Sapersi vendere
Provo invidia per alcune categorie di persone. Uomini e donne che mangiano quanto mangio io e non ingrassano, donne che senza un filo di trucco possono essere protagoniste di uno spot di Esteé Lauder e uomini e donne che sanno vendersi bene. Sul lavoro e nella vita. Sulle prime due me ne sono fatta una ragione: non ce le ho quelle doti lì e amen. Ma la terza no, quella mancanza è dura da accettare. Perché “sapersi vendere” è la chiave del successo. E io infatti belle porte blindate chiuse.
I colloqui di lavoro sono le occasioni in cui questa capacità risulta preziosa, forse determinante. E in effetti me ne sono accorta a mie spese. Arrivo al colloquio dopo aver fatto un lungo bagno di umiltà e lo faccio intendere subito: “Io so di non sapere”. Anche quando so, anche quando quella mansione la conosco, anche quando è ben al di sotto delle mie capacità. Ora, se avessi voluto diventare discepola di Socrate certamente questo sarebbe stato l’atteggiamento più idoneo.
Ma qualche secolo dopo Cristo e nel mondo del lavoro che non ha dio, forse meglio adottare un comportamento un tantino più spavaldo. Non dico la modestia di Ibrahimovic, ma nemmeno la temerarietà di Calimero.
Io perciò li invidio quelli che arrivano ai colloqui e sembra che il recruiter stia cercando proprio loro. Si muovono come se quel posto gli sia familiare. Non fanno un passo falso, un movimento sbagliato, goffo che tradisca disagio o tensione. Niente. Macchine da guerra, o da interview, che poi oggi è la stessa cosa.
Io una volta, alla fine di un colloquio andato discretamente, mi sono alzata per uscire dalla stanza e l’ho fatto. Il passo falso, l’ho fatto. Mi sono accorta che c’era uno specchio e mi sono guardata il culo. Non so perché, non so cosa temessi o cosa volessi trovare lì, in quel frangente. Non lo faccio neanche a casa mia di solito. E ho ben pensato di farlo lì, al termine di un colloquio di lavoro. Non mi hanno detto nemmeno “Le faremo sapere”.
Sapersi vendere è importante e l’ho capito anche stando dall’altra parte della scrivania. Ho scelto chi al colloquio si comporta nel modo esattamente opposto al mio. Chi mi ha venduto la sua esperienza, la sua conoscenza, la sua capacità di adattamento. E io ci ho creduto e ho comprato. Non un acquisto fallimentare, ma nessun capocannoniere.
Vorrei dire che col tempo ho imparato la lezione e che la prossima volta avrò l’abilità di vendita di un mercante del Souk di Marrakech. Ma sarà già un traguardo se non mi infilerò le dita nel naso prima di uscire dalla stanza.
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