Il “compagno di coccole”
Non pensate subito male: il lato fisico qui non c’entra. Per combattere la solitudine da quarantena, il Belgio ha pensato di istituire un “knuffelcontact”, alias un “compagno di coccole”. Una vera genialata, che farà certamente tirare un sospiro di sollievo a tutte quelle persone molto sole, che a forza di non vedere nessuno prendono il thè delle cinque insieme al pesce rosso e passano lo smalto anche sulle unghie del gatto. Per non parlare del fatto che si saranno ridotte a raccontare le ultime pene amorose alla pianta di bonsai dell’ingresso, ma questa è un’altra storia.
Su cosa debba effettivamente fare il “compagno di coccole” non sono arrivate indicazioni precise. Nessun vademecum in particolare dunque, ma solo l’obiettivo di tenere compagnia a chi è solo o costretto in casa. Leggendo, chiacchierando, cucinando, guardando un film: va bene tutto, purché si faccia in due. Ma certo che, potendo scegliere, il “compagno di coccole” per me dovrebbe avere delle caratteristiche ben precise! Immaginate che svolta se il “knuffelcontact” fosse un lontano cugino di Antonino Cannavacciuolo: personalmente lo inviterei ogni sera verso le 19 e gli lascerei carta bianca in cucina. Oppure pensate se il tipo/la tipa in questione discendesse da una famiglia thailandese, esperta in massaggi shiatsu: non ci sarebbe proprio storia.
Sinceramente estenderei la questione anche alla “non quarantena”. Pensate a quanto sarebbe bello avere un “compagno di coccole” da traffico all’ora di punta sul grande raccordo anulare: “Scusa, ora siamo arrivati, già che ci sei, trovami pure parcheggio”. O magari per andare a fare shopping ed “approfittare” di lui/lei per farsi portare in camerino dieci pesantissimi cappotti alla volta. Ma poi volete mettere quanto sarebbe utile per una fila alla cassa del supermercato? O per tenere l’ombrello nelle giornate di pioggia? Sì ok, a quel punto si tratterebbe più di un maggiordomo, ma allora davvero mi sentirei coccolata!