scegliendo come palcoscenico la competizione sportiva più seguita al mondo.
Per gesti come questi serve tanto coraggio. Che non non si vende e non si compra.
Un gesto che assume una valenza straordinaria, compiuto alla viglia del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Data da sempre intrisa di parole e proclami.
E questi 11 uomini invece di parlare sono stati in silenzio e hanno scelto di fare i fatti.
Grazie!
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