Forza e romanticismo – Parte II
I ritmi lenti. Lontani dal caos. Le dolci colline e i monti abitati da giganti meccanici, che danzano tenendo il tempo del vento. Vegetazione e fiori. Colori inebrianti. Prodotti enogastronomici indimenticabili. La Puglia e la provincia di Foggia. I Monti della Daunia. Una catena montuosa sull’orlo orientale dell’Appennino campano, in posizione dominante rispetto al Tavoliere delle Puglie. E due borghi. Tra cielo e terra. A poco più di dieci chilometri di distanza l’uno dall’altro. Circa trenta minuti di percorrenza in auto. La forza e il romanticismo, della storia e dei luoghi. La poesia immortale, di Deliceto e Bovino.
Dove passato e presente si rincorrono e il futuro è già trascorso. In un’eterna giovinezza di antiche atmosfere.
Bovino è uno dei Borghi più belli d’Italia, certificato Paese “Bandiera Arancione” dal Touring Club, una vera e propria perla incastonata tra i Monti Dauni.
Un piccolo comune, con poco più di 3mila abitanti, e un territorio ricco di risorse naturali, sorgenti d’acqua e di boschi.
Il 27 marzo del 2020, la prestigiosa rivista americana National Geographic, ha pubblicato un articolo dal titolo NYC’s best sunset and 9 other ways to celebrate summer in cui ha citato tre località italiane come mete turistiche ideali per trascorrere una vacanza d’estate. Di queste tre una era appunto Bovino.
Un gioiello della Puglia.
Circondato da splendidi boschi e immerso in una cornice paesaggistica tra le più belle. Bovino ha origini antiche che affondano nell’epoca romana. Ne parla anche Plinio, ai cui tempi il borgo era conosciuto con il nome di Vibinum. Un nome particolare che riconduce alla lingua degli Oschi e dei Sanniti e che significa “bue”. Ed infatti il bue è presente nello stemma comunale.
Il fascino medioevale dell’abitato, stupisce con le sue suggestioni.
Le sue stradine incantevoli, le case e le chiese. Scalini, vicoli e scorci romantici.
La spontaneità autentica degli abitanti, i profumi della cucina tradizionale e il tempo che trascorre lentamente.
La sua storia, i racconti e i ricordi degli anziani.
Un modo diverso di vedere le cose.
…E non importa nient’altro
Nothing Else Matters – Metallica
Proporzioni e armonia s’incontrano nel cuore del centro storico di Bovino, quando si arriva davanti al Duomo. La basilica Cattedrale. Un tesoro che merita di essere visitato e conosciuto.
In stile romanico pugliese, con chiari elementi bizantini, la chiesa di Santa Maria Assunta fu ricostruita dopo il devastante terremoto del 1930. E proprio in occasione dei lavori di ricostruzione fu inserito il rosone, che si trova al centro della facciata, e il tetto asimmetrico.
L’interno della Cattedrale è a croce latina, con la navata centrale doppia rispetto a quelle laterali e con il presbiterio rialzato da gradini. Le colonne, che provengono probabilmente da edifici romani, sono tutte in granito e di diverse altezze. Motivo questo che ha obbligato ad aggiungere delle basi, di dimensioni e fattura diversa, come i capitelli romani.
A chiudere la navata centrale non è l’abside, come nelle altre chiese romaniche. Perché qui la parte superiore della parete è completamente coperta dalle canne dell’organo, mentre nella parte bassa si trova un coro ligneo del Seicento.
La forza e il romanticismo di Bovino si scorgono in ogni centimetro del borgo.
A terra, camminando tra vicoli e palazzi gentilizi. Si possono riconoscere memorie e secoli di eventi e narrazioni.
In alto, il paese è guardato e sorvegliato dal Campanile della Cattedrale. Solo un breve sforzo fisico per arrivare lassù.
Gli scalini e la ringhiera di metallo. L’oscurità. Nulla che faccia presagire ciò a cui si sta per assistere.
All’improvviso dal buio se ne esce, irradiati dalla luce.
La scalata è totalmente ripagata, dall’inebriante sensazione di essere in vetta, quasi a toccare il cielo.
E da lì si gode una vista ricca di emozioni e suggestioni.
La campana, l’orizzonte e la libertà.
E da lì si osserva Bovino, elegante e sobrio. Gli antichi rioni, gli archi, le piazze, i portali e gli stemmi. Il pavimento acciottolato delle stradine e i confini che sfumano nella campagna circostante.
E da lassù è così difficile decidere di scendere.
Bovino è la qualità della vita, è il buon cibo, profuso con orgoglio dagli abitanti, è il vanto di una regione.
E’ la quiete che scandisce lo scorrere della vita di ogni giorno. Sono i sorrisi che incontri e che raccontano un tempo passato, ormai diventato memoria.
E’ scoperta e ricerca delle origini remote, documentate nel Museo Civico, dove sono custodite anche testimonianze di diverse epoche e civiltà e le stele antropomorfe del III millennio A.C.
Antichi splendori, invasioni e dominazioni. Bovino è storia e fede. E le sue architetture lo testimoniano.
Come il Palazzo Ducale, anche detto Castello. Una mole imponente e maestosa che domina il borgo.
Rocca di età romana prima e baluardo difensivo dei Longobardi e dei Bizantini poi.
Alla fine del XI secolo, il generale Drogone, a capo delle truppe normanne, lo rase al suolo e sulle sue rovine eresse il nucleo iniziale del Castello, attorno alla torre circolare. Fu ampliato da Federico II di Svevia nel corso del XIII secolo. Ogni feudatario che vi si è succeduto ha adattato la costruzione alle proprie esigenze, conferendogli sempre di più l’aspetto di elegante dimora gentilizia. A sud, nel Cassero, si conservano tracce dell’antica rocca romana, mentre è di epoca normanna la maestosa torre circolare, con orologio.
Abitato fino al 1961 dai discendenti dei Guevara, fu però durante il Seicento che si distinse per essere una delle più belle dimore patrizie del meridione. Nei saloni, dalle volte a cassettoni e nel bellissimo giardino pensile, hanno trovato ospitalità Torquato Tasso, Giovan Battista Marino, Maria Teresa d’Austria e Papa Benedetto XIII. E secondo cronache dell’epoca vi alloggiò il figlio dell’imperatore Federico II di Svevia, Manfredi, prima della fatale battaglia di Benevento del febbraio del 1266 in cui perse il regno e la vita sconfitto dalle milizie angioine.
Oggi il Castello ha riscoperto la propria vocazione all’ospitalità, rivisitata in chiave moderna ovviamente. Tradizione, servizi e comfort per chi volesse sentirsi un re o una regina e alloggiare nelle stanze del Palazzo Ducale. Ogni camera ha il nome di un fiore, a cui è affidato simbolicamente un messaggio di benvenuto.
Ed è ospitato in un’ala del Castello anche il Museo Diocesano. Istituito nel 1999, per volere dell’arcivescovo Giuseppe Casale, per conservare, valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio storico-artistico, proveniente dalla Concattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo e dal territorio diocesano.
Dodici sale espositive in cui sono conservate pitture, sculture, monili e altre suppellettili.
In un percorso a cui non si resta indifferenti.
Raccontare Bovino con le parole, non è semplice.
Il borgo più bello d’Italia ha tanto da dire. Con immagini, suoni e profumi.
Descrivere Bovino in pochi righi non è impresa che si possa compiere.
Le mattine silenziose e laboriose, le giornate scandite dal suono delle campane, le anziane signore che scrutano i volti nuovi mentre passano e salutano. Le centinaia e centinaia di antichi portali in pietra, realizzati da abili maestri artigiani. L’ospitalità mai doma e i bambini che giocano in villa.
Un viaggio tra incanti e sorprese. La Puglia dei Monti Dauni mi ha regalato momenti unici.
Accanto alla impetuosa bellezza del Bosco Macchione e del Bosco Paduli.
Vicino all’incantesimo di Accadia.
A pochi chilometri dalla suggestiva Deliceto.
Bovino è lì. Ferma, poetica e solenne.
Mentre il tempo le scivola addosso. Lasciandola testimone di un tempo lontano. E restituita a noi più affascinante che mai.