Alberto Genovese e la sua terrazza (senza) sentimento
Sentimento, nel dizionario italiano, corrisponde ad “affettività”, contrapposta all’intelletto o alla ragione. Ma di sentimento la storia di Alberto Genovese ha davvero poco, a parte il nome della terrazza, luogo delle feste sfrenate ospitate dall’imprenditore, genio delle start up italiane.
“C’è un tempo in cui un uomo deve lottare e un tempo in cui accettare la sconfitta: quando la nave è salpata solo un matto può continuare a insistere. Ma la verità è che io sono sempre stato un matto”
dal libro di Gabriele Parpiglia: Da Terrazza Sentimento a Finestra Isolamento
Dopo una vita di successi imprenditoriali e di eccessi, il “re” è caduto. Ed ora guarda il mondo dalla sua “finestra isolamento” del carcere di San Vittore dove è rinchiuso con l’accusa di “stupro, sequestro di persona, violenza aggravata, cessione di droga (spaccio), disturbo della quiete pubblica”.
Le manette sono scattate in seguito alla denuncia di un’amica della vittima diciottenne. Un racconto, supportato e confermato dai video delle telecamere di sorveglianza analizzati dagli inquirenti, che descrive quello che poi si rivelerà un vero e proprio “modus operandi” reiterato a danno di altre ragazze.
Le violenze avvenivano mediante un rituale ben preciso: le giovani ospiti erano coinvolte in festini a base di fiumi di alcool e portate di droghe. Genovese, adocchiata la o le prescelte di turno, proseguiva verso la sua stanza da letto, rigorosamente sbarrata da uno o due possenti buttafuori, e lì perpetrava gli abusi, ai limiti del sadismo.
E’ il 6 novembre. 18 ore dopo essere entrata nella dark room dell’imprenditore, la giovane modella riesce a scappare. Addosso solo una scarpa e vestiti non suoi. In queste condizioni viene ricoverata: è in stato di choc e ci rimarrà per tre giorni. Le vengono riscontrate lesioni in tutto il corpo: segni di costrizione ai polsi e alle caviglie e gravi lesioni nella zona perianale.
I dettagli sono un pugno allo stomaco.
Eppure bisogna che qualcuno abbia il coraggio di parlarne, di diffonderli. Di metterli nero su bianco su “pagine che sudano dolore, lacrime e paura”. E’ quello che ha fatto il giornalista e autore televisivo Gabriele Parpiglia, uno dei primi ad occuparsi in maniera seria della vicenda. Inizia a raccogliere testimonianze, dichiarazioni, storie che pian pian vanno a combinare le tessere di un puzzle che diventa un “libro denuncia” dal titolo Da Terrazza Sentimento a Finestra Isolamento.
Da imprenditore di successo a predatore di sesso
Chi è l’Alberto Genovese che emerge dalle pagine di questo libro?
Una persona, ci spiega Gabriele Parpiglia, che ieri usava la cattiveria per essere il numero uno indiscusso nel suo lavoro in giacca e cravatta, poi una volta ottenute le chiavi del suo paradiso – inferno ha usato la stessa cattiveria ma in camicia sbottonata e boxer.
Alberto Genovese è un imprenditore, fondatore di Facile.it, società che ha ceduto nel 2014. 43enne, originario di Napoli ma milanese d’adozione. Laureato in economia alla Bocconi, Genovese è conosciuto per essere uno dei fondatori di Facile.it, tra i più noti siti comparatori di assicurazioni, mutui, prestiti, conti correnti, e altro. Dopo un’esperienza come consulente nelle società McKinsey e Bain, successivamente ha lavorato per 3 anni in eBay. La fondazione di Facile.it arriva nel 2010, con l’azienda che cresce fino ad impiegare 350 persone. Genovese ne è poi uscito nel 2014 con la cessione al fondo Oakley, al quale si è affiancato nel 2018 il fondo svedese Eqt. Genovese è diventato poi il numero uno di Prima Assicurazioni, che dopo l’arresto ha preso provvedimenti immediati nominando George Ottathycal Kuruvilla, attualmente General Manager, come presidente e amministratore delegato ad interim dell’azienda.
La vita della notte, il gossip, non sono mondi nuovi per te. Immaginavi di trovarti di fronte a questa realtà quando hai iniziato ad “indagare”?
Io di Genovese sapevo che era un tizio che faceva delle feste a Ibiza dove era impossibile entrare se non rispettavi il suo dress code. Tutto qui. Nient’altro. Quando sono entrato nel suo mondo, onestamente, ho pensato di leggere la sceneggiatura di “The Wolf of Terrazza Sentimento”.
Cosa ti ha spinto a mettere nero su bianco le tue inchieste relative ai recenti fatti di cronaca che ruotano, appunto, attorno alla figura di Genovese?
Il fatto che per la prima volta dopo mesi di Covid e informazione e infodemia si è parlato di un nuovo male sociale. Tutti dicono “Eh, ma si sapeva di Genovese”. Ma se fosse così perché nessuno ha denunciato? Perché quelli che hanno partecipato alle feste e visto “cose” non hanno denunciato? La realtà è che Genovese da tre anni faceva Animal Party ma solo quando è avvenuto lo stupro, l’imprenditore predatore è stato ingabbiato e il caso è emerso con altre denunce. Alcune reali, altre per spillare quattrini. Ne sono certo.
Sarah Borruso emerge nel libro come la figura chiave di tutta la vicenda, fidanzata (o ex) del Genovese. Ma sono tante le donne che ruotano attorno alla figura dell’imprenditore, vittime spesso tratteggiate come complici perché “non potevano non sapere”. Dalle ricostruzioni delle chat e dalle testimonianze che hai potuto ascoltare, che idea ti sei fatto del ruolo delle donne in questa vicenda?
Donne non è la parola esatta. Stiamo parlando di ragazzine che si sentono donne già belle, pronte ad affrontare la vita. Aspetto la chiusura delle indagini prima di esprimermi. Di certo se vai nel bosco, sai che c’è il lupo. E loro lo sapevano bene. TUTTE.
Purtroppo la “Generazione Boh” di oggi prende spunto dai miti social e non sociali. A diciotto anni le ragazze sono convinte di mangiarsi il mondo e conoscere tutti i segreti. In realtà è il mondo che si sbrana loro e la loro estrema sfrontatezza.
Gabriele Parpiglia
Come riescono a rimanere nascosti questi “mondi paralleli”?
Grazie ai soldi. Genovese, era stato denunciato dai vicini di casa tra cui Roberto Bolle e un importante console più di 4/5 volte nell’ultimo periodo. E siamo anche in pandemia. Non è mai successo nulla: come mai? Si dice che i soldi comprano o coprano tutto. Quasi tutto…
“C’erano piatti da cui tutti potevano prendere cocaina e cocaina rosa. In qualsiasi festa della notte a Milano la trovi, ma non così tanta…”
Dichiarazioni della vittima riportate nel libro di Gabriele Parpiglia: “Da Terrazza Sentimento a Finestra Isolamento”
Dalla vicenda che vede protagonista Alberto Genovese, emergono situazioni degne della sceneggiatura di un film. Orge, violenze sessuali tra sexy toys e fiumi di cocaina. Soldi. Tanti. Silenzi omertosi. Un fuggi fuggi generale quando tutto sta per crollare.
Ad oggi, riporta Gabriele Parpiglia nel suo libro, tra interviste, segnalazioni, rivelazioni e svelamenti, i nomi e i nick-name che ruotano attorno ad Alberto Genovese sono 91. Donne: giovanissime, quasi tutte identiche, filiformi e molto provocanti. Uomini: ragazzotti amanti della notte, tatuati, curati.
Con quanta omertà e con quanti silenzi ti sei scontrato nel momento in cui hai deciso di mettere nero su bianco questa storia?
Almeno 60/70 interviste le ho dovute buttare o modificare. La gente prima parlava, poi aveva paura e chiedeva di rimuovere pezzo, di togliere nome, di lasciare solo le iniziali. Genovese ha una buona fortezza fuori dal carcere ancora oggi.
Mentre scrivevi a che tipo di lettore in particolare ti rivolgevi?
Alle donne che hanno subito violenza. E infatti la reazione è stata un mare di mail, messaggi, direct, di donne e ragazze che hanno subito violenza ma non ne sono mai riuscite a parlare. Dopo la lettura molte di loro si sono aperte. C’è chi ha scelto di denunciare, chi di andare da un medico specializzato, chi di raccontarlo in famiglia. Tutto documentato sulla mia pagina Instagram.
Molte delle donne alle prese con la lettura di questo libro hanno confessato di aver avuto voglia di piangere, altre di aver avuto i brividi nel venire a conoscenza di alcuni dettagli, altre ancora parlano di un “mondo malato e pericoloso” che emerge tra le righe di un libro scritto con coraggio e tenacia. C’è voluto coraggio per scriverlo? E quanto ti è costato a livello emotivo?
Emotivo, tanto. Soprattutto quando ho scritto la scena dello stupro e quando ho capito che la centralità del caso, dal mio punto di vista, è una donna: Sarah Borruso, la “fidanzata” di Genovese o meglio la partner in crime oggi indagata. Lei sapeva, vedeva, partecipava. Allucinante. Coraggio? Ho ricevuto minacce per non andare avanti, sono stati chiamati i mie capi, ma onestamente non me ne frega niente. Io vado avanti finché avrò da raccontare storie e soprattutto storie di merda come questa.
Quale consiglio ti senti di dare ai genitori e alle figlie di oggi?
Controllate i loro cellulari. Dallo smartphone parte tutto: c’è la vendita del corpo, la mercificazione delle serate, la richiesta di festini e droga. Basta un click. Oppure, cosa impossibile, avere un dialogo…
Su Real Time sta andando in onda la seconda stagione del tuo format “Seconda vita”. Qualcuno dei personaggi incontrati in questa vicenda potrebbe mai essere il protagonista di una delle tue puntate? E se sì perché?
Oggi, se potessi, vorrei intervistare solo una persona: Sarah Borruso. Se crolla lei, crolla il castello di Genovese e la sua difesa. E’ lei la figura centrale. Sia ben chiaro.
Una storia, quella documentata dettagliatamente da Gabriele Parpiglia nel suo libro e i cui sviluppi trovate nelle pagine di cronaca dei quotidiani italiani, che lascia il segno. Come quando finisci di guardare un film che ha messo in scena una realtà cruenta, crudele ma veritiera. Che ti ha fatto piangere, riflettere e aver paura.
Solo che qui non si tratta di un film. Ma di vita reale. E il sentimento non è “affettività”, ma solo il nome della terrazza di un attico milanese con vista Duomo. La terrazza degli orrori. Il luogo del declino di un “re”, da imprenditore di successo a lupo cattivo.
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