E’ da piccoli che si diventa grandi
Maschi e femmine. Maschi contro femmine. Stereotipi e pregiudizi. Bambine e bambini, ragazze e ragazzi, donne e uomini. Scuola, educazione e rispetto. Violenza, discriminazione e condizionamenti sociali. Gli adulti di domani, speranza e insegnamento. Una petizione, l’Unicef e la cultura che cambia. Perché è da piccoli che si diventa grandi. Si imparano da piccoli, le regole da rispettare. Si apprendono tra i banchi di scuola, comportamenti spesso sbagliati. Fissazioni, preconcetti, idee scorrette e disuguaglianze che possono portare, nel tempo, a condotte anche pericolose. Si assorbono nei rapporti tra compagni, i futuri modi di fare.
Per questo c’è bisogno che i piccoli imparino gli atteggiamenti giusti.
Ai giovani va insegnato come combattere la discriminazione, lavorando sulla creazione di relazioni positive e paritarie.
Affrontare con bambini, bambine e adolescenti l’educazione al rispetto, e al rispetto di genere in particolare, è il primo mattone nella costruzione di una nuova e migliore società.
Perché la differenza culturale tra maschio e femmina è dovuta in buona parte a condizionamenti culturali, che l’individuo subisce nel corso del suo sviluppo. E’ arrivato il momento di scardinare quei vincoli.
La violenza di genere affonda le sue radici nella disparità storica tra uomini e donne.
Una disuguaglianza che ha una matrice socio-culturale basata su stereotipi di genere, che allo stesso tempo la generano e la riproducono, come sottolineato anche dalla Convenzione del Consiglio d’Europa, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul).
In pratica, siamo condizionati nei nostri comportamenti da luoghi comuni e pregiudizi, che siamo stati noi stessi a creare. Come un cane che si morde la coda.
Dobbiamo interrompere questo circolo vizioso di pensieri ed azioni, che costituiscono a tutti gli effetti i mattoni di muri che ci separano gli uni dagli altri, impedendoci di conoscerci reciprocamente. Più i muri sono alti, più cresce il distacco, le incomprensioni si accentuano e l’ipotesi della rabbia e della violenza diventa concreta.
Va da sé che contrastare la prepotenza ed educare al rispetto di genere non può prescindere dal ridefinire i rapporti sin dall’infanzia.
Dunque, che facciamo? Iniziamo a regalare bambole ai maschi e palloni da calcio alle femmine?
Non è così semplice, però chissà.
“Stai attenta”, “Non uscire la sera”, “Denuncia”. Quante volte una donna si sente ripetere una frase di questo tipo?
Ecco, per non diventare un numero nella classifica delle vittime di aggressioni o di femminicidi ormai ripetiamo da anni che è necessaria un’inversione di cultura.
A dover essere educati dovrebbero essere, prima di tutti i maschi, prima di diventare adulti. Quando sono ancora bambini.
In famiglia. E a scuola.
C’è bisogno di mezzi e strumenti che possano aiutare i genitori a crescere bambini e ragazzi rispettosi.
E’ necessario organizzare, ad esempio, lezioni obbligatorie per gli studenti sull’importanza del consenso e della sessualità consapevole.
Diventa oggi fondamentale che la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni di genere, che spesso sfociano in violenza, vengano insegnati a bambine, bambini e adolescenti. Nel loro percorso di consapevolezza e crescita come cittadine e cittadini del mondo.
Con questo intento è nata la Campagna di UNICEF Italia, lanciata l’8 marzo scorso, in occasione della Giornata Internazionale dei diritti della Donna.
No alla violenza di genere e sì all’educazione alla parità di genere nei curricula scolastici.
“NO alla violenza di genere: insegniamolo tra i banchi”.
Una petizione da firmare per iniziare a cambiare la cultura.
Donne e uomini migliori si diventa
Testimonial della campagna è Gabriele Corsi
Se è da piccoli che si diventa grandi, è necessario educare i piccoli.
La finalità della Campagna UNICEF è quella di raccogliere firme, per chiedere al Ministero dell’Istruzione di consolidare la promozione della parità di genere.
Lo scorso anno UNICEF Italia ha già lanciato una petizione per promuovere la richiesta di adozione del Piano nazionale sulla violenza maschile contro le donne, avvenuta poi nel corso del 2021.
Quella petizione prevedeva al primo punto che le Istituzioni si adoperassero per la “prevenzione” del fenomeno della violenza di genere.
Quest’anno, dunque, con “No alla Violenza di genere: insegniamolo tra i banchi“, l’UNICEF prosegue la sua attività, per garantire la piena attuazione delle Linee guida nazionali del Ministero dell’Istruzione.
Carmela Pace è Presidente di UNICEF Italia.
E’ la prima donna a ricoprire questa importante carica nella storia della nostra organizzazione in Italia. È stata Dirigente Scolastico, membro del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, Referente Nazionale della Commissione arte e cultura della FIDAPA, Fondazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari.
In lei convergono i cardini della campagna di quest’anno. Educazione scolastica e rispetto della parità di genere.
E’ Carmela Pace che delinea i contorni della petizione.
È fondamentale incentivare l’informazione e il dibattito su temi connessi a stereotipi, discriminazione e violenza di genere coinvolgendo bambini e bambine, ragazzi e ragazze
“È da piccoli che si diventa grandi’, ed è per questo che l’UNICEF si mobilita per un impegno sociale e civile dell’opinione pubblica: per dire NO alla violenza di genere e SÌ all’educazione alla parità di genere nei curricula scolastici.
Il ruolo che l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole ha assunto in questi ultimi anni è il luogo più idoneo all’insegnamento della non violenza di genere per le scuole di ogni ordine e grado.
E’ importante che la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni di genere, che spesso sfociano in violenza, vengano insegnati a bambine, bambini e adolescenti nel loro percorso di consapevolezza e crescita come cittadine e cittadini del mondo.
La violenza contro le donne, le ragazze e le bambine è una gravissima violazione dei diritti umani.
In Italia ogni 3 giorni si verifica un femminicidio. Nel 2021 ci sono stati 118 omicidi di donne, di cui 102 in ambito familiare o affettivo. 9 donne su 10 dichiarano di aver subito violenza psicologica. Il 67% violenza fisica. Il 49% minacce e il 38% violenza economica.
Molto diffusi sono gli stereotipi di genere, come riporta l’Istat. Così una percentuale pari al 32,5% dice che per l’uomo più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro. Per il 31,5% gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche. E il 27,9% afferma che sia l’uomo a dover provvedere alle necessità economiche della famiglia.
Decisamente preoccupanti sono i preconcetti legati al controllo e alla violenza sessuale. Il 17,7% reputa accettabile, sempre o in alcune circostanze, che un uomo controlli abitualmente il cellulare e/o l’attività sui social network della propria moglie/compagna.
E sta per arrivare la parte ancora più agghiacciante.
Addirittura il 39,3% della popolazione ritiene che una donna sia in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole. Elevata anche la percentuale di chi crede che le donne possano provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire, ben il 23,9%.
Non è finita.
Il 31,5% delle ragazze adolescenti e donne tra i 16 e i 70 anni, intervistate dall’Istat, ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita. Parliamo di circa 6,9 milioni di donne.
I dati stimano inoltre che il 26,4% delle ragazze adolescenti e donne abbia subito violenza psicologica o economica dal partner attuale e il 46,1% da un ex-partner. E che il 21,5% delle ragazze adolescenti e donne abbia subito stalking da un ex-partner nel corso della propria vita.
Stando così le cose, non stupisce che nei primi nove mesi del 2021 le richieste di aiuto al numero antiviolenza 1522 siano state 12.305, il 79,5% in più rispetto al 2019.
I numeri purtroppo non mentono.
Alt.
Prendi un bel respiro e torna su a leggere.
Perché i numeri li hai visti ma ti sono scivolati nella mente, senza fermarli. Naturale che sia così. Sono tanti e pure assurdi!
Nel 31,5% delle ragazze adolescenti e donne che ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, potrebbe esserci una tua amica, nel 49% che ha ricevuto minacce una tua collega. Non sono percentuali, non sono numeri. Sono persone. Siamo tutti noi.
Emerge chiaramente come i diritti e il benessere di bambine, bambini e adolescenti siano strettamente legati al rispetto dei diritti e all’empowerment delle donne.
Le disparità di genere sono la causa principale delle discriminazioni ma anche della violenza di genere, fenomeno globale che coinvolge circa una donna su tre nel corso della propria esistenza.
Per prevenire la violenza occorre educare.
Per garantire a ogni bambina o bambino, ragazza o ragazzo, uguali opportunità e tutele nella vita.
In conclusione, per tornare alla domanda sui giocattoli… iniziamo a regalare bambole ai maschi e palloni da calcio alle femmine?
Ecco, parità di genere significa aggiungere e non sottrarre.
Significa dare la possibilità a bambine, bambini, ragazze e ragazzi di scegliere di giocare senza distinguere tra automobili, palloni e bambole, e di poter decidere liberamente qualsiasi colore indossare, rosa o azzurro che sia.
Se è modificando la cultura che cambieremo le dinamiche sociali di genere, allora partire dalla scuola è il primo e sacrosanto passo da compiere. Perché è a scuola che si impara il rispetto delle differenze, o almeno, così dovrebbe essere.
Le bambine diventeranno madri consapevoli. I bambini uomini di valore.
E forse in un futuro, non troppo lontano, vedremo sempre più bambine sorridenti giocare a calcio, invece di assistere a pianti e faccine tristi perché costrette ad andare a danza.
E, il condizionale è d’obbligo, i 118 omicidi di donne del 2021 potrebbero non ripetersi più.
La storia possiamo modificarla.
Vale sicuramente la pena tentare.
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