Quando torneremo a vivere l’emozione di un concerto
Nell’ultimo periodo sto riflettendo molto sul fatto che il giorno in cui torneremo a vivere l’emozione di un concerto è ancora molto lontano.
Uno non ci pensa, ma in effetti questa è decisamente la cosa che più difficilmente torneremo a fare in tempi brevi. Parlo del sottopalco, delle cantate a squarciagola saltando tutti insieme a formare una marea sussultoria. Dello scambio di sguardi e di sudore con le sconosciute e gli sconosciuti intorno a te. Quegli occhi carichi della gioia ineguagliabile dell’Io c’ero.
E poi i panini consumati nel tardo pomeriggio con le gambe incrociate, seduti sulla copertura del manto d’erba. Quello stesso campo dove, dopo poche settimane, sarebbe iniziata la SerieA. Le partite a carte per ammazzare l’attesa, le battute tra amici, la musica che arriva in filodiffusione, i colori del tramonto che sovrastano pian piano lo spazio di cielo sopra le nostre teste e il ponentino che inizia a soffiare leggermente introducendo la sera.
Infine il buio, qualche attimo di silenzio, gli urli quelli tipici da concerto e poi le luci che si accendono in un solo colpo tutte insieme, sparate contemporaneamente alle prime note pompate dalle casse mastodontiche.
Ma fino a quando l’abbiamo vissuta davvero quell’emozione?
Penso che solo chi ha vissuto i grandi concerti in questo modo, può capire di fronte a quale grande mancanza ci troviamo.
Eppure, mentre mi chiedo quando riavremo tutto questo, mi rendo conto che io in fondo l’avevo già perso prima che un maledetto virus ce lo portasse via. Mi trovo a sentire la mancanza di qualcosa che non mi apparteneva già più. E mi sento maledettamente anziana.
Ecco perchè credo che quando torneremo a vivere l’emozione di un concerto, non cercherò di acquistare i biglietti sulle tribune, non andrò allo stadio all’ultimo momento e non fuggirò via all’ultima nota per evitare il traffico come ho fatto negli ultimi anni.
Andrò qualche ora prima, rigorosamente biglietto prato, come a vent’anni. Mi preparerò dei panini con la frittata, ascolterò anche il gruppo di spalla e mi godrò le scene di fine concerto come facevo quando tutto questo era possibile e io non ero ancora convinta che un concerto si godesse meglio da seduti.
Il problema sarà solo trovare qualche over 35 che mi accompagni e che porti le carte. Ma tanto, ahimè, c’è tempo per organizzare…
Eppure, e questa è la bella notizia del mio diario di oggi, in Nuova Zelanda una decina di giorni fa si è svolto il più grande concerto da inizio Pandemia. Ventimila persone tutte insieme, direi anche piuttosto vicine, a provare l’emozione collettiva di un concerto dal vivo. Quello dei Six60 per la precisione.
Non so come, ma in qualche modo laggiù ce la stanno facendo e questo per oggi è già abbastanza per essere allegri.
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