In fila per due, mano nella mano
Oggi è impossibile non pensare al mio primo giorno di scuola, o meglio, ai miei primi giorni di scuola. Ho ricordi molto intensi di quei rientri. Se mi concentro riesco a sentire il profumo dei cespugli di oleandro che contornavano il giardino delle Elementari, quei cespugli grandissimi con le foglie simili all’alloro, che però il papà di Enzo gli aveva detto di non toccarle perchè erano velenose e si moriva.
E poi l’odore di quel lungo corridoio a vetri in salita. Era una rampa con il pavimento in gomma, messo per non scivolare. La gomma, però, copriva solo la parte centrale mentre ai lati il pavimento era normale quindi se scendendo volevi scivolare fingendoti un surfista, bastavano tre passetti veloci e un paio di scarpe con la suola liscia. Ma se ti vedeva la maestra ti faceva passare la voglia.
L’edificio era fatto a più piani, ma non c’erano scale, c’era solo il corridoio in salita. Chissà se voleva essere una metafora di vita o se è solo colpa dell’edilizia bizzarra degli anni ’70.
Più la fila era compatta più la classe era disciplinata
Per uscire si camminava tutti insieme in fila per due mano nella mano. Più la fila era compatta e più la classe appariva disciplinata. Però che imbarazzo i primi giorni dover dare la mano a bimbi che non conoscevi. A fine anno, invece, era il gesto più naturale del mondo, non c’era più neanche bisogno che lo ordinasse la maestra: ti alzavi, ti mettevi la cartella sulle spalle e ti posizionavi in fila con il braccio teso in attesa che la tua compagna o il tuo compagno agganciassero la tua manina il più delle volte sporca e sudaticcia.
Le Medie
Del primo giorno di Medie ricordo benissimo come fosse oggi la vergogna per aver accettato senza battere ciglio la proposta di mia madre di indossare quel completino bianco e beige con l’orsetto disegnato sul taschino della polo e i bermuda “a palloncino”. Praticamente ero vestita come se stessi andando ancora alle Elementari. Fu il primo giorno di scuola più lungo della mia vita.
Il pomeriggio costrinsi mia madre a rifarmi il guardaroba e dal secondo giorno andò meglio.
Le Superiori
Il primo giorno di superiori ricordo che ero molto emozionata. Mi sentivo grande, ma volevo essere più grande ancora. Ero truccata come solo certe adolescenti negli anni ’90 riuscivano a fare. Mia madre, d’altro canto, provò a dirmi “Ma non sei troppo truccata?”, ma ovviamente, visto lo scarso successo dei suoi precedenti outfit da primo giorno di scuola, bastò una mia occhiata per farla desistere. E invece, col senno di poi, devo ammettere che aveva ragione, per quell’eyeliner da antico Egitto le amiche del liceo ancora mi prendono in giro.
Ricordo di aver stretto mani che non ho più lasciato e smezzato le prime sigarette di nascosto nel bagno (reato che spero sia andato ormai in prescrizione). Ho mangiato le pizzette a ricreazione senza lavarmi le mani, perchè il sapone nei gabinetti delle scuole non l’ho mai visto in vita mia. Ho respirato le chiacchiere urlate da chi guidava il motorino per tornare a casa. Ho messo il termometro sul termosifone per fingere di avere la febbre per non andare a scuola perchè non avevo studiato.
E adesso come sarà?
E allora oggi che sta per iniziare uno degli anni più strani, surreali e al contempo unici di cui il mondo dell’Istruzione (e non solo) ha memoria, mi chiedo come sarà.
Come si fa a prendere sette a matematica senza un compagno di banco che ti fa copiare?
Voglio dire: da solo su una sedia, giusto la telepatia ti può salvare.
Come si torna a casa in motorino tutti insieme? Se ognuno va col suo, ogni giorno nel cortile della scuola sarà come stare a un raduno di harleysti, col bidello che spilla birre all’ingresso.
E poi, come si mangiano due etti di pizzette senza mani?
Ma soprattutto, come si impara a non avere paura di niente senza una manina sporca e sudaticcia come la tua che ti afferra e non ti molla finchè non arrivano i genitori?
Sarà come sempre, solo un bel po’ più strano
Sarà dura, ragazzi, penso che questa sia l’unica certezza che abbiamo dall’inizio di questa storia assurda e non lo nego. Però, in fondo, noi adulti non sapevamo all’epoca come sarebbe andata da quel primo giorno di scuola in poi. Per esempio non immaginavamo che le foglie di oleandro fossero così pericolose (che poi non ho mai capito se Enzo dicesse la verità). Non pensavamo che potesse esistere un bagno senza carta igienica e sapone per le mani.
I nostri ricordi sono nostri, non devono appartenere per forza alle nuove generazioni. La loro strada sarà diversa. Loro hanno una gatta da pelare in più, ma magari proprio per questo studieranno la matematica sapendo di non aver nessuno vicino da cui copiare. Chissà, magari finalmente non saranno costretti a tenere le mani unte di olio dalla ricreazione all’uscita e con ogni probabilità eviteranno di far perdere giorni di lavoro ai genitori fingendosi malati… E poi, oh, oggi alle Medie sono già tutti fashion blogger e non gli capiterà mai di ritrovarsi vestiti da Mascia e Orso in una puntata di Gossip Girl.
Tornare a scuola è sempre un’emozione, quest’anno, semplicemente, lo sarà ancora di più.
E poi, forse per la prima volta da quegli applausi sinceri e appassionati di marzo dai balconi d’Italia, siamo di nuovo tutti insieme col pensiero a fare il tifo per la stessa squadra. Facciamo il tifo per gli insegnanti, per i nostri giovani e per i loro genitori che in fila per due mano nella mano c’hanno costruito una vita e ora si chiedono spaventati come sarà.
Sarà un passo dopo l’altro, semplicemente un passo dopo l’altro, come abbiamo fatto noi.
—
E’ possibile usare l’hashtag #RientriamoAScuola per raccontare sui social come è stato ricominciare l’anno in questa nuova normalità, ma anche per segnalare tutti i problemi riscontrati.
https://www.instagram.com/misocialig/?hl=it