La prima intervista (persa) non si scorda mai
Tra le cose del mio lavoro che mi piace fare ci sono le interviste. Ma non sempre sono la cosa più facile da portare a casa. Non sempre riuscire a ottenerla, un’intervista, è una passeggiata di salute. Spesso è una passeggiata a vuoto. Tempi di attesa lunghissimi e la sensazione che ti stiano facendo un favore. Quando semmai è il contrario. Ma tra le tante è la prima intervista (persa) che non si scorda mai.
A Roma, un po’ di anni fa, dovevo intervistare uno dei miei idoli pop della nostra televisione. Un giovane chef italiano, che in cucina stava da dio ma sono certa che anche in camera da letto avesse ricette succulente. Seguivo molto il suo programma in tv e quando c’è stata l’occasione ho pensato potessi coglierla almeno per un’intervista. Arrivo in questo show room di cucine dimenticato da Dio, in mezzo al nulla nella periferia romana, dove lui avrebbe tenuto uno show cooking. Mi presento e gli manifesto la mia intenzione di fare due chiacchiere e, con grande sforzo, taccio su quella poco professionale di smetterla poi di parlare e di passare ai fatti. Lui sull’intervista è d’accordo ma “dopo”. Dopo lo show cooking, dopo le classiche pr, dopo ore insomma. Di lunga attesa e molti bicchieri di prosecco, per quanto mi riguarda.
Quando sembra arrivato il momento lui mi dice che è stanco e che ha un treno per Milano, mi lascia il numero del suo manager e l’intervista magari possiamo farla in un altro momento.
Lo avrei accettato quel rifiuto. Lo avrei accettato se non avessi impiegato due ore ad arrivare sul posto, se non fosse stata un giornata di pioggia e non mi fossi sorbita chiacchiere su cappe e forni statici in quel salone di cucine, se ad attendermi non ci fosse stata la stessa odissea di bus e metro per fare ritorno a casa.
Ma non l’ho accettato. E allora, in preda al delirio da giornalista d’assalto, faccio la proposta indecente al giovane chef. “Vengo in macchina con te e durante il tragitto verso Termini facciamo l’intervista”. Un’idea geniale dal mio punto di vista perché oltre a portare il pezzo a casa, avrei anche ottenuto un passaggio verso la mia meta.
Mi ero fatta un film incredibile. Neanche quella volta che ho creduto di poter dimagrire con i pantaloni sauna ero arrivata a un tale livello di illusione.
Insomma quell’offerta non era sembrata altrettanto gustosa allo chef che infatti mi liquida in malo modo e nei giorni successivi si farà negare al telefono.
Inutile dire che per me, cronista alle prime armi, questa è stata una delusione bruciante. E siccome non sono affatto una che porta rancore, da quel giorno non ho mai più guardato il programma del bel chef. Bello sì, perché, diciamocelo, bravo non è mai stato.
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