Di aquiloni, prove di volo, fallimenti e conquiste
L’aquilone è quella cosa che quando provi a farla volare, il vento smette di soffiare.
E’ quella cosa che quando la porti in spiaggia per impressionare tuo figlio, il vento la prende a schiaffi e la distrugge.
Quella cosa che puntualmente precipita in picchiata immediatamente dopo averti dato l’illusione di potersi librare in cielo come un’aquila.
E’ una lotta a tre. Ci sei tu, c’è l’aquilone, e c’è il vento, che non si capisce se sta contro di te o contro di lui. Più probabilmente contro entrambi.
Oppure a volte sei in uno spazio aperto bellissimo, pieno di sole e di vento e pensi subito “Chissà come volerebbe bene qui l’aquilone”. Ma non ce l’hai dietro. Quindi niente.
C’è chi si incaponisce, chi lascia perdere, chi non lo srotola proprio se non ci sono i nodi giusti. Poi c’è anche chi non ha mai provato a far volare un aquilone in vita sua.
I più buffi sono quelli che si fanno aiutare da un povero malcapitato, amico o parente che sia, addetto a tenere l’aquilone finchè non si raggiunge l’equilibrio tra la tensione del filo e la brezza che soffia. Di solito è proprio il figlio del proprietario dell’aquilone che viene esortato ad allontanarsi ad una decina di metri con in mano il simpatico romboide aerodinamico per consentire al cordino di stare ben teso e creare l’attrito necessario per stare in equilibrio.
A quel punto si attende la folata decisiva e, sempre il figlio, al comando del padre, è incaricato di lanciare l’aquilone.
Sulla carta funziona tutto, ma se il vento non decide di metterci la spinta necessaria, quel coso non volerà mai.
“Lascia!” grida il padre dai dieci metri di distanza.
E paffete, l’aquilone s’insacca di punta in spiaggia o sul prato o sul cemento del piazzale sotto casa.
Allora ci si riprova. Il piccolo stavolta corre e lancia il triangolo aerodinamico più in alto che può. Ma quello va in stallo dopo pochi secondi e, come un aeroplanino di carta fatto male, torna giù in retromarcia.
Insomma, è una fatica far volare un aquilone.
Non so se capita a tutti così, ma a me, personalmente, sembra di aver passato una vita a cercare di far volare l’aquilone con mio padre senza grandi risultati.
Almeno fino a ieri, quando, dopo una giornata in montagna ci siamo fermati ad ammirare il panorama. All’improvviso, senza averlo pianificato, senza aver detto “facciamo volare l’aquilone”, mentre eravamo completamente assorti a guardare l’orizzonte, mio padre ha aperto il cofano della macchina, ha tirato fuori il triangolone aerodinamico, le stecche del telaio e il manico attorno a cui è arrotolato il cordino.
Non c’è stato bisogno di dire niente. Sapevamo già cosa fare. Ho preso l’aquilone, lui ha srotolato il cordino. I nodi erano quelli giusti, né più, né meno. Io l’ho semplicemente lasciato e mio padre ha semplicemente dato corda. Il vento ha fatto il resto.
Quel coso è arrivato a venti metri di altezza ed è rimasto fisso nell’aria come un’aquila. E ci guardava, dall’alto, con quella faccia da Kung Fu Panda, soddisfatto e finalmente libero di volare.
Sembrava ci volesse dire un po’ polemico: “Ce ne avete messo di tempo!”. Invece non ha detto niente, era troppo felice.
Non importa quante volte ci provi, ciò che conta è non smettere di credere che un giorno, quando meno te lo aspetti, si creeranno le condizione necessarie affinchè il tuo aquilone possa spiccare il volo.
Ovviamente, però, se te lo porti sempre dietro è meglio.