Paola Egonu: il prezzo dell’ignoranza e del razzismo
Paola Egonu paga sulla sua pelle e per il colore della sua pelle il prezzo dell’ignoranza e del razzismo.
Un prezzo troppo alto per chiunque. Anche per una delle migliori giocatrici di volley al mondo.
La pelle color ebano. Eredità dei genitori di nazionalità nigeriana. Nata a Cittadella, in provincia di Padova. Regione, Veneto. Nazione, Italia.
“Mi hanno chiesto perché fossi italiana”, si sfoga a bordo campo con il suo procuratore al termine della finale mondiale che regala una medaglia di bronzo all’Italvolley femminile.
E poi quel pensiero dettato dall’emotività e dallo stress del momento: “lascio la nazionale”.
Il video, ripreso da un tifoso, si diffonde velocemente sui social e in rete. Si scatena il dibattito, si susseguono le dichiarazioni, si perde rapidamente di vista il problema principale. Come spesso accade.
Ma andiamo con ordine…
Per capire lo sfogo di Paola Egonu bisogna fare un passo indietro. Al giorno della semifinale contro il Brasile in cui l’Italia vede sfumare la possibilità di conquistare la medaglia d’oro. L’errore decisivo sul 23-24 del terzo set (dopo una situazione di perfetta parità) è suo.
Non è la sua partita. E si vede. Da quel momento le azzurre si perdono. L’opposto, ritenuta uno dei principali responsabili della débâcle, viene subito messa sul banco degli imputati. Lei, il simbolo della squadra; lei, il faro che si spegne. Lei, nell’occhio del ciclone. Sempre lei, travolta da un’odio social che non fa sconti. Ancora una volta.
Goccia dopo goccia, insulto dopo insulto, il vaso è traboccato.
Ha solo 23 anni Paola Egonu. Sin dal suo debutto sui campi da gioco è oggetto di aspettative altissime da parte dei suoi allenatori e dei suoi tifosi. Come accade a ogni “enfant prodige” cresce con il peso della responsabilità di essere la più forte. La pressione ha divorato il cuore fragile. Le parole offensive hanno alimentato le sue ferite.
Paola è stanca. Fisicamente e mentalmente. Come una qualsiasi altra ragazza della sua età ha le sue debolezze, che, si sa, però, ai campioni difficilmente vengono perdonate.
Ora, al di là che la giocatrice dica davvero addio alla Nazionale o che decida semplicemente di prendersi una pausa, non cambia molto la sostanza delle cose.
La mentalità contro cui Paola Egonu si scontra è frutto di un modo di pensare gretto, limitato. Un giudizio superficiale basato sul colore della pelle. O sull’inclinazione sessuale. Il multiculturalismo dovrebbe essere parte integrante delle nostre città, dei nostri territori, delle nostre esistenze. Dovrebbe. Ma così non è. Abbiamo paura del diverso. Siamo intolleranti.
Peccato che ogni volta il dibattito si sposti sulla polemica politica piuttosto che affrontare seriamente il tema dei pregiudizi. Pre-giudizi. Dannosi e pericolosi. In ogni ambito. Qualsiasi tematica si affronti.
Sullo stesso argomento leggi anche “La paura del diverso: razzismo e suoi derivati”
Peccato che non sia sempre e solo il merito al centro dell’attenzione, ma il sesso, il colore della pelle, la provenienza geografica.
Perché se solo di merito volessimo parlare, allora dovremmo ringraziare che Paola Egonu sia italiana. Parliamo di una giocatrice che ha già stabilito vari record nella sua giovane carriera. Quello del maggior numero di punti in una partita (47). Una schiacciata e una battuta che arrivano a 100 km/h. Un palmares che vanta un mondiale per club, due Champions League, un campionato, 7 coppe e due medaglie (argento e bronzo) ai mondiali.
Nel 2021 Forbes l’ha inserita tra le under 30 più influenti del mondo.
E noi qui ancora a parlare del suo colore della pelle? O del suo orientamento sessuale?
Su cosa si era concentrato, per esempio, il dibattito popolare e politico quando alla vigilia delle Olimpiadi Paola Egonu era stata scelta come portabandiera olimpica per la Cerimonia d’apertura di Tokyo 2020? Esattamente su questi due punti.
Ha la pelle nera. E ha dichiarato pubblicamente di avere una fidanzata.
“Paola Egonu diventa portabandiera olimpica perché incarna un clichè!“
Mario Adinolfi
Rifiuta le etichette Paola. Tutte. Ma purtroppo le subisce. Perché è ancora troppo giovane per sviluppare quel pelo sullo stomaco che ti permette di rispedirle al mittente senza rimanerci troppo male. Quelle etichette, al termine della finale mondiale contro gli Stati Uniti, l’hanno psicologicamente schiacciata.
Si riprenderà, crescerà, si abituerà a fare i contri con gli haters e a derubricarli per quello che sono. Ignoranti “leoni” da tastiera.
Paola Egonu sarebbe dovuta e potuta diventare un simbolo per un Paese, l’Italia, in piena lotta per vincere la sfida della diversità e dell’uguaglianza.
Ecco, oggi quella sfida l’Italia l’ha persa. Ancora una volta.
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