Risveglio cerebrale: Memo Remigi e una società da reinventare. Un bambino alla volta…
Da giornalista, da direttore artistico di un’emittente radiofonica la cui redazione è composta quasi interamente da donne, da componente di questa meravigliosa realtà che è Distanti Ma Unite e (a breve) da padre di una bimba, non posso che dichiararmi schifato per l’episodio che ha visto protagonisti Memo Remigi e Jessica Morlacchi.
Schifato. Non trovo termini più adatti. Schifato e non sorpreso perché di scene simili, nelle mille redazioni che ho frequentato, ne ho dovute tollerare fin troppe. E sempre con interpreti uomini anziani o di mezza età (chi vuole capire, capisca…) che mentre giocano a vestire i panni degli umili e dei privilegiati, sono in cuor loro convinti che le donne non siano altro che pezzi di carne da poter utilizzare al bisogno. Bambole che non possono non desiderarli e che in fondo devono anche ritenersi onorate di ricevere certe attenzioni.
Deprimente, non trovate?
Eppure, c’è qualcosa di ancora più basso con il quale fare i conti e ha a che vedere con il lavoro, con le opportunità, con una generazione dimenticata per compiacere il vero motore immobile di questo Paese: i vecchi.
L’unica platea affezionata alla Tv di Stato.
L’unico pubblico ancora intento ad aspettare l’inizio dei programmi televisivi, mentre il resto del mondo punta dritto all’on demand.
L’unica base economica, stabile, di una Nazione tenuta per le palle da un mucchio di signori che decide i palinsesti, modifica gli algoritmi ma non sa spedire una mail.
E mentre fior di professionisti rimangono a casa sul divano, alla ricerca di ruoli e posizioni che non potranno mai raggiungere con la sola forza delle loro qualità, mentre altri lavorano pagati a pezzo o partecipano alla realtà dalla scrivania di una stanza in affitto, questi laidi continuano a strappare contratti, guadagnare soldi, per di più in Rai.
La mia preoccupazione più grande, sta nel mondo che sto per regalare a mia figlia: il peggiore mai immaginato. E per quanto io non mi senta in nessun modo responsabile di quello che vedo e sento, non posso che pensare alle bimbe che nasceranno. Che abbraccerei, tutte, senza esclusione. Alle quali farei da scudo, immediatamente, senza pensare alle conseguenze.
Care ragazze – vorrei dire loro – non sorridete a denti stretti mentre qualcuno vi sfiora il sedere. Non sentitevi in colpa o imbarazzate. Piuttosto giratevi. Con orgoglio. Ovunque voi siate. E scacciate quella mano, lasciva e prepotente. Non tenetevi dentro i vostri imbarazzi. Dategli parola e sfogo. E crescete nella consapevolezza che il vostro corpo è inviolabile e che solo voi potete decidere come e quando farne uso. Che un “no” è un “no”. Anche se solo fino a un secondo prima era un “sì”. Su questo non si transige.
Io non lo so quanto la mia generazione e quelle successive dovranno pagare i danni, economici e morali, che continuano a creare questi bambinoni che non sanno tenere le mani in tasca.
So che mai come adesso appare necessario un ricambio. Drastico e immediato.
So che sta a noi, soprattutto a me, dare vita a una società diversa. Più equa, più giusta, più sana e felice. Priva di aberrazioni simili.
Nella quale ogni vecchio sappia quando farsi da parte per lasciare spazio agli altri.
Nella quale il mantra non sia “difendi tua figlia” ma “educa tuo figlio”.
Vi annienteremo, ne sono certo. E lo faremo un bambino alla volta.
Gabriele Ziantoni #DisperatamenteMalinconico
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