Un lampione e il suo quartiere
Una storia fatta di tradizioni e maestria. L’ arte del saper fare italiano. Ideazione e attuazione. Mestieri e botteghe. Strade, piazze e rioni che si incrociano e divergono. Monumenti, ponti e fiumi. Un lampione e il suo quartiere. Luoghi della memoria proiettati al futuro. L’artigianato inteso come ben fatto. Eccellenze artistiche. Una produzione di qualità. Pochi pezzi, talvolta unici. Anelli, borse, scarpe, vetro e ceramiche. Meraviglie realizzate con la sola arte delle mani e animati dalla forza immaginativa dell’ispirazione.
Arte e artigianato, stessa radice linguistica e stesso incanto nell’osservarli. Lavorazione manuale e alti livelli di competenza.
Oltre il semplice lavoro, c’è chi è ancora baluardo della tradizione italiana.
Come Stefano Arrighetti, con le sue creazioni in pelle. Da solo, si occupa di tutti i passaggi della creazione dei suoi prodotti, dal disegno alla realizzazione dei modelli, dal taglio all’assemblaggio.
Nel suo laboratorio plasma e dà forma alle sue visioni estrose.
Nato e cresciuto a Firenze, nel quartiere 3 che ha dato il nome al suo brand, Stefano si è affacciato alla pelletteria seguendo un corso. Lo scopo delle lezioni era quello principalmente di aprire le porte delle varie aziende del lusso presenti nel territorio Toscano.
Inizia a lavorare in quelle che lui chiama catene di montaggio. Con lo stesso compito da ripetere all’infinito.
Però la sua libertà e la sua voglia di esprimersi in ogni passaggio della creazione, erano troppo forti e non si tacitavano. Comprende così che quello non è il posto adatto a lui.
Ho avuto la grande fortuna di avere come vicino di piazzola, al campeggio che frequento, Rodolfo. Un artigiano in pensione che è cresciuto affiancando Gucci, nelle prime uscite di pelletteria, e che era capace di far tutto. Mi ha dato un po’ di basi che mi sarebbero servite per partire.
Tra timori e voglia di farcela con le proprie mani, Stefano costruisce la sua realtà. Non facendosi scoraggiare dai fantasmi che gli gridavano nella testa di essere un illuso, di perdere tempo, di essere ridicolo.
Nasce con questo spirito Quartiere3. Parte dal nulla e non si ferma più.
Il nome del brand è un omaggio a dove sono nato e cresciuto. E’ il quartiere dove ho coltivato tutte le mie amicizie e dove c’è il laboratorio.
Stefano dà vita alle sue borse, apprezzatissime dal pubblico. Mentre lui come persona è stimato ogni giorno di più dai tanti seguaci virtuali.
Ad aprile compio 32 anni e faccio l’artigiano del mio brand dal 2015. Mi occupo di tutto io, dal disegno alla creazione del cartamodello. Dalla ricerca dei materiali e dai tagli agli assemblaggi e alle cuciture. E poi devo dedicarmi pure alle spedizioni, alle fatture, alla gestione del sito e dei social.
Quando gli antichi saperi stanno al passo con i tempi moderni.
Punto a realizzare un brand artigianale e non a fare puramente l’artigiano.
Passo dopo passo le incertezze di Stefano si convertono in vendite e si trasformano nei complimenti di chi lo segue e compra.
Non è tanto la sensazione di fare a mano ogni cosa. Quello che mi piace veramente è la soddisfazione di ideare nella mente il modello, la borsa, e poi riuscire a vederlo effettivamente finito. Questo è l’appagamento più grande. Naturalmente insieme al fatto che poi sia gradito a chi lo vede e compra.
Oggi che la produzione si è spostata in serie nei paesi asiatici, il fatto a mano ci riporta a un mondo quasi dimenticato, formato dal talento della creazione. A quando ad esempio nel Medioevo esisteva la parola artista ma non la parola artigiano, con le due figure assimilate e con l’artigiano che godeva di un’altissima rilevanza sociale.
Stefano con le sue doti riaccende quell’antica eccellenza. Nella sua originale produzione unisce la grande passione alla qualità dei pellami, creando valore. E perciò arte.
Fare l’artigiano oggi non so cosa possa significare. Nel mio caso forse essere un sognatore che spera di riuscire a farcela da solo. Desidero continuare a fare quello che mi piace e che mi fa stare bene.
Non smetterò mai di credere nei sogni, di avere paura dei giorni che devono arrivare. Perché la strada in fondo me la devo guadagnare. Da solo, da zero, e la paura fa pensare. A come risolvere i problemi, a cambiare gli schemi
Non è facile – Fabrizio Moro
L’artigiano è un artista-imprenditore e come tale la sua vena creativa si infrange inevitabilmente sugli umori del mercato e sui costi. Una clientela ormai abituata ad acquistare al minor prezzo possibile, trascura le spese per i materiali, la fatica, l’impegno, la passione e la bravura di chi con il proprio ingegno e le proprie mani realizza il prodotto.
Secondo me l’artigianato vero italiano ha smesso di mostrare quello che c’è dietro alla lavorazione e che ne costituisce il valore. Si tende purtroppo a mostrare soltanto il prezzo e non ciò che fa la differenza.
Stefano con i suoi video, racconti e foto cerca di far arrivare un messaggio importante. La qualità ha termini di riferimento non riconducibili esclusivamente al denaro.
L’artigianato al giorno di oggi ha una risorsa in più. Un’arma chiamata social. Gestendoli nel modo giusto, possono essere un valido aiuto. Perché farsi vedere è importante, altrimenti diventa dura anche per i più bravi. Sono i social in questo particolare momento storico che possono contribuire a divulgare il messaggio del valore e non del prezzo. E in questo modo ci si possono togliere delle belle soddisfazioni.
(Osservate il lavoro di Stefano Arrighetti, dalla A alla Z)
L’impreditore-artigiano fiorentino deve molto al primo modello da lui creato. Uno tipo di zaino che è diventato già un cult. Adatto a tutte le spalle, maschili e femminili, declinato in varie dimensioni e caratteristiche.
Il modello RollRacer è quello a cui sono più affezionato. Con lui ho iniziato e sono cresciuto. E’ pure uno degli esemplari che ha maggior successo.
Stefano ha creato, sperimentato, ideato. Modelli per uomo e donna. Con colori e disegni estivi, oppure classici e mai fuori tempo. La sua mente lavora instancabilmente.
E grazie alla determinazione di questo giovane di 32 anni, in questi lunghi mesi complicati per il lavoro in Italia, Quartiere3 è riuscito ad andare controcorrente.
La Toscana infatti di certo non è sfuggita alla crisi, tanto che qualche giorno fa il segretario generale di Confartigianato Firenze, Jacopo Ferretti, ha dichiarato: “Non importa di quale colore sia la Toscana, per gli artigiani di Firenze è sempre un giorno nero. Una situazione impossibile da sostenere. I fiorentini in centro sono pochissimi, vengono sempre meno nel centro storico per ovvi motivi e la mancanza di turisti insieme allo smart working rende il cuore della città desolante”.
Eppure…
Quest’anno di covid è stato difficile a livello mentale però a me ha portato un’evoluzione favorevole. All’inizio c’è stata una grande paura, poi devo essere sincero, dal mio punto di vista, la mia posizione ne è uscita potenziata. Nel senso che avendo puntato molto sulle vetrine dei social, la mia visibilità è aumentata notevolmente.
Ho potuto comunicare alla gente il valore di quello che faccio. Chi mi segue ha apprezzato. Le persone si sono affezionate a me e ho avuto un bellissimo riscontro anche umano.
Grazie a Instagram e Facebook Quartiere3 ha avuto visibilità, ma è stata la spontaneità di Stefano, la sua verità e simpatia, ad attirare sempre più uomini e donne sui suoi profili.
Mi sono arrivati molti messaggi che mi hanno emozionato. Specialmente in questi lunghi periodi di chiusure forzate in casa, oltre al puro apprezzamento per il prodotto, ho ricevuto anche complimenti e ringraziamenti perché sono riuscito a tener compagnia con contenuti interessanti.
Il logo del brand di Stefano è raffigurato da un lampione, che si trova proprio nel quartiere 3 della sua Firenze.
Il lampione perché fa luce. Oltre a rendere questa città magica di notte, aiuta ad avere meno paura quando è buio, a vedere meglio la strada! E quando io ho cominciato la strada non c’era neanche.
Stefano si tiene stretto al suo lampione con la speranza che faccia sempre luce, per continuare con spavalderia questo progetto anche nei momenti che sembrano più problematici e difficoltosi.
Il mio sogno è costante, perché credo che ancora non si sia realizzato. E’ quello di poter continuare a fare quello che faccio, senza tanti incasinamenti. Portare avanti con coraggio e entusiasmo questo mio piccolo brand artigianale. E crescere.
Le idee si agitano continuamente. Questa ne è una dimostrazione.
L’iniziativa di Stefano è davvero notevole. Divulgare cosa ci sia dietro un lavoro e non identificarlo con un semplice listino prezzi, di questi tempi è quasi un atto rivoluzionario. Restituisce dignità a ciò che è stato svilito da una concorrenza fatta in serie e quindi non attenta alla qualità.
L’artigianato rappresenta la storia che ancora vive. Creare un prodotto artigianale significa dare l’opportunità a qualcuno di entrare in possesso di un lembo di memoria e fascino. Di connettersi col talento e la creatività.
Quando si è dato il via alla trasformazione delle botteghe in imprese artigiane e quando l’artigiano è diventato imprenditore perdendo l’aura di artista, in quel preciso momento è nata l’economia basata sul materialismo, che non ha più tempo per sentimenti e valori. Il denaro si è arrogato il diritto di riformare l’arte, che tuttavia rimane e rimarrà un’espressione della creazione intellettuale. Con buona pace degli inquadramenti legislativi.
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