Regali di Natale: viverla bene
Mi mettono più ansia dell’Area B e dell’Area C a Milano messe assieme, mi preoccupano più dei contributi Inpgi, mi colgono impreparata come quando alla scuola media la mia insegnante di musica mi chiedeva di fare il solfeggio. Ecco come vivo al pensiero di dover fare i regali di Natale.
E infatti, ogni anno, in casa, alla proposta: “Dai, quest’anno non ne facciamo”, mi si illuminano gli occhi, ma di una luce che solo al Dyker Heights.
Peccato che poi non vada davvero così. Si inizia con: “Non ne facciamo tranne che ai bambini”. Poi: “Ma magari una fesseria anche ai ragazzi”. E alla fine la categoria che resta fuori è quella degli over 60, che poi è anche la minoranza. Un’ingiustizia per cui potremmo finire alla Corte di Strasburgo a fare il Natale.Quindi, ça va sans dire, regali per tutti.
Non fraintendetemi, io amo il Natale, amo le tradizioni. Sono rassicuranti. Mi rassicura, infatti, il messaggio di mio cugino che, ogni anno, mi chiede la taglia degli slip dei miei fratelli. Così come non si perde la tradizione delle buste con i soldi.
Regalo sempre ben accetto, meglio se accompagnato dal suggerimento: “ti c’accatti ‘u gelato” (trad. “con questi soldi ti compri il gelato”). Questa è la frase tramandata dalle nonne. Pronunciata anche quando dentro la busta c’è una somma che potrebbe renderti socio della tua gelateria preferita.
Negli anni le idee sono diventate sempre più scarse e ci giustifichiamo con noi stessi dicendo: “ormai abbiamo tutto, non abbiamo bisogno di niente”. È vero. Ma mi chiedo: in passato avevamo bisogno di calze antiscivolo? Di candele? Di creme per il corpo e di sciarpe? Quante volte ne abbiamo ricevuti e quante li abbiamo regalati? Forse ogni tanto anche riciclati.
Però spesso a contare è stato il pensiero. Ecco, il pensiero è bello ed emozionante. Meno bello quel ciondolo a forma di teschio ricevuto due anni fa. Non oso immaginare che pensiero ci fosse dietro.
Comunque io ci provo: quest’anno gelati per tutti?
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