Ma come fanno a far tutto?
Ogni volta che qualcuno parla di “smart working” come una salvezza, mi viene un po’ da ridere. Penso alle mie tante amiche mamme e rifletto sul fatto che il lavoro da casa di “agile” ha veramente poco. Soprattutto quando devi condividere la giornata con uno o più adorabili marmocchi che non ti danno tregua nemmeno quando speri di fare una pipì in santa pace. Figuriamoci se devi stare davanti allo schermo del pc per otto ore! Negli ultimi giorni mi sono imbattuta in una serie di scene che più o meno recitavano così:
- Foto su whatsapp: esercito di bambole sparpagliate sul tappeto, pennarelli pericolosamente vicini al muro, 3enne con la faccia di chi sta per combinare qualche guaio, pc portatile in bilico su una mensola, amica-madre che con un dito digita sulla tastiera e con l’altra mano pettina la barbie della figlia.
- Telefonata sul cellulare: vociare di sottofondo, silenzio, 4enne caduto al parco giochi, pianti a non finire con acuti degni di Adele nella sua miglior performance di sempre, collega-mamma che con un braccio solleva il figlio ed intanto tiene in equilibrio il telefono tra collo e spalla. Poi, all’aumentare delle urla del bambino, mortificata, si scusa e ti saluta.
- Riunione su Zoom: amica-mamma con il mollettone e il pigiama dei Simpson perchè non ha chiuso occhio tutta la notte e figuriamoci se ha la fantasia di vestirsi. Figlio 2enne che di dormire non ne vuole sapere e con le mani ancora sporche di omogenizzato parte con una raffica di ditate sullo schermo. Segue la videodiretta con tema: “cambio del pannolino, borotalco, pasta Fissan”.
Ma insomma, care mamme, come fate a far tutto? Onestamente vado in crisi per molto meno. Da quando lavoro da casa, è già tanto se riesco a gestire un’email mentre citofona il corriere Amazon. Per non parlare di quella volta in cui Martino ha deciso di miagolare senza sosta e senza motivo per un’intera mattinata. Con l’intervistato dall’altro capo della cornetta che, con tono comprensivo, me l’ha buttata là: “Signora, mi richiami più tardi, sento il bimbo che piange disperato ed immagino che ora debba andare”. “Mah… veramente è il gatto”. “Ah”.