Storie da raccontare/8 – La matita
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Canzone consigliata: Caos – Fabri Fibra
– E’ tua questa?
– No
– Ma come “no”?! Questa è la tua matita!
– Non credo di averla mai vista.
– Ma che cazzo dici? Questa è la tua matita! Ce l’hai da quando ti conosco! Non ti ho mai visto senza.
– Ah già, sì è la mia.
– Che ci faceva in bagno dentro la lettiera?
– A me lo dici? Chiedilo al gatto…
– La pianti?
– Ancora? Non so niente. Non lo so come quel fottuto pezzo di legno sia arrivato in quel cazzo di bagno!
– Io sì: l’hai buttata te, di proposito.
– Ma non dire cazzate…
– Perché non scrivi più?
– Non ho ispirazione.
– Perché non scrivi più?
– Sono stanco, ho sonno. Il lavoro mi massacra e non ho tempo.
– Perché non scrivi più?
– OH! Ma non hai visto che non gliene frega un cazzo a nessuno? L’ultimo racconto ha ricevuto due like e uno era il tuo. Il mio primo romanzo è fuori produzione e non credo verrà ristampato. L’ultimo non è arrivato nemmeno a 500 copie. Eddai…
– E quindi?
– Nulla, solo non c’è spazio per me. Come scrittore intendo.
– Ma falla finita.
– Ma lo sai quanta fatica ho fatto a scrivere ‘ste quattro battute di nemmeno troppa arguzia?
– Quanta?
– Tanta, cazzo! Tanta!!
– E perché lo hai fatto, allora?
– E io che cazzo ne so? Ho dormito di pomeriggio, cosa che non mi capitava più non so da quanto tempo. Mi sono svegliato e avevo Fibra nelle orecchie, la casa vuota, il silenzio intorno. Poi mi sono ricordato della scadenza col sito e per una volta non ho rimandato: mi sono messo seduto al tavolino e ho cominciato a picchiare le dita sulla tastiera.
– Forse quello che scrivi non ti piace perché non hai più la tua matita
– L’ho buttata proprio perché non è più la mia matita. Appartiene a qualcun altro ormai.
– E nel frattempo io ti ho anche chiesto di ordinare la pizza…
– Vabbè, quello anzi mi ha fatto piacere: sono abituato alle distrazioni. Quelle aiutano, hanno sempre aiutato…
– E allora che c’è?
– C’è che a forza di parlare di Caos, il Caos mi ci è entrato davvero nel cervello. E’ tutto confuso, fumoso: non riesco ad afferrare un pensiero, qualsiasi cosa mi sfugge. Figurati i concetti. Figurati le storie. Immagina di aver sempre vissuto in un appartamento con una stanza a disposizione, tutta per te. Una stanza dei giochi, piena di parole da poter utilizzare quando ne hai voglia, necessità, semplice desiderio. Immagina di avere la possibilità di entrare ad ogni ora del giorno e della notte e di poter scegliere a piacimento senza timore di sbagliare, senza timore di vedere la tua riserva esaurita. Una sorta di videogioco con vite infinite. Donne, amicizie, lavoro: nulla è impossibile alla tua stanza. Lei sa sempre suggerirti le parole giuste per raggiungere i tuoi risultati
– E ora, che fine ha fatto la tua stanza?
– E’ sempre lì, nel mio appartamento. Solo che non è più luminosa come prima: ha perso brillantezza, splendore, perfino senso. Al suo interno si alza forte un odore di muffa e anche le parole, quelle cazzo di parole hanno smarrito la strada. Si incastrano per pura abitudine, senza passione, senza trasporto. Come le coppie che si trascinano. Vivere mi è impossibile. Quando cazzo la smetterò di essere il bambino che mostra alla mamma il cartoncino con scritto: hugs please
– E quindi questa pagina piena zeppa di lettere? A che cosa serve?
– Non ne ho idea: forse a ricominciare. Non la capirà nessuno, nemmeno te. Ho scritto per me per una volta. Un divertissment senza uno scopo preciso, solo per testare quanto acido lattico ho ancora da smaltire. Una corsa defatigante, dai. Fossimo nel 2005 e io avessi 23 anni, scriverei “una masturbazione” e posterei la cosa felice sul mio blog, in attesa della risposta alla mia provocazione. Ma siamo nel 2022 e ho quasi quarant’anni e di parlare con gli altri ne ho davvero le palle piene.
– Dai, prendi la matita. Ti cinto Fante, vuoi?
Se puoi scrivere una bella frase, ne puoi scrivere due. Se ne puoi scrivere due, ne puoi scrivere tre. Se ne puoi scrivere tre, allora puoi scrivere per sempre.
– Ti amo.
– Direi che è un ottimo inizio.
Gabriele Ziantoni #DisperatamenteMalinconico
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