“Il dito di Dio”: l’ascolto di una tragedia
10 anni fa un inchino è costato la vita a 32 persone. La Costa Concordia alle 21.45 naufraga sugli scogli del Giglio. Questa è storia e, con dettagli più o meno significativi, l’hanno riportata in tanti. Il racconto coinvolto e coinvolgente di quei momenti, invece, è affidato alla voce di Pablo Trincia e al podcast da lui scritto, “Il dito di Dio”, su Spotify da qualche settimana.
Qui mi preme precisare che questa non è una recensione, non ne sono in grado, ne ignoro le regole.
Voglio solo dire che vale la pena ascoltare questi nove episodi (l’ultimo uscito a mezzanotte). In metro o in macchina, come ho fatto io. O in qualunque altro luogo. Tanto alla fine sarete anche voi su quella nave, con gli altri 4.229 passeggeri, a vivere una bella serata qualsiasi su una nave da crociera e poi anche l’incubo di un naufragio, in balia del mare e delle scelte sbagliate di qualcuno.
Il titolo completo del podcast è “Il dito di Dio – Voci dalla Concordia”. Perché oltre alla voce narrante dell’autore, ci sono quelle di alcuni sopravvissuti che ripercorrono quella sera in ogni dettaglio. Sono passati dieci anni, ma non per la loro memoria. Tutto è tremendamente nitido.
In alcuni tratti ho faticato a trattenere le lacrime. In altri ho stentato a trattenere la rabbia per le menzogne e l’egoismo che quella notte vengono a galla, mentre la Concordia va sempre più giù.
Il nome di Schettino ha catalizzato l’attenzione del mondo, mentre dell’uomo-macedonia o di quella donna che avrebbe compiuto 50 anni il giorno dopo e che si era regalata una crociera, non si è parlato mai.
Il podcast ha testimonianze, pareri e valutazioni di esperti, e il famoso “invito” a Schettino da parte del capitano De Falco a risalire la biscaggina e tornare a bordo della sua nave. Ma dentro c’è anche il mare: non quello placido e carezzevole che ci sembra di sentire in una conchiglia appoggiata all’orecchio, ma un mare violento che distrugge saloni e famiglie, senza pietà.
Sulla Concordia, quella notte, la pietà da qualche parte c’è. È in chi lascia il suo posto sulla scialuppa a chi è più fragile, in chi stringe le mani a uno sconosciuto in una catena umana che gli salverà la vita, in chi mente per amore della figlia.
E questa umanità pulsa accanto a una bestialità che spinge, discute, picchia, scavalca per mettersi in salvo, senza guardare in faccia nessuno. Ma d’altra parte la voce della comprensione sussurra: “Hanno solo paura”.
L’inchino, da cui ha origine questa tragedia, era stato richiesto al comandante dal maître Antonello Tievoli, come piacere personale, per “salutare” la madre, originaria dell’isola.
Nel dramma di quella notte, nessuno si è certo mai chiesto se la signora alla fine abbia visto la nave così vicina alla sua terra.
La risposta la troviamo nel podcast. Questa e molte altre, anche se di domande ce ne siamo fatte poche in questi dieci anni.
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