Ciao, sono la tua anima…ti va di parlare?
Ciao, sono la tua Anima… ti va di parlare? Non è un semplice libro, ma un mezzo per viaggiare dentro di sé, dentro la propria anima.
Fiducia, Gioia, Ossessione, Paura, Rabbia, Invidia, Ansia, Tristezza, Insoddisfazione, Solitudine, Felicità, Compassione, Perdono, Amore e Gratitudine. Sono emozioni che proviamo regolarmente ma con cui non “parliamo”. Si esatto, parlare. Perché se esiste un modo di affrontare quello che la vita ci pone davanti senza essere travolti, parlare è sempre la soluzione. Anche con le emozioni.
Lo spiega molto bene Benedetta Bertini, giornalista, romana, ha pubblicato il suo primo libro dove racconta la sua esperienza di comunicazione con le emozioni.
“Sono stata per quasi un anno sdraiata a letto a casa, in gravi condizioni. Avevo paura. Ce l’avevo con tutti. Poi ho iniziato a spostare la mia attenzione su quello che provavo, dall’esterno all’interno. Così, ho iniziato ad immaginare di dare una forma alle mie emozioni. Ho immaginato un’intervista alle mie emozioni. Ho iniziato a dialogare con la paura. E’ stata proprio la paura a guidarmi in questo mio viaggio interiore”.
Da qui nasce il libro che è in realtà la raccolta di lettere. Missive che Benedetta scrive alle sue emozioni.
“A forza di scrivere mi sono resa conto che la paura della paura è sempre più grande di quella reale. Quando iniziavo a scrivere la lettera la paura era a dieci. Alla fine era scomparsa. Non è una bacchetta magica, noi quando proviamo un’emozione molto forte la prima cosa a cui pensiamo è il fatto di non accettarla”.
Nel libro di Benedetta quindici emozioni si presentano e ci parlano. Ci spiegano perché arrivano, cosa vogliono, cosa possiamo fare per loro. Ci ascoltano, ci danno dei consigli, ci spiegano come gestirle, come accettarle, come conviverci e come trasformarle in una opportunità.
Per accettare qualcuno bisogna prima conoscerlo.
Se questo principio è valido per le persone, allora si può applicare anche alle emozioni.
“Un viaggio dentro di me che è poi proseguito con la lunga malattia di mio papà (Giovanni Bertini, ex calciatore della Roma, affetto da Sla). Un calvario lungo quattro anni e molto doloroso, in primo luogo per lui, ma anche per me che lo amavo e che gli sono stata accanto. E quell’esperienza, seppur tragica, mi ha profondamente trasformata ed ha contribuito a farmi vivere la vita in modo differente, aiutandomi a riscoprire un’emozione che troppo spesso dimenticavo e che dimentichiamo nel cassetto: la gratitudine”.
Mentre parlo con Bendetta, mi rendo conto di come mai io abbia parlato alla mia anima. Ammettiamolo: non è una cosa che facciamo spesso. Invece, nel suo libro Bendetta lo spiega in un modo così semplice e lineare da farlo apparire facile.
“La sofferenza non va sprecata. Capita, non bisogna rassegnarsi. Io l’ho elaborata, e volevo metterla al servizio degli altri. Dico sempre che le cose che ci accadono non sono mai contro di noi, ma per noi. Non riusciamo a vederle così. Il senso è ogni emozione arriva lì, per insegnarci qualcosa, con dei messaggi per noi ed ogni emozione è la nostra alleata”.
Mente e corpo sono due facce della stessa medaglia. “Il disturbo fisico in realtà rappresenta un campanello di allarme, curando solo il corpo non riesci a guarire. Ansie somatizzate e altro creano molti problemi. Mi piace fare sempre questo paragone quando parlo di come ho affrontato il mio dolore: se mi fossi impegnata a svuotare una stanza allagata dall’acqua senza chiudere il rubinetto, non sarei guarita”.
“Non bisogna mettere in attesa le nostre vite, per essere felici e provare gioia”.
Fateci caso: aspettiamo sempre il momento giusto per fare qualcosa. Un momento che in realtà non arriva mai. Ma dal libro di Benedetta Bertini si capisce che noi solo abbiamo il potere di reagire a questi eventi. La vita è il 10% di quello accade e il 90% è come reagiamo.
Essere felici è una nostra scelta e tutto dipende dai pensieri che scegliamo di avere, dalle emozioni che alimentiamo e dalle azioni che intraprendiamo.
Ma dobbiamo anche ricordarci che il cervello umano è strutturato in modo tale che le emozioni negative lasciano una traccia più forte e profonda a livello neuronale, rispetto a quelle positive. È così fin dalla preistoria. Ecco perché è più facile per noi ricordare le esperienze negative e cadere facilmente nella sofferenza”.
“Viaggiare nella nostra anima è come sbucciare una cipolla: ogni volta si riesce a togliere uno strato in più… forse con qualche lacrima”.
#OstinatamenteEclettica
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