E’ il corpo che cambia…e pure lo sguardo
Scoccati i trenta è successo qualcosa. Forse è solo una coincidenza, magari mi piace pensare che sia stato l’ingresso in questa fase più matura della vita a farlo succedere. Eppure mi sono accorta che convivere con il mio corpo era dolce, più semplice di quanto pensassi a vent’anni, affatto tragico come pensavo a diciassette.
Non che nel mio specchio oggi io veda forme sinuose e stacchi di coscia da modelle di Victoria’s Secret ma almeno non desidero più le loro ali per volare in qualche paese del mondo dove il grasso in eccesso nei punti sbagliati del corpo mi renda icona di bellezza. Perché fino a poco tempo fa il mio sguardo cadeva sempre sulle stesse imperfezioni: i fianchi larghi, le cosce abbondanti, i polpacci da mediano, i piedi brutti. E non che dall’ombelico in su andasse meglio. Di tutto il volume della parte inferiore del corpo su non c’era nulla, non c’è nulla. Piatta, come l’autostima nell’adolescenza. Non so se qualche sedicenne abbia accettato con saggezza i suoi difetti, se c’è, voglio conoscere questa eroina. Ma non è stato il mio caso e allora cercavo di nascondere, di camuffare tutto quello che non mi piaceva e che ho creduto non piacesse agli altri. I risultati erano scarsi e, oserei dire, controproducenti. Perché ho forse consultato Enzo Miccio quando ho pensato che per nascondere un sedere importante dovessi indossare un pantalone da ballerina di hip-hop? Si sa che il cavallo basso non aiuta a esaltare le forme, piuttosto fa sorgere il dubbio che non sia arrivata in tempo al bagno. Eppure sono andata in giro anche così.
Un’adolescenza costellata di diete (poche eh!), sport (meno delle diete), digiuni, massaggi rassodanti e bendaggi drenanti. Ecco, di questi ultimi ho un ricordo terribile. In pratica una mummia egiziana ma con la temperatura di Yakutsk. Credo di aver rischiato due o tre volte la morte per assideramento. Prematura sì ma almeno senza cellulite. Io se ci penso mi vergogno, sì. Ma forse mi incazzo anche e con i miei che mi dovevano dare due ceffoni e ribadirmi opportunamente in quella circostanza: “E’costituzione!!!”. Che poi è la verità. Io con queste gambe ci sono nata e l’unica scelta illuminata che dovevano fare i miei era iscrivermi a scuola calcio e invece ci hanno mandato i miei fratelli che tuttora hanno i polpacci di Gisele Bündchen.
A un certo punto comunque mi sono guardata e mi sono riconosciuta in un corpo che tanto mi era stato antipatico. Non è successo niente. Sono rimasta com’ero. Non più magra, neanche più tonica (parola che nella mia vita ha senso solo con il Gin). Eppure ho accettato tutto: dal crespo dei capelli alla monta alta del piede. Io do il merito a questi trent’anni. Ho smesso di essere una ragazzina, soprattutto nel giudizio, e ho iniziato a essere una donna. Però so che qualcosa dall’esterno ha aiutato. Come so che dirlo può scatenare le ire delle sostenitrice del girl power ma tant’è. La mia verità è che l’altro aiuta. La parola giusta, lo sguardo adeguato, la carezza verbale a volte tolgono insicurezze e danno fiducia. E non perché l’autostima passi dal parere o dall’apprezzamento dell’altro. Ma perché l’altro, spesso, ha saputo essere più indulgente (e innamorato) quando io sono stata troppo severa (e ostile) con me stessa.
Perciò alla fine mi tengo la cosce rotonde e il seno piatto senza ricorrere al chirurgo estetico. D’altra parte ho da prendere casa, perciò al momento mi posso permettere solo un balconcino.