Una donna che guarda oltre: Hella Soraya Zanetti Colleoni
Hella Soraya Zanetti Colleoni: una donna a trecentosessanta gradi. Che ha saputo guardare oltre. Oltre le differenze, i pregiudizi, i luoghi comuni; oltre i limiti e le categorie. Guardare oltre per guardarsi dentro.
L’impresa e l’impegno sociale. La carriera e la famiglia. L’avvocatura e lo sport. Il bilinguismo e la visione internazionale. La Tunisia, l’Italia, la Francia. Il Natale e il Ramadan. La grinta e la sensibilità. La polivalenza e il pragmatismo.
CEO di MATT, Presidente di Confimi Industria Piemonte e Ambasciatrice per l’Infanzia in Europa presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Cariche istituzionali di alto livello per una donna dal nome affascinante e dal cognome importante. Un bagaglio culturale ricco di esperienze tramandate e vissute. Una carriera costruita un pezzo alla volta, con l’impegno costante di salvaguardare l’equilibrio della propria vita personale e professionale.
La donna, in generale, è la quintessenza della polivalenza. Ci viene naturale, come viene a me e a qualsiasi altra donna, senza rendercene conto, la gestione fisiologica per mantenere e salvaguardare l’equilibrio della propria vita e della propria famiglia, che non è necessariamente quella tradizionale. Non si tratta solo di equilibrio tra le aspirazioni personali, il successo o il ruolo in famiglia inteso come moglie e madre. Si intende anche essere sorella, figlia, moglie con i figli di un altro. Penso che non ci sia una vera diversità tra le donne: tutte possono conciliare bene tutte queste cose. La differenza sta nel prendere coscienza di poterlo fare. E vale per tutte, perché è fisiologico come l’aria che respiriamo.
Madri, figlie, sorelle, mogli. Donne. Colonna vertebrale della società. Ognuna con la sua esperienza di vita, con la sua storia da raccontare. Quella di Hella Soraya Zanetti Colleoni è un esempio di imprenditrice di successo, eclettica, audace ma con i piedi ben piantati per terra.
Mamma tunisina, avvocato. Padre italiano, imprenditore. Due personalità. Due sponde del Mediterraneo. Una ragazza cresciuta guardando il mondo da diverse prospettive. Due culture che scorrono nelle vene. Una miscela di valori che, con il trascorrere degli anni, si è rivelato un vero vantaggio.
Io nasco da un matrimonio misto, sponda sud e nord del Mediterraneo. Ho vissuto e vivo continuamente le caratteristiche di quella che è la culla della civiltà, il Mediterraneo, nella sua dimensione culturale e identitaria. Con un approccio ad una mescolanza che è sinonimo di diversità e quindi di ricchezza. In quanto le religioni sì, sono diverse, ma la storia è comune.
Se ho una visione internazionale è perché ho potuto, grazie agli studi, confrontarmi con la cultura identitaria francese ma anche con realtà universitarie fuori Europa, e incontrare così delle mentalità, come quella statunitense o quella inglese, entrambe diverse da quella mediterranea.
Il bilinguismo e il multilinguismo non consistono solo nella conoscenza delle lingue, ma anche delle culture, perché l’approccio cambia anche solo dal tono della voce. Si capisce, e lo vedo tutti i giorni nelle trattative, che si hanno aspettative diverse a seconda della cultura di appartenenza e io ho la fortuna di riuscire a percepire naturalmente le necessità delle varie parti con cui interagisco.
Penso di essere stata colorata dalle emozioni e dall’educazione che i miei genitori mi hanno trasmesso, a prescindere dal mondo professionale al quale appartenevano. La più bella contaminazione è stata l’unione di due famiglie, culture e religioni diverse, che in qualsiasi occasione o evento quotidiano della vita potevano mettere insieme sul tavolo della tolleranza le differenze e arricchirle.
Io sono cresciuta in una famiglia di padre cattolico e madre musulmana, che mi hanno lasciato la libertà di scegliere la mia fede, insegnandomi a capire e imparare da tutte, per poter scegliere la più adatta a me. Io festeggiavo Natale durante il Ramadan, con la cena ramadanesca e l’albero di Natale. Ho imparato tanto da questo, dalla cultura e i valori che mi hanno trasmesso loro. Un’etica che ho potuto applicare poi anche nel mondo lavorativo.
L’Italia e la Tunisia. La diversità come ricchezza. La tolleranza come valore fondante, come un’ottica attraverso cui guardare il mondo. Senza pregiudizi. Ma con il filtro dell’accettazione e del rispetto dell’altro.
La Tunisia è sempre stato paese di tolleranza che nel corso della propria storia ha ricevuto dominatori, dai romani ai francesi. Il popolo tunisino oggi convive tra comunità musulmane, arabe, comunità cattoliche, ebree, italiane, francesi, cinesi e tedesche. Una nazione che è riuscita a trasformare l’onda dell’invasione in forza, il colonizzatore in fratello, e a costruire insieme una storia continuativa.
Attuale presidente della Confimi Industria Piemonte, eletta all’unanimità, (prima donna a capo della sezione territoriale del Piemonte della Confederazione dell’Industria Manifatturiera Italiana e dell’Impresa Privata), Hella Soraya Zanetti Colleoni mi colpisce per la forza delle sue idee. Nella sua visione, il rapporto tra uomo e donna non è quello di una lotta di potere tra le parti, piuttosto il pensiero di due mondi paralleli che devono sapersi incastrare alla perfezione per costruire una società più equa e giusta per tutti.
Come diceva Simone Veil, i diritti acquisiti non sono diritti innati. Ogni situazione li metterà a rischio, quindi la lotta è destinata ad essere continua. Questo non vale solo per le donne, ma per qualsiasi diritto acquisito, come per esempio la protezione dell’infanzia, per la cui tutela si deve costantemente lottare ed educare contro pratiche come la pedofilia.
Penso che la differenza fondamentale risieda nella percezione dell’essere donna. In Europa, e soprattutto in Occidente, la donna vuole essere paragonata all’uomo e dunque insegue un modello di uguaglianza erroneo. La donna non fa come l’uomo. La storia dice che, cammin facendo, l’economia è nata secondo un modello maschile e di conseguenza si è sviluppata a misura di uomo. La donna, come l’uomo nel settore economico, ha sviluppato il proprio modello in casa, creando la casa a misura di donna, la cura dei figli, del marito. Poi la storia ha voluto che la donna venisse chiamata ad essere parte del cambiamento.
La donna, a mio parere, non deve essere uguale all’uomo, in quanto ha caratteristiche diverse, ha le sue eccellenze, le sue qualità e i suoi valori, che devono essere rispettati e tramandati, costruiti e migliorati. Alla pari, gli uomini hanno le proprie caratteristiche e qualità che devono a loro volta migliorare. Il giusto equilibrio sarebbe capire che tra la donna e l’uomo vi è un puzzle, ed è il puzzle della vita in cui ognuno ha i propri spazi e le proprie eccellenze, ma è solo insieme che si costruisce una società sostenibile, di buona governance e di grande etica, in cui l’imperativo non deve essere l’uguaglianza, ma l’equità.
I nomi al femminile non risolvono niente: le lotte importanti sono altre
Beatrice Venezi
Io mi ricordo una cosa fondamentale: mia madre si rifiutava di essere chiamata “avvocatessa”, ma diceva di essere un avvocato. Dal mio punto di vista, infatti, non è la parola messa al femminile che rende conto della forza e della caparbietà della donna.
Mio nonno disse a mio padre “a me non interessa che tu sia italiano, tunisino o americano, che tu sia ministro, spazzacamino o imprenditore, nemmeno mi interessa che tu sia cattolico, musulmano, ebreo o ateo, quello che mi interessa è che mia figlia, prima di sposarsi, svolga il giuramento per diventare avvocato, così che sul suo studio legale venga riportato il suo cognome da nubile”. Perché l’unica cosa che nella vita di una donna non cambierà mai è la sua identità, che sta anche nel suo cognome da nubile.
A forgiare il suo spirito e il suo carattere ha sicuramente contribuito anche un’attività sportiva praticata sin da piccola. Prima tennis a livello agonistico, poi kickboxing e, in seguito, automobilismo. Tra le sue imprese spicca la partecipazione, nel 2001, al “Rally delle Farfalle”, nel deserto tunisino.
Sicuramente lo sport è stato lo specchio del mio carattere, perché ognuno di noi, sulla base della forza del proprio carattere o delle proprie soft skills sceglie le attività sportive, di divertimento o di sfogo che più lo rappresenta. Lo sport per me è stato una valvola di sfogo, mi ha permesso di evitare vie poco costruttive.
Nel corso degli anni, poi, Hella Soraya Zanetti Colleoni ha completato i suoi studi, avviato la sua carriera e ricevuto diversi riconoscimenti, sia per il suo impegno professionale che per la sensibilità dimostrata nella tutela delle persone fragili, in particolare nella veste di Ambasciatrice europea dell’infanzia.
Sono stata, anche in questo caso, estremamente fortunata, perché sono cresciuta in una cultura, in una famiglia e con un’educazione in cui ci è stato insegnato che è nostro dovere guardare e dare una mano a chi ne ha bisogno. Da quando sono piccola ho sempre assistito alla crescita di progetti a favore dei più deboli o delle fragilità umane, in quanto sono cresciuta in mezzo agli SOS village. Ho visto partecipare le nostre realtà no profit per tutelare i giovani e i piccoli orfani, dunque ritengo sia per me assolutamente un dovere.
Quando abbiamo la fortuna di essere imprenditori con aziende sane o quando arriviamo ai vertici, in posizioni apicali che ci danno visibilità e ci permettono di essere sentiti e ascoltati, il nostro dovere è di dare voce ai più deboli. Oggi, nel XXI secolo non è ammissibile non riuscire, insieme, a costruire un progetto che permetta la reintegrazione sociale e soprattutto il recupero della dignità umana.
Da quasi vent’anni è Main Partner SOS Village (fondazione a scopo benefico per la costruzione di un villaggio ospitante bambini orfani e abbandonati) a Tunisi, Barreiros e Gambo. Dal 2006 affianca l’impegno per Ragazze Madri in Douzz, una struttura situata al Sud della Tunisia, organizzazione no profit che aiuta ragazze e donne in situazioni di disagio e in pericolo portando in grembo bambini “illeggittimi”, accompagnandole fino al parto e nella scelta di tenere il bambino o affidarlo.
Tra i progetti in essere anche un’iniziativa a lungo termine contro la violenza sulle donne.
Per lottare contro la violenza sulle donne si deve fare un lavoro a monte, occorre lavorare sui linguaggi e sui comportamenti e dunque sui linguaggi della comunicazione e del giornalismo. Ma si deve anche lavorare sull’educazione genitoriale e scolastica, inserendo nelle scuole, dai livelli più piccoli, programmi di correzione dei comportamenti e dei linguaggi, che portino a una presa di coscienza.
Per intervenire su questo è un elemento sine qua non, fondamentale, uscire dal concetto di vittimizzazione, perché il profilo psicologico dentro il quale si trovano le vittime di violenza, sia questa fisica nel peggiore dei casi, o che sia per procura perché vissuta vedendo violenze su altri, oppure violenza verbale domestica, sul luogo di lavoro o per strada, cambia poco.
Ma se siamo posizionati in una visione di vittima è difficile costruirsi un futuro. Uscendo dal ruolo della vittima la memoria riesce ad andare oltre, trasformando la debolezza in fragilità e dalla fragilità costruire una forza. Pitbull è un progetto a lungo termine che si concentra precisamente su questo.
Hella Soraya Zanetti Colleoni è una donna che ha ancora tanto da dire e da fare. E il cui sogno per il futuro non certo quello delle favole.
Devo dire che il concetto della principessa con sogni come quello di sposarsi il principe non mi è mai passato per l’ anticamera del cervello. Io non sogno, agisco. Se oggi posso dirvi quale sarebbe l’azione che vorrei realizzare nei prossimi anni sarebbe molto pragmatica, molto orientata sul bacino del Mediterraneo, perché mi rifiuto di pensare che oggi come oggi la culla della civiltà, del commercio e di tante culture, così diverse ma così simili, non possa unirsi in una realtà che cresca in modo sano.
Un sogno di civiltà. Uno sguardo oltre.
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