Cannabis, il referendum e la battaglia di Walter Di Benedetto
Si intravede all’orizzonte un referendum per rendere legale la coltivazione della cannabis anche in Italia.
Non si tratta di passare dal proibizionismo al libero commercio nelle tabaccherie.
Si parla di depenalizzare la coltivazione domestica (fino a quattro piantine) e di togliere il ritiro della patente in caso di semplice detenzione per uso personale (è previsto il ritiro anche se il possesso viene riscontrato mentre non si è alla guida)
Cannabis terapeutica
Attualmente la cannabis terapeutica è legale in Italia, ma non è reperibile in grandi quantità per i malati cronici che spesso sono costretti ad entrare nell’illegalità per curarsi.
Come Walter De Benedetto: affetto da una grave forma di artrite reumatoide, aveva auto-prodotto le piantine per colmare l’insufficienza di farmaci cannabinoidi a lui regolarmente prescritti (Il servizio sanitario fornisce solo un grammo al giorno).
I carabinieri, forse su segnalazione di qualche vicino, fecero un blitz nella sua abitazione e scoprirono una stanza adibita alla coltivazione di piantine di cannabis. Sostanza che serviva e serve a De Benedetto per lenire i dolori lancinanti che la sua malattia gli provoca. Nonostante l’evidenza dei fatti, Walter è stato processato per spaccio e poi assolto ad aprile di quest’anno.
La sua battaglia è diventata un simbolo per la legalizzazione della cannabis.
Più di 220mila firme in 48h per la cannabis
Dopo quasi un secolo passato a considerare la marijuana al pari delle droghe pesanti, finalmente il tabù che avvolge il tema della cannabis nel nostro paese sembra iniziare a sgretolarsi.
Solo nelle prime 24 ore, infatti, il portale www.referendumcannabis.it aveva registrato più di 100mila firme (ne servono 500mila entro il 30 settembre per ottenere il referendum).
Attualmente, dopo 48h, sono 220mila.
Tutto fa pensare, dunque, che si arriverà a far esprimere il popolo sul futuro di questa bistrattata piantina dalle molteplici proprietà e dei suoi sei milioni di fruitori.
Sei milioni, sì.
Tutti clienti della criminalità organizzata, loro malgrado. Oppure tutti fuorilegge che coltivano in gran segreto la loro piantina per uso personale, continuando a svolgere normalmente le proprie vite.
Se dovessimo metterli tutti in carcere (si rischiano fino a sei anni di detenzione per la coltivazione di una pianta domestica) dovremmo costruirne una in ogni città solo per loro.
Il ritardo della politica
È evidente: c’è una discrepanza tra la giurisprudenza e la vita reale. E la colpa è della politica.
Perfino la Direzione Nazionale Antimafia ha ammesso che “la mastodontica attività di contrasto non ha portato significativi risultati sotto il profilo della riduzione dei consumi di sostanze stupefacenti […] né sono percepibili variazioni significative nel flusso di denaro di cui si appropriano annualmente diversi sodalizi criminali […] dirottare ulteriori risorse su questo fronte ridurrebbe l’efficacia dell’azione repressiva su emergenze criminali virulente, quali quelle rappresentate da criminalità di tipo mafioso, estorsioni, traffico di essere umani e di rifiuti, corruzione eccetera”.
Praticamente, accanirsi ancora su chi fa uso personale di marijuana serve solo ai proibizionisti per mostrarsi fintamente (e inutilmente) risoluti nelle campagne elettorali.
E, ancora più grave, a far arricchire le mafie.
Non si tratta di trasformare le nostre città in piccole Amsterdam (per quanto… magari ad avercele in Italia città così efficienti!), né di lasciare che se ne faccia un uso incontrollato.
Si chiede solo di considerare la cannabis più come l’alcool piuttosto che come le droghe pesanti, ecco.
Perchè, di fatto, è già così.
Quindi è ovvio che non si potrà guidare quando si è sotto effetto di marijuana, né la si potrà vendere.
Anche perchè non ce ne sarà più bisogno, visto che i consumatori potranno autoprodursi la propria sostanza per scopo terapeutico o ricreativo. Evitando così di sovvenzionare la criminalità organizzata e muoversi nell’illegalità.
Oltre i benefici medici
Ormai anche i bambini sanno che la cannabis viene utilizzata per uso medico. Sono comprovati i benefici di questa pianta sui disturbi neurologici e per il dolore cronico. Eppure, c’è ancora chi la guarda con diffidenza e, per diverse ragioni, ancora la considera un “male” da debellare.
Ad ogni modo, è ovvio che se si arriverà al referendum e se la coltivazione dovesse venire legalizzata, non se ne farà un uso esclusivamente terapeutico. Non ha più senso nascondersi dietro le proprietà curative di questa pianta, mettendo in luce soltanto questo aspetto e ignorando quello ricreativo.
Continuare con questo approccio quando si parla della marijuana è come considerare un atto sessuale solo per il suo nobile fine riproduttivo. Quantomeno anacronistico.
Sarebbe come giustificarsi perchè non si mangia per il solo scopo di nutrirsi. Esistono anche la gola e il piacere o vogliamo far finta di niente?
Gran parte del fondamento del tabù che avvolge il tema della cannabis sta in questo nodo moralistico.
500mila firme entro il 30 settembre per il referendum
Ne avevo già parlato lo scorso anno in questo pezzo: la strada per la legalizzazione della cannabis passa di qui, da questo piccolo grande passo verso la depenalizzazione. Il referendum proposto da un gruppo di esperti, giuristi e militanti da sempre impegnati contro il proibizionismo e coordinati dalle Associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Antigone, Società della Ragione, vuole superare l’ostruzionismo delle destre che minacciano di bloccare l’iter legislativo del testo base con la “tattica dei pluriemendamenti” (come fatto per il DDL Zan) e affidare direttamente al popolo la scelta. Per arrivare al referendum, però, servirà raggiungere l’obiettivo delle 500mila firme entro il 30 settembre.
Firmare è semplice e immediato. Si può effettuare l’accesso a www.referendumcannabis.it tramite Spid o firma digitale e mettere il proprio nome su una delle campagne epocali per la libertà di scelta, come è successo per l’eutanasia legale. Oppure si può continuare ad alimentare uno stupido tabù e tenere gli occhi chiusi di fronte ad una realtà di fatto.
Perchè, che si legalizzi o no, può succedere che la gente alzi il gomito o si faccia una canna, anche nelle migliori famiglie.
E se farsi un litro in due al ristorante è considerato legale, beh… Forse è legittimo chiedere che lo sia pure uno spinello.
Per approfondire: