Ai limiti del possibile: la sfida di Nirmal Purja
Sfide, ai limiti del possibile. Contro ogni previsione, ogni statistica, ogni razionalità. Follia per alcuni. Genio per altri. Imprese conquistate scendendo a patti con il dolore. All’estremo punto di sopportazione del proprio fisico. E della propria anima.
La gioia e la paura. Un brivido, un’urgenza. Incertezze e incognite. Il rischio, l’altezza, l’immensità. Un delicato equilibrio tra incoscienza e ragione. Il tempo che assume un’altra dimensione. Tra sogno e realtà. Tra mito e missione.
Chi è Nirmal Purja?
Classe 1983. Per sei anni nei gurkha (tra i migliori reparti di fanteria del mondo) e per dieci negli Special Boat Services, corpo d’élite della British Royal Navy.
Formazione militare per Nirmal Purja, lo scalatore nepalese entrato di diritto nella storia dell’alpinismo internazionale. La sua impresa ha tenuto con il fiato sospeso gli appassionati del settore. Forse non ha inizialmente ottenuto le prime pagine dei giornali. Ma passo dopo passo, tassello dopo tassello, quest’uomo ha scritto la storia.
Nel mondo solo 14 vette superano gli 8.000 metri di altezza
Le imprese collegate agli ottomila hanno una storia lunga un secolo. Il primo a conquistarli, tutti e quattordici, fu Reinhold Messner. Non esiste nel mondo dell’alpinismo d’alta quota scalatore più rispettato dell’esploratore sud tirolese. L’impresa lo impegnò ben sedici anni.
Gelo, vento, valanghe. Solitudine. Pericolo.
Superati gli ottomila si entra nella dead zone, la quota di massimo pericolo. A tali altitudini la pressione dell’aria è notevolmente ridotta, la respirazione polmonare non riesce a sostenere le funzioni vitali dell’organismo e le cellule cominciano a morire.
Annapurna, Dhaulagiri, Kanchenjunga, Everest, Lhotse, Makalu, Nanga Parbat, Gasherbrum 1, Gasherbrum II, K2, Broad Peak, Cho Oyu, Manaslu, Shisha Pangma.
Inseguire la vetta di tutti gli ottomila in una sola vita è un’impresa ardua. Riuscirci in un periodo di tempo circoscritto è ai limiti del possibile.
C’è un prima e c’è un dopo, in ogni grande storia che si rispetti.
Il primato per l’ascensione di tutte le quattordici vette era di sette anni, undici mesi, quattordici giorni. Nirmal Purja le ha scalate in sei mesi e sei giorni.
Il “Project Possible 14/7” di Nirmal Purja
Nella primavera del 2019 nel mondo dell’alpinismo inizia a circolare il nome del nepalese Nirmal “Nims” Purja. Nessuno fino a quel momento ne aveva mai sentito parlare.
Una missione, la sua, divisa in tre fasi:
la fase uno si è svolta in Nepal (aprile-maggio). Per completarla ho dovuto essere il primo alpinista al mondo a scalare sei ottomila entro la fine della primavera. Per la fase due (giugno-luglio) ci siamo spostati in Pakistan. Infine per la fase 3 (settembre-ottobre), in Tibet, ho avuto bisogno dell’autorizzazione del governo cinese.
La voglia di riscatto, la grinta, la determinazione. L’addestramento militare. E i sentimenti nazionalisti. Lo spirito altamente competitivo e l’attaccamento alle radici. Un outsider dal cuore tenero.
Per Nims raggiungere quelle cime ha significato, tra l’altro, anche onorare i sacrifici della madre, scomparsa dopo la conclusione dell’impresa, e che appare in tutto il film come il suo faro psicologico.
Quando scali il dolore è parte dell’avventura, ma la mia reazione è sempre stata positiva: lo sentivo, lo accoglievo e diventava quasi sfocato, perché la mia missione, le ambizioni, il mio obiettivo erano più importanti di quelle sensazioni.
Nirmal Purja
14 vette: scalate ai limiti del possibile, il docu-film su Netflix
A raccontare l’exploit il documentario 14 vette. Scalate ai limiti del possibile, disponibile dal 29 novembre su Netflix, in cui il regista Torquil Jones ha montato tutti i filmati originali girati dallo stesso Purja e dai suoi compagni di avventura, insieme alle grafiche e alle immagini spettacolari delle montagne “conquistate”.
I drammi, le sfide, l’orgoglio umano. “14 peaks” è un film adatto a tutti. Non solo agli appassionati della montagna.
Tratto da una storia vera. Commovente, epica, drammatica. In grado di ispirare.
Non sono solo delle vette, ma rappresentano momenti di pura felicità della vita, e allo stesso tempo ci sono scalate che non possono essere descritte con i numeri, ma solo con le emozioni.
Hervé Barmasse
Di materiale probabilmente ce ne sarebbe stato a sufficienza per dare forma e sostanza a una docu-serie. La narrazione delle tre fasi della spedizione e della conquista delle singole vette spesso appare compressa, per poter rientrare nella timeline di quasi due ore. Di contro, proprio per questo, il ritmo è serrato e tiene incollato lo spettatore alla poltrona dal primo all’ultimo minuto. Grazie anche alle immagini in soggettiva dello scalatore nepalese, realizzate con l’ausilio di go-pro, che contribuiscono a dar vita ad un’esperienza immersiva, nella quale i suoi occhi e il suo respiro diventano i nostri.
Nothing is impossible
L’anima che si fonde con la montagna. L’ambizione umana dalle radici profonde. Dietro l’orgoglio dell’impresa personale, il riscatto del popolo nepalese. Se agli occhi più distratti Nirmal Purja può apparire un folle arrogante, in realtà è un uomo che vuole ispirare il suo popolo e dimostrare la grandezza degli sherpa nepalesi, i migliori scalatori del mondo, trascurati dai media a favore dei più blasonati europei o americani.
Tra condizioni meteorologiche estreme, scelte cruciali da intraprendere, intoppi burocratici e il pensiero rivolto costantemente alla madre gravemente malata, Nirmal Purja ha superato i suoi limiti e quelli imposti dalle montagne che via via ha scalato.
Perché “nothing is impossible”.
Un insegnamento. Per tutti noi.
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