L’importanza di saper attendere
Saper attendere non è tanto una qualità, ma piuttosto un’arte. O una prova di forza, dipende dai punti di vista. Tanto che nell’ultimo mese sono arrivata ad una conclusione chiara e nitidissima: “l’attesa del piacere” non è “essa stessa piacere”, ma piuttosto è “ansia”. Dilagante ed insopportabile. Complicata da gestire. Di quelle che non ti fanno dormire la notte e ti chiudono lo stomaco. Di quelle che “ma quando finisce quest’agonia?”. In sintesi, a 35 anni suonati, mi sono definitivamente resa conto che no, io di pazienza ne ho ben poca. In barba alla “virtù dei forti” e, con tutto il rispetto parlando per i saggi ed i loro illuminanti proverbi: saper attendere (troppo) non fa decisamente per me. Che sono una di indole impaziente già davanti al semaforo rosso, figuriamoci di fronte ai bivi della vita.
L’attesa per me, a livello pratico, si traduce soltanto in due cose: le unghie perennemente smangiucchiate, dopo mesi di accurate manicure e smalti rosso fuoco, e le occhiaie costantemente protagoniste del mio viso. Dieci anni in più tutti insieme, meno male che almeno i capelli bianchi mi hanno risparmiata (finora). Ma come faceva mia nonna, quando le lettere erano l’unico mezzo di comunicazione? Quando non si poteva fare altro, se non aspettare? Lei stendeva la pasta con il mattarello; io il mattarello l’avrei steso sulla testa di chiunque.
Ooooohm, respirare, correre, urlare. Musica distensiva per viaggiare altrove con la mente. Un mantra piuttosto stravagante, lo ammetto, ma quantomeno la “bufera” interiore è passata. Che il buon senso abbia preso il sopravvento anche con me? Non penso proprio. Probabilmente resterò ancora e per sempre “Miss Ansia”, ma una cosa importante l’ho capita: in effetti i buoni frutti arrivano proprio quando i tempi sono davvero maturi. E forse, alla fine, è proprio l’arte di saper attendere che rende tutto più bello.
Bell’articolo!