Raffaella Carrà un mito per tutte le generazioni.
Raffella Carrà è andata via. Preferisco dire così di questo mito infinito… Si, perché la parola “morta” nella stessa frase, accanto al suo nome, proprio non ci sta.
Non ci posso credere. Tutto il mondo ha appreso la notizia all’improvviso ieri, 5 luglio. E tutto il mondo pensa di aver perso una persona di famiglia. Forse succede così quando scompare un grande artista. Ma forse con lei di più.
Anche per generazioni come la mia, che hanno vissuto Raffaella Carrà “di striscio”, o per chi la ama avendola conosciuta solo attraverso uno schermo, guardando i video delle colorate coreografie associate alle sue originalissime canzoni. Come mio nipote Brando, che ha 3 anni, e canta e balla i suoi successi come “Pedro”. Al telefono ieri con la mamma, la mia amica Francesca, è venuto spontaneo chiederci: “ed ora chi glielo dice?”.
Tanti i colleghi, lavoratori dello spettacolo che l’hanno vissuta e frequentata, che hanno dato testimonianza di quanto lei fosse presente nelle loro vite.
Ma vi assicuro che per me, appassionata di tv, è stata sempre un mito. Non solo apprezzata come esempio di avanguardia della comunicazione mediata, ma anche come persona, la sentivo vicina. Forse perché quando ammiravo la grande capacità professionale, dicevo sempre scherzando, per darmi coraggio: “eh beh, è gemelli come me”. O forse anche perché somigliava anche a mia mamma da giovane, che per me è un mito anche lei.
Sfido a non avere almeno un ricordo di un leggero “crac” lungo la schiena per imitare il “tuca tuca” o il casquè nel momento del ritornello di “Tanti Auguri”.
Quanto “intrattenimento ci ha regalato Raffaella Carrà? Un tempo lunghissimo…
Chi si ricorda ancora esattamente la frase che lei diceva alzando la cornetta davanti a quel vaso pieno di fagioli in “Pronto Raffella?” (1984); a chi si è commosso con le innumerevoli storie di “Carràmba! Che sorpresa” (1995), fino alle risate per le fantastiche gag tra lei e gli altri giudici di “The Voice” (2016).
Ed in questo nuovo momento di tristezza che l’attuale periodo legato al tema costante della “morte” a causa della pandemia, ci ha dato, non me la sento di parlare di tutti gli aspetti della sua vita personale che ha saputo custodire gelosamente, ma solo di quanto era meravigliosa.
Una donna simbolo di emancipazione, di consapevole spregiudicatezza, che ha fatto breccia nelle innumerevoli castrazioni che la donna ha vissuto soprattutto nel periodo del suo debutto. Un donna simbolo in Italia e anche in Spagna e Sud America. Una donna che ci ha insegnato più volte che c’è valore nell’essere umano a prescindere dalle ideologie imposte.