Una vita a tappe
C’era un gioco che facevamo da bambine con le mie compagne di classe delle scuole medie. Su un foglio si disegnava un quadrato all’interno del quale bisognava inserire l’età in cui avremmo voluto sposarci. Su ognuno dei lati di questo quadrilatero andavano scritti: 5 nomi di ragazzini che ci piacevano, 5 città per il viaggio di nozze, i numeri da 1 a 5 per indicare quanti figli avremmo avuto e infine 5 mestieri. Si delineava una vita a tappe in poche mosse.
Finita questa impresa titanica si iniziava con la conta stabilita dal numero al centro del quadrato e si continuava finché non restava una sola voce per ogni lato. In sostanza si poteva giungere a questo lieto fine: io modella (delirio), a 27 anni mi sarei sposata con Alessandro (nome di fantasia) e saremmo andati in viaggio di nozze a Verona (grandi ambizioni) e avremmo avuto 4 figli (se lallero!).
Potrebbe – e sottolineo potrebbe – non essere chiarissimo lo schema pitagorico perciò vi ho agevolato un’immagine.
Ma la questione è un’altra. Ed è che a una certa età, un’età vicina all’adolescenza crediamo che la nostra vita andrà in un certo modo. Una direzione che riconosciamo nelle strade degli altri, di chi ci sta intorno e sta seguendo un percorso “lineare”. Dentro di noi sappiamo che ci aspetta una vita a tappe. Non ce lo ha suggerito nessuno ma giochiamo a progettare un futuro su carta, a tracciare a penna un numero che è una scadenza. La più ovvia di tutte, la più naturale: una persona accanto, un matrimonio, dei figli.
Dentro quel quadrato non c’è l’età in cui firmeremo un contratto a tempo indeterminato o apriremo la partita iva. Sui lati non ci sono le città che vorremmo visitare in un viaggio in solitaria o i nomi degli amici con cui vorremo farlo. C’è, in quel quadrato costruito sull’ipotesi di un futuro “normale”, un percorso a tappe. Nessuna previsione che invece, durante questo percorso nella realtà, bisognerà metterci un bel po’ di toppe.
Perché succede che Alessandro non è l’uomo della tua vita e si fatica anni per trovarne un altro che possa prendere il suo posto e meritarselo di più. Oppure succede che Alessandro è davvero l’uomo della tua vita ma non ci sono quei quattro figli che la conta ti aveva promesso. E questa, delusione o scelta che sia, a volte va spiegata a chi non ammette imprevisti o desideri diversi dai suoi.
“Quando ti sposi?”, “Quando un figlio?”, “E un fratellino non glielo fate?” sono domande da gioco su un foglio. Quando a 15 anni ci si può permettere di sentirsi la regola, quando si desidera essere la regola perché l’eccezione è fuori dal gruppo. A 15 anni posso dirti quando mi sposo perché sono sicura che le cose andranno regolarmente e secondo norma avrò dei figli. Come gli altri prima di me.
Non sono fan della regola ma la stimo. Ammiro quelle mie compagne di classe che hanno preso seriamente il gioco e lo hanno applicato nella realtà.
Ci vuole fortuna ma ci vuole anche metodo. Come nello studio. E infatti io a 27 anni stavo ancora partorendo la mia tesi di laurea.
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