Siamo ancora “benvenuti in Svizzera”
La Svizzera (solo) agli svizzeri? La maggioranza dice no. E meno male direi.
Perché se c’è una cosa che ho respirato in questo Paese, e soprattutto nella città di Zurigo, nei miei primi mesi di permanenza in terra elvetica, è stata proprio un’atmosfera multiculturale e multietnica. Un po’ dovuta anche alla natura stessa di uno Stato federale organizzato in cantoni e che vanta ben tre lingue “nazionali e ufficiali”: tedesco, francese e italiano.
Qui in Svizzera dal primo giorno ho percepito la diversità non solo come realtà, ma come condizione normale.
Per cui sono saltata dalla sedia al pensiero che potesse essere approvata l’iniziativa della destra sovranista “Per un’immigrazione moderata” che chiedeva la fine della libera circolazione delle persone tra Svizzera e Unione europea.
L’immigrato ha un mondo del passato a cui appartiene e un mondo del presente al quale sempre, più o meno, sarà estraneo; suo figlio invece sta in tutti e due e molte volte in nessuno. Per questo c’è bisogno che il processo di integrazione abbia successo, in modo che la seconda generazione non resti chiusa nel ghetto.
Antonio Muñoz Molina
Il referendum “Per un’immigrazione moderata”
Il 27 settembre gli elettori elvetici chiamati alle urne hanno votato contro il referendum chiesto dal partito conservatore Unione democratica di centro.
Secondo la Schweizerische Volkspartei (Svp) la Svizzera deve essere libera di fissare un limite al numero di lavoratori stranieri, anche a costo di uscire dall’area Schengen. “Gli immigrati cambiano la nostra cultura” lo slogan pubblicato on line dal Partito Popolare Svizzero durante la campagna referendaria.
Una sorta di “Brexit” elvetica a cui la Svizzera ha risposto: “no, grazie”.
Qui il video della conferenza stampa del 27 settembre 2020:
https://www.ejpd.admin.ch/ejpd/it/home/temi/abstimmungen/begrenzungsinitiative.html
La Svizzera resta agganciata all’Europa
La bocciatura dell’accordo sulla libertà di circolazione avrebbe causato in automatico la decadenza dei trattati che al momento regolano settori come il libero scambio, la cooperazione nella sicurezza, lo scambio di dati, la ricerca, l’agricoltura, i trasporti su strada, l’aviazione civile, il turismo, l’educazione e le pensioni. Una prospettiva temuta soprattutto dalle categorie produttive per le evidenti pesanti conseguenze sull’economia della federazione.
Gli stranieri in Svizzera
In Svizzera gli stranieri rappresentano un quarto degli 8,6 milioni di abitanti. Dei 2,1 milioni di residenti stranieri, il 68% è composto da cittadini dell’area Schengen (gli Stati membri dell’Unione Europea più la Norvegia, l’Islanda e il Liechtenstein), per lo più tedeschi, portoghesi e italiani.
Sì: ci siamo anche e soprattutto noi, ci sono anche io. E ci sentiamo a casa, anche se abbiamo nostalgia perenne della nostra terra. E anche se un po’ di diffidenza e pregiudizio, esploso negli anni del Dopoguerra, a volte (per fortuna raramente) si percepisce ancora.
L’immigrazione italiana in Svizzera
Gli italiani all’epoca erano vissuti come un pericolo. Parola della ricercatrice di origine italiana Francesca Falk, storica all’Università di Friburgo, autrice di un libro sul legame tra immigrazione ed emancipazione femminile in Svizzera. In quegli anni si diceva, per esempio, che gli italiani avessero sempre con loro dei coltelli a serramanico. Si disapprovavano gli abiti di colore nero indossati dalle vedove e il velo portato in chiesa. I maschi italiani venivano addirittura sospettati di molestare le donne svizzere.
“Tavoli vietati agli italiani e ai tossicodipendenti”
https://www.swissinfo.ch/ita/tavoli-vietati-agli-italiani-e-ai-tossicodipendenti/44901646
Il governo ha detto: “Presto il napoletano non dovrà più emigrare in Svizzera. No, no ‘o governo italiano, il governo svizzero l’ha detto”
Massimo Troisi
I classici, fastidiosissimi (oggi come allora) pregiudizi. Fastidiosi quando li subiamo, altrettanto fastidiosi quando appiccichiamo simili etichette agli immigrati nel nostro Paese.
“Siamo tolleranti e civili, noi italiani, nei confronti di tutti i diversi. Neri, rossi, gialli. Specie quando si trovano lontano, a distanza telescopica da noi.”
Indro Montanelli
Gli Italiani in Svizzera oggi sono spesso rappresentati come un modello d’integrazione riuscita. Ma come ricorda il libro “Des Ritals en terre romande” fino a pochi anni fa erano in testa alla hit parade della xenofobia.
Lo storico Raymond Durous racconta di un’immigrazione tutt’altro che semplice. Storie di povertà, di soprusi, di sacrifici. Racconti da cui emergono in particolare le pagine più buie della storia dell’emigrazione italiana in Svizzera. Come quelle che riguardano centinaia di bambini figli di lavoratori stagionali che dovevano vivere nascosti, poiché in virtù del permesso di lavoro dei loro genitori non potevano risiedere, per legge, in Svizzera. Realtà portata in scena dal film “Lo Stagionale”, girato nel 1971 dal regista Alvaro Bizzarri.
Quei tempi oggi sono lontani, ma non vanno dimenticati.
Abbiamo un po’ tutti l’irritante difetto della memoria corta. Ricordiamoci sempre che la storia ritorna sempre. In un modo o nell’altro.
E che a volte siamo vittime, altre volte carnefici.
“Si parla di razzismo perché c’è molta non conoscenza dell’altro, bisogna abbattere i muri o aumentano le differenze. L’immigrazione è una ricchezza”
Cécile Kyenge
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