Rimettersi in gioco, roba da donne
Immaginate di essere donna. Di avere più di 40 anni. Di avere almeno due figli in età scolare e di trovarvi da un giorno all’altro, in un altra città, in un altro Paese, lontana da affetti e senza lavoro. La maggior parte delle donne che ho incontrato da quando vivo all’estero ha questa storia. Ha lasciato il lavoro, magari sudato e conquistato con tanti sacrifici, per seguire il marito all’estero perché ” lui ha avuto un’offerta a cui proprio non si poteva dire di no”. Queste sono donne che si rimettono in gioco. Sempre.
Il lavoro nobilita l’uomo…. e la donna può attendere”
( tratto dal libro “Donne al bivio: correggere la rotta e rimettersi in gioco quando non si hanno più vent’anni” di Ivana Castoldi).
La storiella raccontata sopra rispecchia in parte quello che è successo a me. Io non ho lasciato completamente il mio lavoro: una parte sono riuscita a portarmela dietro. Il resto l’ho dovuto lasciare. Per forza. Ma la domanda qui è: perché deve essere sempre la donna a lasciare? A sacrificarsi? A reinventarsi, sempre che ne trovi il tempo….
Ecco, il tempo deve essere trovato. Ognuna ha i suoi modi e i suoi tempi ma la cosa importante a mio avviso è che questi debbano essere sempre posizionati sul tasto “on”.
Mi spiego meglio.
Le donne sono sempre ad un bivio.
Decidere di mollare tutto e trasferirsi all’estero, soprattutto quando non hai più vent’anni (ora ho capito perché ti dicono di trasferirti appena esci dall’università….è molto più facile se lo fai da giovane….), non è una decisione che si prende a cuor leggero. Il fatto è che la stragrande maggioranza delle donne che si trasferiscono all’estero, lo fa perché segue il marito/compagno/fidanzato. Per la famiglia. Per tenerla unita. Quindi la loro non è proprio una scelta: è una scelta obbligata. Nei vari blog e forum che seguo da quando sono andata via dall’Italia, è pieno di donne che raccontano come hanno vissuto il loro trasferimento. Emotivo soprattutto.
Voi non avete idea dello sforzo mentale che si fa nel sapere che bisogna ricominciare tutto daccapo. Senza avere le basi su cui ci si è affidate per tanto tempo. Senza avere la minima visione del futuro. Il problema è capire da dove cominciare.
La verità però è che noi donne facciamo molti più bilanci degli uomini. In generale.
Resilienza è una parola per donne
L’intro del libro di Ivana Castoldi è molto eloquente e fa capire bene come ci si sente.
“Tra i quaranta e i cinquant’anni arriva, per ogni donna, l’età del primo vero bilancio. Le esperienze – affettive, lavorative, famigliari – raccolte e vissute sono ormai sufficienti per fare un’analisi delle soddisfazioni e delle delusioni che le accompagnano. Le idee e gli entusiasmi giovanili sono stati messi alla prova della realtà dei fatti e ne sono usciti trasfigurati da una diversa messa a fuoco. È allora giunto il momento di riprendere in mano il timone della propria vita e capire dove indirizzarla. Proprio questi anni infatti rappresentano un periodo chiave che, affrontato nel modo giusto, può portare a una realizzazione piena e matura“.
Che fare?
“Che fare allora se il punto in cui ci ritroviamo al momento di questo primo consuntivo non ci soddisfa del tutto o ci sembra lontano da ciò che desideriamo? La maturità data dall’esperienza e la grande energia che ancora permette di fronteggiare sfide impegnative sono le risorse preziose cui attingere per affrontare nuovi progetti, con ottimismo e intraprendenza. Insieme a tre parole d’ordine: consapevolezza, coraggio e cambiamento – non necessariamente del proprio stato, ma della mentalità. Perché è esattamente “nel mezzo del cammin di nostra vita” che possiamo trovare la chiave per aprire la porta di un’esistenza che ci rispecchi davvero”.
Il bivio è un posto in cui ci ritroviamo troppo spesso, noi donne. Non so se abbiamo più scelte da fare rispetto agli uomini (credo proprio di sì), ma, almeno a me, capita di arrivarci sempre con il cuore molto pesante.
Reinventarsi…una parolona!
La parola reinventarsi mi è frullata nella testa per molto tempo. La verità è che reinventarsi era l’unica cosa a cui mi dovevo aggrappare per non annientarmi. Per non sparire. Ho iniziato con la lingua. Se volevo trovare un lavoro dovevo parlarla bene. Ho continuato a studiare. Ci sono stati dei momenti in cui ho pensato di mollare e abbandonarmi a vivere una vita che non facesse proprio a caso mio. “Pazienza, mi si può pretendere tutto dalla vita”.
“Che la forza sia con te” come diceva Ian (Solo pure lui…)
Ci sono stati momenti in cui ho rimandato. Alla fine ce l’ho fatta. Ho trovato il mio equilibrio, la mia nuova dimensione, diversa da quella che mi ero creata precedentemente. Ma mia. Ho colto la palla al balzo per dare sfogo alle mie passioni e alle mie competenze, cercando di vedere le cose da una diversa prospettiva.
Ma che fatica immane per arrivare a questo punto!
Nell’ultima settimana sono successi vari avvenimenti che mi hanno fatto riflettere su come cambia la vita per noi donne quando siamo costrette a fare scelte radicali. E volevo declamare la mia riflessione al mondo intero. Sarà la vecchiaia che avanza, sarà il fatto che questa settimana mi sono sentita svuotata e piena di energie quasi contemporaneamente, in un vortice di emozioni e sentimenti mai provati prima. Dovevo scriverlo.
La conclusione a cui sono arrivata, e che voglio condividere con tutte quelle donne che si trovano ad un bivio è: ce la farete. Tenete ben a mente l’obiettivo. E non vi affliggete se ogni tanto non vi va di andare avanti.
È proprio vero che siamo più forti di quello che pensiamo di essere.
Al liceo mi appuntai sul diario una frase “indulgente” di Svevo: “È libertà completa quella di poter fare ciò che si vuole a patto di fare anche qualche cosa che piaccia meno. La vera schiavitù è la condanna all’astensione.”Dico indulgente perché, in un’età in cui la ribellione è spesso un vanto, rifarsi ad un appello all’ossevanza controvoglia, seppur occasionale, non è scelta molto popolare. Io continuo a vederci una sublimazione della libertà: se oltre all’istinto abbiamo anche dei principi – etici o morali – o dei fini non immediati – pratici o ideali – non possiamo sperare di raggiungerli od ottenerli senza sacrificare, almeno ogni tanto, il godimento del quotidiano. Ed in questo passaggio si realizza la nostra vera libertà, quella più profonda. (cit).
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