Quando l’errore è quello giusto
“Quando Dio vuole punirci, esaudisce i nostri desideri”. Questa è una frase di Oscar Wilde ma che mi ripete spesso la mia amica A. E’ un monito che tengo sempre presente perché a volte crediamo di desiderare veementemente qualcosa che ci convinciamo essere il meglio per noi e una volta ottenuto si rivela il più grande errore della vita. Ma magari anche il più utile per vivere meglio. Questo succede quando l’errore è quello giusto.
Io ho desiderato molte cose in questi 30 anni. Città, cose, persone, tutto. Piante e fiori no, quelli no. Ho desiderato tutto. Come tutti. Ma una cosa l’ho desiderata più di tutto ed è stato entrare in Medicina. Io che da bambina non avevo mai sognato di fare il medico da grande, negli ultimi mesi dell’ultimo anno di Liceo mi sono persuasa che quella potesse essere la mia strada.
Decisione accolta con grande entusiasmo e manifesto orgoglio dai miei, con molta sorpresa da quelle amiche con cui non avevo mai giocato a “medico e paziente” ma che, nonostante questa improvvisa virata nella mia vita, mi hanno supportato e incoraggiato. Non ero sicura che ce l’avrei fatta ma volevo provarci.
I test di ingresso alla facoltà di Medicina non sono un gioco, non lo erano nemmeno 14 anni fa. Inizio a luglio un corso di preparazione a quella prova. Corso che sancisce la fine della mia estate, ma sono pronta a rinunciare a cocco e salsedine per un desiderio grande. Che importa del bikini per un’estate, se posso indossare il camice per tutta la vita.
Il corso mi ha aperto un mondo e gli occhi. Entrare in quel contesto mi è sembrata un’incursione. Quello era uno dei Cieli del Paradiso dantesco, in cui anime convinte e appassionate si muovevano verso la loro aspirazione. Io ero arrivata lì dal Limbo, senza determinazione e sapienza. Mi animava solo la voglia di dimostrare a me stessa e agli altri che potevo ottenere un posto in Paradiso o in un’aula universitaria. Così, con queste conoscenze della Commedia dantesca, mi approcciavo a studi in cui quella che devi saper leggere bene è la tavola periodica degli elementi, almeno per cominciare. E io ero un’analfabeta senza possibilità di redenzione.
Non ricordo molto del giorno del test. Era settembre, ero in una città che non era la mia ma che se tutto fosse andato bene lo sarebbe diventata. Ma a questo non pensavo. Per me l’obiettivo era superare i test, guadagnarmi uno di quei 100 posti, tra quei 34.999 partecipanti. Poche possibilità di essere una degli eletti, eppure ho continuato a desiderarlo, come se bastasse a rispondere a una domanda sul bilanciamento di reazione chimica.
98esima. Mi ricordo benissimo il giorno in cui ho avuto il risultato. Positivo, cosa che oggi terrorizza. Ma quel giorno è stata una botta di adrenalina che non saprei spiegare. Non avevo superato una prova discretamente difficile, avevo superato me stessa, le mie aspettative su di me. Per me era tutto lì, nel presente, in quella posizione in classifica.
L’anno in Medicina è sicuramente stato uno dei più pesanti. E non per la bocciatura a Istologia e nemmeno per l’incubo di Statistica. Ma per i risvegli ogni giorno e la sensazione di aver sbagliato posto, tempo, scelta. Io in quell’anno ho imparato a bilanciare una reazione e riconoscere un vetrino in laboratorio. Ma, senza retorica e uscite a effetto, ho imparato soprattutto cosa vuol dire essere infelici. Non tristi, non insoddisfatti, non delusi. Infelici. Ché se la felicità dura un attimo, l’infelicità può durare un intero anno.
Ci sono errori che rivelano la strada migliore da percorrere. Qual è il tuo errore giusto? Puoi raccontarcelo nei commenti!
Questo è il mio errore più grande fino a oggi. Ma anche il più giusto. Senza non avrei saputo riconoscerla questa infelicità, condizione di “ tutto ciò che è contrario ai desideri”. E senza non avrei conosciuto A. che da questi, talvolta, mi mette in guardia.
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