Stories d’italiano
La storia è questa. È un martedì qualsiasi, sto scrollando le stories su Instagram e incrocio quelle di uno dei contatti che seguo di più. Una giovane e brillante giornalista italiana che lavora per un’importante redazione. Non ne sbaglia una, inanella successi ed è una figa atomica. Questa combo di gnoccaggine e competenza è deleteria per la mia pallida autostima, cionondimeno la seguo e la apprezzo.
In questo martedì però scorgo, in una delle sue stories, un segno. Il segno utile ad appurare che anche lei è fallibile, insomma umana.
E lo scopro con un errore di sintassi. Non è grave, e sarebbe passato inosservato se non mi ci fossi già imbattuta in passato e anche in quel caso con una persona che gode smisuratamente della mia stima.
Bene, vi starete chiedendo: quale sarà mai questo strafalcione? Faccio prima a fare un esempio che a spiegarlo.
Immaginiamo questo botta e risposta:
– Alessandra: “Pensi che io sia intelligente?”
– Mario: “Certo che LA sei”
Mario, nel rispondere, ha declinato al femminile un pronome che la lingua italiana vuole neutro. Quindi la risposta giusta rimane: “Certo che LO sei”.
Ora poso il gesso e mi allontano dalla lavagna.
Perché non è mia intenzione bacchettare nessuno o, per questa inezia, tacciare di ignoranza qualcuno.
Però il meccanismo che si innesca va bloccato o quanto meno riconosciuto. Perché se a sbagliare sono figure di un certo spessore culturale, si finisce per giudicare corretta la forma sbagliata e viceversa. E questo no, non posso accettarlo. Non posso rassegnarmi al fatto che se intrattengo una conversazione con chi fa questo errore, costui pensa che sono io a sbagliare.
Per evitare questo pasticcio ci sono solo due strade percorribili: o mi metto in cattedra e nel bel mezzo delle chiacchiere gli faccio un ripasso di italiano, o trovo un’alternativa all’incapsulatore (si chiama così il pronome della discordia) e lascio lui nell’ignoranza e me nella frustrazione.
A questo punto la domanda è: cosa hanno in comune i responsabili di questo errore? L’area di provenienza. Sono del nord Italia e questo è un vizio dei dialetti settentrionali, non di tutti, eh, ma di molti.
Ora, figuriamoci se io, che salgo e scendo le cose, sto qui a giudicare le intromissioni del dialetto nella lingua italiana. Ci mancherebbe, sono le benvenute. A patto però che ci sia consapevolezza da parte di tutti.
Voi la dovete smettere di dire “La sei” e pensare di essere nel giusto. Perché con questa sicumera insinuate il dubbio e la gente poi è costretta ad appellarsi alle istituzioni sacre.
E infatti io ho contattato l’Accademia della Crusca. Odio dire che sono nella ragione. Ma ragazzi, LO sono.
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