Ridere di noi per sorridere alla vita: Michela Giraud
Ridere fa bene allo spirito, ma anche all’amore. L’umorismo appare un elemento fondamentale per garantire il successo di una coppia che aspiri a durare nel tempo. Secondo il professor Jeffrey Hall della Universiy of Kansas (nel suo studio intitolato Sexual Selection and Humor in Courtship: A Case for Warmth and Extroversion ) più un uomo sa far divertire una donna, più questa sarà predisposta nei suoi confronti. L’equazione sembra, però, che non funzioni altrettanto bene a ruoli alterni. E ora chi glielo dice a Michela?
Ok, facciamo così. Teniamo conto che il professore possa sbagliarsi. Sono infatti sicura, cari uomini, che il suo fascino vi travolgerà (se non lo ho già fatto).
E ora a noi, amiche donne. Se pensate che essere simpatiche non sia un punto a nostro favore, allora non avete conosciuto lei!
Signore e signori: Michela Giraud!
Oltre alle gambe c’è di più
Nella settimana in cui Vanessa Incontrada si mette a nudo nella copertina di Vanity Fair, diventando il simbolo della lotta al bodyshaming, ritorna prepotentemente d’attualità il tema dell’aspetto fisico, croce e delizia di ogni donna.
Oltre alle gambe c’è di più, cantava Sabrina Salerno nella sua hit datata 1991, già facendo intuire quanto non fosse scontata la convinzione che oltre l’avvenenza e alla sensualità la donna potesse essere dotata anche o soprattutto di un cervello. La comicità, in tal senso, ci viene in aiuto.
Nel mio lavoro l’aspetto fisico è tutto, ci racconta Michela Giraud. Quando si fa, come nel mio caso, stand-up comedy si trae un personaggio comico da se stessi e quindi, per me, è ed era imprescindibile puntare sul mio aspetto fisico. Perché comunque si lavora sempre su ciò che si vede. Quindi il cambiamento del mio corpo, il mio ingrassare o dimagrire ha sempre una sorta di influenza su quello che dico. Così come ha importanza il mio viso, che può sembrare molto carino, molto angelico, ma, soprattutto all’inizio, ingannava sorprendendo il pubblico. Perché: noi siamo la premessa di noi stessi.
Che rapporto hai con te stessa, con il tuo corpo e con la tua vita?
Spietato. Più che altro perché questa è la prima cosa che mi ha insegnato il mio maestro Saverio Raimondo:
devi cercare di capire chi sei prima che il pubblico lo capisca prima di te
Quando ci si espone sul palco bisogna avere uno sguardo più realistico di chi ci osserva in modo da prevedere per primi quello che gli altri penseranno. Questo è quello che deve fare un comico, anticipare il pensiero degli spettatori.
Il rapporto con il mio corpo spesso è stato conflittuale. Ho subito, come tutte le ragazze, il peso delle aspettative sulla figura femminile e ho imparato a venirci a patti capendo che anche lui ha bisogno del suo tempo e del suo spazio.
Pensavo che concentrarmi sul lavoro e “lasciarmi andare” potesse essere sintomatico di un grande impegno: nulla di più sbagliato, bisogna volersi bene e cercare di ritagliarsi un rispetto per se stessi anche e soprattutto dal punto di vista fisico, che poi si riflette su quello mentale.
Una risata salverà il mondo
All’inizio del mio percorso di studi mi sono state chiuse delle porte, poi ho capito che in realtà era una benedizione, perché in quel modo si sono aperte le strade del mio vero percorso.
Io ho capito che sapevo e potevo far ridere sin da piccola. Già all’asilo, alle elementari, mi piaceva fare battute, scherzare, usare l’ironia. Al Liceo mi piaceva imitare i professori, trovare percorsi comici con le mie compagne di banco. Quindi la dote di far ridere e prendere l’attenzione di un gruppo è una cosa che ho sempre avuto.
A quale comicità ti ispiri?
I miei riferimenti sono italiani e anglosassoni. Da adolescente avevo una predilezione per la comicità inglese che potevo guardare su MTV: Andy Dick Show, Pets e tutti i programmi con il Nongiovane e i vari vee-jay che per me, prima di internet, erano il mio sguardo sul mondo. Poi chiaramente Dandini & co, i Guzzanti, la Gialappa’s, Zelig e Daniele Luttazzi. Attualmente ovviamente gli standupcomedian americani e inglesi come Amy Schumer, Ricky Gervais e il pre – fattaccio Louis C.K.
Preferisci il palco di un teatro o la tv?
La Tv inebria, ma il palco innamora. Per sempre.
Storia (quasi vera) della prima messia
Michela Giraud: attrice, standupcomedienne, ora anche scrittrice.
Tea è un libro da leggere perché è interessante vedere come quattro persone che provengono da quattro mondi diversi, tre sceneggiatrici e una stand-up comedienne, fondano insieme le loro personalità. Ed è una storia che parla di noi, delle ragazze del nostro tempo, di cosa significa stare all’interno dei meccanismi stritolanti del 2020 e fondamentalmente uscirne vivi.
Una storia che pone una lente sui grandi disagi di questo periodo. La storia si svolge così: questa ragazza, Tea, viene sulla terra perché vuole prendere il posto di suo padre Dio. Ma il padre non glielo concede perché Tea è una ragazza. Attraverso queste quattro evangeliste che raccontano la sua storia, si vedrà l’evolversi di questa vicenda rocambolesca.
Il mio capitolo è il numero 3. Sono Flaminia, di Roma Nord. Ci sono tante delle dinamiche un po’ ciniche, crudeli, che io ho vissuto o ho visto perpetrare. C’è tanto di me. E tanto delle limitazioni che vedo tutti i giorni nella mia vita quotidiana.
Social sì, ma non troppo
Tanti social, molti a-social
Giacomo Pederbelli
Io i social li uso molto e li ho sempre usati, lo ammetto senza riserve. In passato penso di averne fatto un uso anche un po’ “bulimico”, ma attualmente e soprattutto dopo il lockdown ho imparato un po’ a rallentare, anche perché i social sono una vetrina del mio lavoro: se perdono questa funzione il lavoro stesso scompare. Bisogna imparare a conviverci senza “ammalarsi” perché possono essere lo specchietto delle allodole di tante falsità, e proiettarci in un circolo, inutile, di frustrazioni.
Quanto di Michela attrice c’è nella Michela di tutti i giorni?
Tanto, però penso che questo mestiere abbia un po’ salvato i miei rapporti di amicizia. E’ chiaro che quando si ha questa propensione a far ridere o ad accentrare l’attenzione su di sè bisogna cercare di trovare uno sfogo per non diventare “pesanti”. Bé, io sono stata fortunata e con un bel po’ di perseveranza questo sfogo è diventato il mio lavoro.
Concedici una battuta finale. Michela o il nostro Riccardo Cotumaccio? Chi dei due fa più ridere l’altro?
Egualmente. Ma c’è da dire che con Riccardo tiro fuori un lato di me che non direste mai. Chissà se avrò mai il piacere di poterlo inserire un giorno in un personaggio magari di un film o di una serie. Di Riccardo poi tutti apprezzano moltissimo l’imitazione del Premier Conte, ma c’è una cosa su cui per me è magistrale: “Richard Benson”. Quando mi fa “CIAO” come Richard, io crollo completamente.
Insomma una cosa è chiara: l’importanza che lui sappia far ridere lei in amore, lo conferma anche la nostra Michela Giraud. In fondo il professor Hall ci aveva visto giusto!